Rivista Anarchica Online
Dichiarazione di un gruppo di obiettori totali latitanti
di A.A.V.V.
Siamo un gruppo di giovani che durante l'arco di quest'anno abbiamo ricevuto, al pari di migliaia
di altri, la cartolina precetto.
In questo modo un'istituzione dello Stato, l'Esercito, ci obbliga, per la durata di un anno, a
dimenticare quelli che sono i nostri bisogni e a sostituirli con quelli della classe dominante di cui
l'Esercito è parte integrante.
Durante quest'anno di vita che lo Stato, attraverso le FF.AA., pretende completamente dedicato a
se stesso, siamo sottoposti ad un trattamento il cui scopo è l'annientamento della nostra
personalità, delle caratteristiche di persone umane e vive, della nostra coscienza di classe e dei
nostri legami di popolo. Trattamento che si pone in continuità con quelli già usati durante i
precedenti venti anni della nostra vita attraverso la scuola, la famiglia, la chiesa, il lavoro.
Di fronte a questo ennesimo tentativo da parte del sistema di recuperarci alla sua ideologia e ai
suoi modelli di vita prefabbricati, intendiamo opporre un netto rifiuto e una ribellione organizzata,
nello stesso modo in cui abbiamo rifiutato e ci siamo ribellati alla scuola, alla famiglia, alla chiesa,
al lavoro, là dove questi si sono manifestati come luoghi e strumenti di trasmissioni dell'ideologia
borghese e di repressione di tutto ciò che a questa si oppone.
Nella condizione di latitanza in cui siamo costretti, la nostra pratica quotidiana è quella di prima e
di sempre: lottare e vivere perché attraverso la coscienza e l'organizzazione popolare si arrivi ad
una società di liberi ed uguali.
La risposta del potere, nei confronti di chi non accetta le regole del gioco: di vendere la propria
vita sul mercato del lavoro e di autodistruggersi alla catena di montaggio (e così facendo riafferma
i bisogni e gli interessi del proletariato, degli sfruttati degli emarginati, dei non garantiti, nei quali
ci riconosciamo e lottiamo per una vita qualitativamente migliore) è il carcere; nel nostro caso e in
quello di migliaia di altri proletari ogni anno: il carcere militare.
Il carcere è il ricatto più forte che lo Stato impone ai proletari al fine di mantenerli "buoni". Ma
non è con il ricatto e la paura che la classe padronale vincerà lo scontro di classe in atto che ha in
questi mesi proprio nelle carceri la sua punta di diamante.
Il movimento dei detenuti sta crescendo sempre più chiarendosi giorno dopo giorno gli obiettivi
da perseguire, in un continuo salto qualitativo e quantitativo. La coscienza di classe del
proletariato detenuto e i suoi legami con il resto del proletariato costretto in un regime terroristico
di libertà provvisoria dalle leggi speciali e dallo strapotere dei bracci armati dello Stato si fanno
sempre più saldi.
(...)
Tutto questo al fine di accelerare il processo di militarizzazione (e l'esercito gioca al riguardo un
ruolo importante) della società, verso cui stiamo andando.
Nonostante ciò la lotta continua e a portarla avanti sono proprio i più sfruttati, emarginati,
ricattabili che hanno capito e lo capiscono sempre più che la vittoria verrà nella misura in cui
aumenterà la solidarietà e l'unità di lotta.
Ci dichiariamo fin d'ora solidali e uniti al movimento dei detenuti ed al momento dell'arresto
andremo ad ingrossarne le fila e la capacità di scontro è offesa facendo di ogni giorno di
detenzione un momento di crescita e di lotta fino alla distruzione delle carceri e alla liberazione di
tutti.
Invitiamo tutti i proletari disertori, mancanti alla chiamata, ribelli, a scrivere sull'argomento, sui
nostri bisogni, a tutti i giornali, fogli e radio di movimento per aprire e continuare il dibattito, le
possibilità di collegamento e le iniziative di lotta.
Mauro Bassi Sergio Bassi Luciano Del Carro Graziano Cortiana Angelo Pastori Luigi Colombo
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