Rivista Anarchica Online
La pratica dell'utopia
di A. B.
Rileggendo le bozze di questo libro ci sembrava di sentire parlare Mercier. C'è tutto lui, in queste
pagine, la sua straordinaria esperienza militante e la sua straordinaria cultura cosmopolita, le sue
certezze e la sua problematicità di anarchico e di intellettuale. Intellettuale vero, non burocrate
della cultura o sacerdote della mitologia: intelligenza tesa a conoscere e capire la realtà,
intelligenza rivolta a cogliere i mutamenti negli uomini e nelle cose, sia quelli di segno positivo sia
quelli di segno negativo per il progetto anarchico.... Poche certezze, molti problemi. La certezza e
i problemi di chi riguardava, "senza illusioni e senza rimpianti", a quasi mezzo secolo di
anarchismo vissuto intensamente e criticamente, dapprima come agitatore, organizzatore,
guerrigliero, poi come instancabile pubblicista e studioso.
"Louis Mercier Vega, cileno" era solo l'ultima identità da lui assunta nel corso di una tumultuosa
vita attraverso i continenti, sin da quando, disertore ventenne si era rifugiato a Parigi con il nome
di Charles Ridel. Manovale, pellettiere, strillone, lavapiatti, correttore di bozze, tornitore, era
diventato giornalista e direttore di un centro di studi latino-americani. Sempre anarchico, sempre
scomodo e lucido osservatore della realtà.
Gli anni della sua formazione come uomo e come anarchico, quelli che lasciano in lui la più forte
impronta, corrispondono ad anni cruciali per la storia contemporanea: è il periodo che va dalla
metà degli anni '30 alla metà degli anni '40. Sono gli anni della sua militanza anarcosindacalista nei
gruppi di fabbrica della Union Anarchiste, della sua partecipazione alla rivoluzione spagnola, della
sua fuga dall'Europa alla volta dell'Argentina, su un cargo greco, quando le truppe naziste
premono alle frontiere ed il proletariato europeo viene nuovamente ubriacato di patriottismo e
mandato al macello. Sono gli anni della grande speranza libertaria e della grande sconfitta, gli anni
che segnano forse la fine di un'epoca, certo l'inizio della lunga eclissi del movimento anarchico.
Situazioni radicalmente diverse si presentano ai pochi militanti sopravvissuti, fisicamente o
psicologicamente, alla tragedia spagnola e alla bufera bellica. E pochissimi tra essi - Mercier è uno
di loro - riescono a comprendere in tutta la sua drammatica importanza il mutamento: la comparsa
di un certo costume operaio e di una certa cultura proletaria "naturalmente" rivoluzionaria e
libertaria; le profonde trasformazioni tecnologiche, economiche, psicologiche, politiche, la rapida
ascesa di una nuova classe dominante.... Poco più che trentenne quando torna in Francia,
conserva e riannoda i collegamenti con i compagni, al di sopra delle frontiere - profondamente
internazionalista perché deliberatamente senza patria - e riprende e approfondisce la riflessione già
iniziata nel burrascoso decennio precedente, in un continuo sforzo intellettuale mai disgiunto dalla
tensione ideale, che prosegue sino alla morte volontaria, nel novembre scorso. Una fine decisa da
tempo e comunicata a pochi intimi, una fine preceduta da alcuni anni di intensa attività, ultimo
generoso dono di energie prima dell'estrema affermazione del libero arbitrio.
Non è forse casuale che abbia scelto come luogo per la sua morte una località dei Pirenei dove nel
'39, con un commando di compagni, aveva fatto fuggire un gruppo di spagnoli internati in un
"campo di raccolta". Ecco ancora, forse, un segno della "centralità" che avevano per lui quegli
anni, di cui, pure, non parlava mai. Con i compagni delle nuove generazioni, con noi, cercava un
confronto sul presente, più disposto ad imparare che ad insegnare. Lui che certo aveva più da
insegnare che da imparare.
I cinque saggi che costituiscono il presente volume sono stati scritti originariamente nel 1969 e
pubblicati in francese sotto il titolo complessivo di L'increvable anarchisme. Sono stati
largamente revisionati, tagliati, arricchiti e parzialmente aggiornati nei primi mesi del 1977 per
l'edizione italiana, cui lo stesso Mercier ha voluto dare il nuovo titolo di La pratica dell'utopia,
che è un po' un altro modo di dire "senza illusioni e senza rimpianti".
È possibile una lettura su due piani di questo volume. Una più semplice, può fermarsi al livello
"divulgativo", giustificata dallo stile agile, giornalistico, che rifugge dalle forme erudite, che non
usa note a piè di pagina e bibliografie, che salta da un esempio all'altro, muovendosi scioltamente
nel tempo e nello spazio. È una lettura possibile e legittima: essa probabilmente spiega le 20.000
copie vendute dell'edizione francese. Attenzione però, in questo caso, a non prendere le sue
"scorribande storico-geografiche" né per una storia né per una geografia dell'anarchismo. Egli
sceglie cose, persone, fatti significativi per il suo discorso e funzionali alle sue ipotesi.
L'aggiornamento del panorama dell'anarchismo, ad esempio, è solo approssimativo. La realtà del
movimento anarchico in Italia, Spagna, Francia, ecc. è certo molto più ricca e complessa della sua
descrizione.
Un secondo e più profondo piano di lettura è quello di procedere con attenzione e partecipazione
critica tra le pagine più dense - e ve ne sono molte - e di interrogarsi assieme all'autore sui grandi
irrisori problemi della rivoluzione egualitaria e libertaria. È uno sforzo che merita di essere fatto
perché in queste pagine c'è molto di ciò che un uomo eccezionale ha visto, letto, sentito, pensato,
discusso, ci sono centinaia di libri, migliaia di opuscoli, articoli, volantini, c'è la conoscenza diretta
di una quantità enorme di episodi, di uomini, di luoghi e situazioni....
Scrive Mercier che il militante anarchico deve "imparare a vivere e ad agire in mezzo ad una selva
di punti di domanda, perché sia la propaganda dottrinale sia le situazioni di fatto esigono una
continua messa a punto". Significativamente, quando nel 1974 fonda una rivista internazionale di
ricerche anarchiche, insiste per darle il titolo di Interrogations. Arrivato ad una età in cui è umano
adagiarsi su rassicuranti proposte, egli continua a formulare domande. I suoi scritti su
Interrogations sono in effetti una "selva di punti di domanda". E tanti di quei punti di domanda
sono disseminati anche in questi saggi, tante domande cui neppure lui ha saputo o voluto dare
risposta. Quello che complessivamente vuole dirci Mercier è che non solo dobbiamo sforzarci di
rispondere a quelle domande senza ficcare la testa nella sabbia dei luoghi comuni, degli slogans, e
della routine militante, ma che dobbiamo continuamente sforzarci di non considerare mai
definitive le risposte, perché "ci sono più cose in cielo e in terra che nella nostra filosofia".
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