Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 68
estate 1978


Rivista Anarchica Online

Occupazioni di case in Jugoslavia
a cura della Redazione

Anarchici anche in Jugoslavia? Pare proprio di sì! Anche se ritenuti dei pazzi nella patria del socialismo realizzato, gli anarchici ripropongono le loro tematiche di azione diretta. Il potere jugoslavo si è mostrato troppo brutale. Dopo tutto in Jugoslavia il partito è stato sciolto e lo stato si è estinto. Non ridete, perché è quello che va ripetendo la propaganda del regime. La Lega dei Comunisti non è un partito, lo stato si chiama società.
Abbiamo intervistato alcuni compagni, tra cui diversi anarchici, jugoslavi, reduci dell'occupazione di una grande casa. L'occupazione di case in Jugoslavia è un fenomeno di una discreta rilevanza, anche se i mass-media cercano di esorcizzarlo, minimizzandolo.

Vuoi raccontarci come avvengono le occupazioni di case in Jugoslavia?

Direi che il fenomeno di occupazione di case avviene a due livelli: il primo è quello strettamente personale ed individuale: una famiglia si trova senza abitazione, sente dire che c'è un appartamento vuoto e lo occupa. Questo tipo di occupazione è estremamente diffusa in Jugoslavia ed è, ovviamente, illegale.

Il secondo livello è quello più politico e collettivo. Ad esempio nella repubblica dove io risiedo, la Slovenia, un gruppo di circa 25 persone ha occupato una grande casa. La maggior parte di queste persone non aveva personalmente bisogno di un appartamento (erano per la maggior parte studenti) ma hanno occupato come azione dimostrativa, per spingere la gente, i giornali a parlare delle occupazioni di case che vengono fatte continuativamente a livello personale e di cui mai nessuno parla. Si parla tanto del problema della case in generale, che non ce ne sono abbastanza, che se ne devono costruire di più, ma il fenomeno delle occupazioni viene bellamente ignorato. Come non si parla dei 7-10 mila studenti che vivono a Lubiana in un certo senso "illegalmente" poiché vengono alloggiati senza registrazioni e quindi i padroni delle case li sfruttano pretendendo degli affitti assurdi.

Che tipo di persone sono quelle che occupano le case a livello personale?

Naturalmente sono tutti lavoratori e in particolare quei lavoratori che guadagnano meno, i giovani e gli immigrati dal sud poiché anche da noi esiste una situazione simile alla vostra. Nella nostra repubblica (che sta attraversando una fase di forte sviluppo economico) arrivano continuamente moltissimi lavoratori delle repubbliche del sud in cerca di lavoro e di una vita migliore.

Le case che vengono occupate di chi sono?

In linea di massima sono sempre di "proprietà collettiva" questo non perché non esistano case di proprietà privata, ma perché occupare queste ultime comporta una repressione più dura. Teoricamente da noi si tende a basare l'organizzazione sociale non sulla proprietà privata come in occidente o nei paesi capitalisti, né sulla proprietà di stato come in Russia, ma sulla proprietà collettiva. Ho detto teoricamente perché di fatto la proprietà private esiste e continua ad esistere nella gente un senso della proprietà individuale molto forte.

Prima mi avevi accennato a delle case di solidarietà. Come vengono costruite queste case?

L'iniziativa parte solitamente dalle organizzazioni di fabbrica. I lavoratori danno una percentuale (anche piccola) del loro stipendio per la costruzione di nuove case, questi soldi vengono accumulati fino a che non si raggiunge un fondo sufficiente alla costruzione di queste case "di solidarietà". Anche i comuni a volte si fanno promotori di queste iniziative.

Chi gestisce e amministra questi fondi raccolti?

Il consiglio di fabbrica (che è l'organo più importante delle aziende e che viene eletto dai lavoratori) elegge al suo interno degli incaricati. Naturalmente in questo modo il problema reale viene delegato a poche persone.

Come viene fatta l'assegnazione delle case?

In base ad un punteggio basato sull'anzianità di lavoro, sul numero dei figli, sul fatto che magari si vive il molte persone in una stanza, ecc..

Torniamo un attimo alla occupazione collettiva di cui mi hai parlato prima. Come ha reagito la gente e come hanno reagito i giornali?

Innanzitutto bisogna dire che di quel gruppo facevano parte studenti per la maggior parte, ma anche lavoratori, una ex prostituta e un emarginato che era stato molte volte in carcere. E proprio per questo hanno cominciato a circolare voci che erano tutti delinquenti, persone poco per bene, ecc.. I giornali hanno parlato dell'occupazione in termini estremamente negativi. Persino la radio degli studenti (che credo corrisponda un po' alle vostre radio libere) e il giornale degli studenti in un primo tempo non ne hanno parlato, poi ne hanno parlato in modo asettico e quindi, spinti anche dalle pressioni delle organizzazioni politiche come la Lega dei Comunisti, ci hanno attaccato duramente dicendo che si può risolvere il problema dentro le strutture. In Jugoslavia si parla molto di autogestione, si permette che ognuno possa parlare dei propri problemi, questo è vero, ma è anche vero che la soluzione dei problemi è molto lenta dentro le strutture e parlare molto non ti aiuta quando sei senza tetto e quando sai che ci sono tantissime case libere. E allora perché non occuparle?

Come è finita questa occupazione è quanto è durata?

È durata circa due settimane. La casa era di tre proprietari, tra cui la Banca di Lubiana. La banca ha sporto denuncia nei nostri confronti, il Tribunale ci ha condannato ed ha inviato la polizia per buttarci fuori con le buone o con le cattive. A questo punto nel gruppo c'è stato un conflitto di opinioni: alcuni volevano farsi buttare fuori con la forza per dare più risalto allo sgombero mentre altri, la maggior parte, erano per andarsene di propria volontà. Questi ultimi hanno avuto la meglio e quando è venuta la polizia abbiamo lasciato la casa cantando l'Internazionale.

Cosa avete fatto durante questi quindici giorni di occupazione?

Nella casa occupata si era formato spontaneamente un centro di vita sociale e culturale: ogni giorno c'erano concerti, rappresentazioni teatrali, si leggeva letteratura, si cantava moltissimo. E ogni giorno c'era tantissima gente che veniva, circa duecento persone, perché la notizia di questa occupazione si era sparsa praticamente in tutta la repubblica. È stato fatto anche un manifesto, pubblicato dai giornali, con un testo molto duro e critico sulla "autogestione" jugoslava.

Pensi che sia possibile continuare questo tipo di lotta in Jugoslavia?

No, credo proprio di no.