Rivista Anarchica Online
Il potere dei sindacati
di Emilio Cipriano
Dalla contrapposizione alla cogestione
"Una politica che chiede sacrifici ai lavoratori ha bisogno di una direzione politica che garantisca i
lavoratori; cioè, in maniera più esplicita, una direzione politica rappresentativa delle forze che sono
chiamate a sostenere il peso di una politica di austerità, quindi in grado di assicurare sbocchi positivi
domani in cambio di sacrifici oggi". Sono parole di Luciano Lama, massimo dirigente della CGIL, e con
molta chiarezza indicano la strategia di potere dei sindacati italiani: una tregua nella conflittualità e una
collaborazione dei sindacati ad una politica diretta a frenare i consumi privati, per consentire l'accumulo
di risparmi da reinvestire nelle imprese, potrà realizzarsi solo con un nuovo equilibrio di poteri che porti
il PCI al governo e nel contempo istituzionalizzi il potere dei sindacati. Le rivendicazioni contrattuali
(analizzate nei precedenti numeri) testimoniano questo salto qualitativo compiuto dai sindacati. Questa
nuova strategia mira sempre più a inserire i sindacati in posizioni decisionali e di potere sia sull'azienda
sia nelle scelte economico-politiche a carattere nazionale. Essa viene favorita e accelerata dalle divisioni
esistenti all'interno del fronte padronale e dalla sempre più ridotta capacità di "recupero" del capitalismo.
Di fronte a un padronato in via di disgregazione e sempre più propenso ad "abbandonare il campo" per
rifugiarsi nelle operazioni finanziario-speculative, più redditizie e meno vincolanti, i sindacati stanno
abbandonando la linea di contrapposizione per assumersi "responsabilità" di cogestione, cioè tendono
ad occupare quello spazio lasciato libero dai padroni.
I sindacati già da alcuni anni hanno compreso che le rivendicazioni sui salari non riescono a modificare
gli equilibri di potere nell'azienda e più in generale nella società; da questa constatazione essi hanno
tratto le dovute conseguenze, soprattutto da queste nacque lo "Statuto dei lavoratori". In esso, oltre alle
nuove norme che garantivano i lavoratori dall'arbitrio padronale, ve ne sono altre che sanciscono il
potere e l'esclusività dei sindacati confederali, quali: "Rappresentanze sindacali aziendali possono essere
costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: a) delle associazioni aderenti
alle Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali,
non affiliate alle predette Confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali e provinciali
di lavoro applicati nell'unità produttiva (...). Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei
lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali
aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e
secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro".
È proprio quindi col 1970 (l'anno in cui venne approvato lo statuto) che i sindacati iniziano la nuova
strategia oggi chiamata delineata. Ed è sintomatico che proprio in quell'anno (cioè subito dopo le grandi
lotte dell'autunno 1969 che aveva visto le burocrazie sindacali scavalcate a sinistra da tendenze
autonome ed extrasindacali che mettevano in discussione la loro egemonia) i sindacati abbiano
modificato la loro politica. Il pericolo corso dai sindacati istituzionali fu allora abbastanza grosso. Per
la prima volta dal dopoguerra i lavoratori cercavano di esprimersi in prima persona ed iniziavano ad
autogestirsi le loro lotte. Tutto quel fermento libertario è stato soffocato; permangono alcuni focolai,
ma i becchini dell'autonomia operaia - sindacati, forze politiche di sinistra parlamentare o extra - non
demordono e continuano la loro opera antilibertaria.
Oggi, superata ed annullata la maggior parte delle forze extrasindacali i sindacati sono impegnati su due
fronti: da un lato cercano di consolidare, o meglio di istituzionalizzare, la loro egemonia sui lavoratori,
dall'altro di divenire "forza decisionale" nel processo economico-produttivo. Del "primo fronte"
abbiamo un esempio illuminante analizzando gli scioperi autonomi dei ferrovieri dell'estate scorsa. In
quell'occasione una massa considerevole di lavoratori delle ferrovie condusse una lotta non controllata
dalle strutture sindacali "ufficiali". L'attacco da parte di CGIL-CISL-UIL fu violentissimo: i lavoratori
in lotta furono definiti provocatori o addirittura fascisti, usando con scoperta malafede l'adesione
strumentale a quegli scioperi della C.I.S.Na.L., ma fatto ancor più grave il governo adottò misure
(l'intervento dell'esercito in funzione di crumiraggio) che non si sarebbe mai sognato di mettere in atto
se lo sciopero fosse partito dalle tre federazioni, e ciò contribuì a rafforzare la tesi delle confederazioni
secondo la quale vi sono scioperi leciti e scioperi illeciti, a seconda del protagonista.
Sul "secondo fronte" il sindacato è impegnato nella limitazione del potere del fronte padronale, non certo
in una prospettiva di annullamento del potere sui lavoratori bensì per instaurare il proprio potere e per
cogestire insieme ai tradizionali avversari l'impresa, cioè cogestire lo sfruttamento. Una cogestione
ancora conflittuale, beninteso, ma è solo questione di tempo, e tra qualche anno vedremo i burocrati
sindacali sedere al tavolo dei Consigli di Amministrazione con i loro colleghi dell'Europa settentrionale.
Il fenomeno, infatti, non è solo italiano, anzi in alcuni paesi europei il processo è più avanzato e la
cogestione sembra essere la condizione di "maturità" dopo l'abbandono degli "estremismi infantili".
Soprattutto in Germania, Scandinavia, Gran Bretagna e Olanda i sindacati sono già divenuti una
componente insostituibile nel processo decisionale sia a livello di impresa sia a livello governativo.
Bastino alcuni esempi. Un progetto di legge dei socialdemocratici svedesi prevede che le imprese
avranno l'obbligo di far approvare in anticipo dai sindacati ogni decisione operativa e in caso di
divergenze sarà il parere dei sindacati a prevalere. Il sindacato olandese N.V.V. ha annunciato un piano
per dare ai sindacati il diritto di veto alla nomina dei dirigenti da parte delle aziende, e una partecipazione
dei lavoratori alla valutazione dell'attività delle aziende, perché operino correttamente e nell'interesse
nazionale.
Esiste quindi, nonostante le differenze, una strategia "parallela" dei sindacati europei. Il permanere di
alcune differenze è quasi esclusivamente dovuto alle diverse tradizioni e al grado di combattività delle
masse lavoratrici, ma è indubbio che i sindacati hanno ormai abbandonato la loro strategia classica che
li vedeva schierati su posizioni contrapposte al fronte padronale per assumere un atteggiamento
"ragionevole e responsabile". Nonostante la loro "ragionevolezza" i sindacati europei contano su una
costante base operaia e la tabella riprodotta a fianco ci dà un'immagine della penetrazione dei sindacati
nei vari paesi. A questa forza numerica corrisponde, anche se in modo non proporzionale, una forza
economica veramente ragguardevole; basti pensare che la L.O. svedese dispone di un fondo sindacale
di 60 miliardi di corone pari al 30% dei risparmi del paese e si prevede che entro un quinquennio sia
destinata a salire al 50%.
È stato il fondo di un sindacato USA che ha salvato New York dal fallimento investendo 150 milioni di
dollari in titoli municipali. Il sindacato tedesco D.G.B. è proprietario di numerose imprese tra cui la Bank
für Gemeinwirtschaft, il quarto istituto di credito del paese, la Neue Heimat, la più importante impresa
edilizia, una compagnia di assicurazioni e una estesissima catena di cooperative di consumo. A questi
settori industriali-commerciali si accompagnano centri studi e di ricerche economiche e sociali, nonché
corsi per la preparazione di funzionari sindacali.
Un apparato in alcuni casi mastodontico, una forza non solo "politica" ma anche economica, una grande
impresa finalizzata alla gestione delle lotte operaie. E i funzionari, i managers, di questa grande impresa
chiamata sindacato stanno sempre più assumendo connotazioni sociali simili ai managers delle grandi
imprese, con la differenza che mentre questi controllano i mezzi di produzione gli altri controllano i
lavoratori. Due classi tecnocratiche sempre meno controparti e sempre più alleate. Naturalmente alleate
contro i lavoratori.
Emilio Cipriano
L'IDENTIKIT DEI MAGGIORI SINDACATI EUROPEI |
Paese |
Popolazione
attiva
(milioni) |
Tasso di
sindacalizzazione (%) |
Organizzazione
numero iscritti e leader |
Tendenza |
Rapporti
col
governo |
Obiettivi principale |
Belgio |
4 |
65 |
CSC - Confédération des Syndicats
Chrétiens - 1.000.000 - G. Honthuyis |
cattolica |
buoni |
Rivendicazioni classiche |
FGTB - Fédération Générale du Travail de
Belgique - 900.000 - G.Debunne |
socialista |
buoni |
Maggiori interventi statali
nell'economia |
Danimarca |
2,5 |
65 |
LO - Landsorganisationen - 930.000 - T.
Nielsen |
social-democratica |
molto
buoni |
Cogestione |
Francia |
21 |
22 |
CGT - Confédération Générale du Travail
- 2.300.00 - G. Seguy |
comunista |
mediocri |
Socializzazione
dell'economia. Riforme
sociali |
CFDT - Confédération Française
Démocratique du Travail - 700.000 - E.
Maire |
socialista |
mediocri |
Riforme sociali |
CGT-FO - Confédération Générale du
Travail - Force Ouvrière - 600.00 - A.
Bergeron |
indipendente |
buoni |
Rivendicazioni classsiche |
Germania |
27 |
35 |
DGB - Deutscher Gewerkschafts bund -
7.000.000 - H. Vetter |
social-democratica |
buoni |
Cogestioni paritetica,
controllo degli investimenti |
Gran
Bretagna |
25 |
50 |
TUC - Trades Union Congress -
10.200.000 - L. Murray |
laburista |
molto
buoni |
Pianificazione economica,
nazionalizzazioni,
protezionismo |
Irlanda |
1,2 |
55 |
ICTU - Irish Congress of Trade Unions -
600.000 - A. Barr |
laburista |
buoni |
Controllo investimenti
esteri |
Italia |
20,5 |
45 |
CGIL - Confederazione Generale Italiana
del Lavoro - 4.000.000 - L. Lama |
comunista
socialista |
buoni |
Strategia unificata: grandi
riforme sociali, controllo
investimenti, difesa
occupazione |
CISL - Confederazione Italiana Sindacati
Lavoratori - 2.200.000 - B. Storti |
demo-cristiana |
buoni |
UIL - Unione Italiana del Lavoro - 800.000
- R. Vanni |
social-democratica |
buoni |
Olanda |
4,5 |
40 |
NVV - Nederlandsverbond van
Vakverenigingen - 600.000 - W. Kok |
indipendente |
molto
buoni |
Strategia unificata:
cogestione, controllo
profitti e investimenti |
NKV - Nederlands Katholiek Vakverbond
- 450.000 - W. Spit |
cattolica |
molto
buoni |
CNV - Christelijk National - Vakverbond
- 250.000 - I. Lanser |
protestante |
molto
buoni |
Svezia |
4 |
70 |
LO - Landsorganisationen i Sverige -
1.800.000 - G. Nilsson |
social-democratica |
molto
buoni |
Cogestione, controllo
delle tecniche di
gestione, devoluzione
di parte dei profitti
industriali |
SAC - Sverige Arbetares
Centraloganisation - 30.000 -
Struttura libertaria |
socialista
libertaria |
mediocri |
Rivendicazioni
normative e salariali
condotte con
l'autogestione opeaia
delle lotte, fine ul imo il
socialismo anarchico |
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