Rivista Anarchica Online
Una Gaya Rivoluzione?
del Collettivo di liberazione sessuale (Milano)
Il documento del Collettivo di liberazione sessuale che pubblichiamo in queste pagine prosegue il
discorso iniziato sul penultimo numero ("A" 67,Omosessualità e liberazione sessuale) dagli stessi
compagni. Già allora esprimevamo alcune riserve sulle tesi espresse in quel primo articolo e
invitavamo ad aprire un dibattito. Due soli i compagni hanno finora raccolto l'invito: i loro
interventi sono pubblicati in coda al documento del Collettivo. Per parte nostra, non possiamo tralasciare di osservare che il "settorialismo", che i compagni
del Collettivo si sforzano di evitare proponendo un discorso globale di liberazione sessuale, una
volta scacciato dalla porta è tranquillamente rientrato dalla finestra. Nel documento, tra l'altro,
si afferma l'esistenza di una "potenzialità rivoluzionaria" dell'omosessualità, che i regimi
cercherebbero di neutralizzare in ogni modo e che i compagni (etero) non terrebbero nel dovuto
conto. Non è un discorso nuovo: dieci anni fa lo hanno "inventato" certi settori del movimento di
lotta dei negri d'America ("nero è bello", "solo i neri sono obiettivamente rivoluzionari", ecc.),
qualche anno dopo lo hanno "inventato" le femministe ("donna è bello", "solo le donne sono
obiettivamente rivoluzionarie", ecc.), ora ce lo ripropongono i vari movimenti omosessuali. Può essere comprensibile che nei giovani movimenti emergenti (come quelli suaccennati)
l'esigenza di caratterizzarsi e di rompere con il passato porti a contrapposizioni frontali ed a
posizioni estreme ed astratte come quella - per esempio - di giudicare tout court rivoluzionario
un individuo perché nero di pelle, donna o omosessuale. Non è però accettabile che tali
posizioni vengano condivise e propagandate da compagni libertari, come sono quelli aderenti al
Collettivo di liberazione sessuale. La loro rivalutazione della "questione omosessuale" ed il suo superamento nella più generale
tematica della questione sessuale ci trova a grandi linee concordi, così come riteniamo più che
giustificata la diffidenza nei confronti delle posizioni spesso ipocrite di "tolleranza" che
permettono di esorcizzare il problema e di lasciarlo agli "addetti ai lavori". Ma, francamente,
come si può a ragion veduta sostenere l'esistenza di una "omogeneità" e più ancora di una
"potenzialità rivoluzionaria" degli omosessuali in quanto tali? Che cos'hanno in comune,
soprattutto da un punto di vista rivoluzionario (ma non solo), una "frocia operaia" come quella
del FUORI che interviene nel dibattito e il suo (o un altro) padrone, ricco, arrogante e
omosessuale? Che cosa dovrebbe unire un partigiano omosessuale ed un alto ufficiale delle SS
anche lui omosessuale? Che cos'ha di "alternativo" o di rivoluzionario quest'ultimo? Sostenere che il sesso, il colore della pelle o le tendenze sessuali possano incidere davvero sulla
potenzialità rivoluzionaria di un individuo (o delle masse) è perlomeno illusorio. Ragionando in
questo modo ci si mette su di una china molto pericolosa, che già buona parte del movimento
femminista ha percorso fino in fondo, giungendo a sostenere che le donne dovrebbero essere
tutte unite, dall'operaia della Breda a Sofia Loren, perché la differenza tra di loro è sempre
inferiore a quella che le separa dai "maschi". Posizioni assurde, che molto danno hanno già
fatto al movimento di emancipazione sociale nel suo insieme, riproponendo schemi e ruoli (a
volte capovolti, e basta) dell'attuale assetto sociale.
Nell'ambito di un discorso sulla sessualità, uno dei nodi fondamentali da noi individuati ed assunti
come terreno di intervento politico nel sociale è la tematica della liberazione del desiderio
omosessuale in tutti gli individui, tematica che comporta necessariamente un atteggiamento
fortemente critico nei confronti degli eterosessuali. Infatti accanto all'azione sensibilizzatrice
rispetto agli altri omosessuali, che tende a far loro acquisire una precisa coscienza politica della
propria condizione e la capacità di eliminare i sensi di colpa, le paure, la non-accettazione prodotti
dall'oppressione sociale, nel nostro programma di attività all'esterno rientra come momento
ineliminabile l'estensione del problema dell'omosessualità a tutta la comunità e in primo luogo ai
compagni anarchici e ai gruppi della sinistra. Non ci poniamo quindi solo nell'ottica di un
riconoscimento della realtà omosessuale per farla uscire dall'oscurantismo, dall'ignoranza e dalla
negatività in cui è stata fino ad ora mantenuta. Non ci battiamo soltanto perché alla figura
dell'omosessuale sia ridata la validità e l'importanza che le spetta sfrondandola da tutte le
sovrapposizioni falsamente mediche, scientifiche o moralistiche imbastite da millantatori e pseudo-sapienti. Non ci limitiamo a svolgere un'azione emancipatrice rispetto all'omosessualità,
denunciando la sua sostanziale e tenace repressione da parte del potere e la necessità della sua
riabilitazione sociale come condizione umana altrettanto reale e positiva di altre, liberando il
concetto di omosessualità dal sentore di ospedale o manicomio e dall'analogia con il mondo della
delinquenza e della prostituzione. La nostra analisi politica ci porta a negare la validità della lotta
emancipatrice come portata avanti da alcuni gruppi omosessuali, perché riteniamo perdente una
lotta che tenda ad ottenere diritti civili e riconoscimenti nell'ambito dello Stato o comunque
nell'ambito di una società borghese in stadio di capitalismo avanzato. L'accettazione e la tolleranza
non devono essere gli obiettivi della battaglia politica degli omosessuali: infatti la tolleranza non è
che una forma più raffinata di repressione, che contribuisce a dare un volto "libertario" e
progressista ai gestori di potere, mentre permette loro un controllo più efficace e capillare del
fenomeno. Inoltre l'accettazione sociale non risolve la questione dell'emarginazione, se non
apparentemente: invece di essere eliminata essa viene confermata, in quanto gli omosessuali
vengono riconosciuti nella loro diversità (cioè come differenziandosi dagli altri componenti del
gruppo sociale) e l'omosessualità viene fissata e gestita come elemento caratteristico di una
minoranza, fatto questo che tra l'altro permette uno sfruttamento economico e la creazione di
mercati di consumo e quindi di alto profitto (mercificazione e ghetto d'oro).
Noi rifiutiamo tutto ciò perché consideriamo strettamente vincolate ed interdipendenti la lotta di
classe e la risoluzione del problema omosessuale, nel senso che è assolutamente impossibile
raggiungere una situazione esistenziale positiva per gli omosessuali all'interno delle strutture
repressive dello stato. Noi vediamo nell'accettazione degli omosessuali in regimi di
socialdemocrazia falsamente liberali la neutralizzazione della potenzialità rivoluzionaria che
caratterizza l'omosessualità, l'ottundimento delle contraddizioni sessuali e politiche che
l'omosessualità sostiene, la minimizzazione della crisi di valori che l'omosessualità rappresenta. Il
problema dell'omosessualità non deve ridursi ad una sostanziale affermazione che non deve più
essere sottaciuta o sottintesa, ma esplicitamente enunciata; noi vogliamo pure negare che
l'omosessualità sia un fenomeno di minoranza o una questione che interessa solo una categoria di
persone.
Tutti omosessuali?
L'elemento che rende specifica la nostra posizione è proprio la volontà di fare dell'omosessualità
un problema che investe tutti gli individui e li riguarda non più solo indirettamente, ma anche
direttamente. Alla luce dei contributi della psicoanalisi, noi sosteniamo l'universalità del desiderio
omoerotico, cioè che il desiderio omosessuale è presente in tutti, uomo e donna. L'unica
differenza esistente tra gli omosessuali e gli altri è legata al fatto che, mentre i primi esprimono in
modo manifesto il proprio desiderio (cioè attuano una pratica omosessuale), i secondi hanno
represso quel desiderio, senza che ciò d'altronde significhi che negli eterosessuali sia stata
eliminata o non sia presente l'attrazione erotica per le persone dello stesso sesso, poiché questa
attrazione persiste nell'inconscio come latente.
Il desiderio omosessuale è una componente fondamentale ed irriducibile della sessualità umana.
Non prendere in considerazione questa realtà significa accettare l'oppressione e la mutilazione da
parte del potere, dell'autonomia e delle possibilità umane di ognuno. Noi critichiamo di
conseguenza l'eterosessualità esclusiva, così come si manifesta in tutte le società patriarcali basate
sullo sfruttamento di classe e sulla sperequazione di potere tra uomo e donna, poiché questa
eterosessualità è in sostanza l'espressione del potere e dell'oppressione nell'ambito della sessualità
e delle relazioni sessuali. L'eterosessualità si configura cioè come eterocrazia di una dinamica
oppressiva nei confronti delle donne e degli omosessuali e con una pratica autorepressiva rispetto
all'uomo stesso costretto ad assumere una monosessualità esclusiva ed alienante, funzionale al
sistema del potere politico ed economico. Noi vogliamo mettere in luce le mistificazioni insite
nell'eterosessualità passata e attuale, negando la sua presunta neutralità e la sua altrettanto
costruita origine biologica.
L'eterosessualità è una condizione di mutilazione sessuale e, sebbene sia anch'essa una
componente della sessualità, non si può parlare di desiderio eterosessuale in termini di spontanea
espressione di un bisogno perché ad essa viene giustapposta una serie di proiezioni, di imposizioni
e di bisogni secondari (cioè indotti) di autoaffermazione, per cui si può realisticamente parlare di
costrizione all'eterosessualità nelle società patriarcali e autoritarie. Tuttavia non solo
l'eterosessualità è una forma alienata di sessualità, ma essa influenza di riflesso la stessa
omosessualità, imponendole i suoi schemi, i suoi ruoli, le sue categorie e non ultimo le sue
esclusività. La demistificazione dell'eterosessualità, necessaria per un discorso seriamente analitico
sulla sessualità, è strettamente legato all'affermazione della presenza originaria del desiderio
omosessuale negli individui. L'analisi delle forme e delle tecniche del potere porta a riconoscere
che l'omosessualità non è una prerogativa soltanto degli omosessuali, ma che invece essi
rappresentano coloro che, per motivi e situazioni specifiche, hanno mantenuto vivo in sè un
desiderio che negli altri è duramente represso a partire dalla primissima infanzia, ma che
comunque persiste negli stessi eterosessuali, manifestandosi secondo moduli di sublimazione
sottoforma di sentimenti di amicizia, di cameratismo o addirittura convertito in sindromi
patologiche.
In tutti gli individui esiste una disposizione erotica rivolta verso le persone dello stesso sesso, in
quanto la disposizione originaria della sessualità è essenzialmente amplissima e indifferenziata.
Originariamente l'istinto sessuale non conosce limitazioni estranee, temporali o spaziali, che
riguardino il suo soggetto e il suo oggetto, e l'omosessualità costituisce proprio un dato
ineliminabile di questo polimorfismo e di questa polivalenza sessuale. Soltanto a causa
dell'inibizione e della repressione che passano attraverso i canali dell'educazione familiare e del
condizionamento ideologico sociale, si sviluppa nella maggioranza delle persone un
comportamento "normale", cioè un'eterosessualità esclusiva e genitale. La società attraverso i suoi
mezzi di dominio agisce repressivamente sugli individui in modo da costringerli a rimuovere le
tendenze sessuali congenite ritenute perverse, con l'obiettivo di trasformare-deformare gli
individui tendenzialmente "perversi" in eterosessuali eroticamente mutilati ma conformi alla
Norma. L'organizzazione degli istinti sessuali imposta dalla società interdisce come perversioni
tutte le loro manifestazioni che non servano o preparino la funzione procreatrice; e se ultimamente
assistiamo anche ad una liberalizzazione di pratiche non-istituzionalizzate, si tratta solo di una
desublimazione altamente repressiva, utile per creare profitti economici e per far passare ancora
una volta un concetto di sessualità alienato.
Bisogna prender coscienza del fatto che l'organizzazione della sessualità rispecchia i tratti
fondamentali dell'organizzazione della società. In particolare bisogna comprendere che
l'oppressione degli omosessuali e la repressione del desiderio omoerotico in tutte le persone non è
un fatto casuale o estemporaneo, e non è neppure un problema di diritti civili per alcuni; ma è
invece un problema politico perché legato alla più generale repressione sessuale necessaria
all'esistenza, e alla persistenza del sistema, e perché riguarda tutti in prima persona. È un problema
doppiamente politico, perché investe l'ambito dell'esistenza personale e dei rapporti interpersonali
(sociali). È un passo obbligato in un discorso sulla qualità della vita e sulla liberazione sessuale, in
quanto, sebbene liberazione sessuale non coincida con omosessualità, essa significa tuttavia
certamente omosessualizzazione e liberazione del desiderio omosessuale in ogni persona; quanto
alla qualità della vita, questa non si quantifica soltanto attraverso il livello dell'alienazione
lavorativa e dello sfruttamento economico, ma anche tramite la possibilità effettiva per ciascuno di
poter realizzare se stesso e le proprie pulsioni originarie, primi fra tutti i bisogni sessuali e in
specifico il desiderio omosessuale. Una reale qualità della vita si misura nella possibilità e nella
capacità di sessualizzare i rapporti interpersonali. Ci poniamo di conseguenza in modo critico
rispetto a coloro che negano in sè la presenza del desiderio omosessuale, perché questa negazione
non è che il corrispettivo, a livello cosciente, della censura sociale e della rimozione
interiorizzante. La negazione permette che l'individuo pensi a quanto è represso ma a condizione
che venga negato e quindi che resti fondamentalmente represso. Similmente dissentiamo da coloro
che esprimono una disponibilità procrastinata a tempi indeterminati e vincolata all'eventuale
insorgere del bisogno omosessuale. Questa posizione nasconde ancora il pregiudizio e la paura,
oltre al fatto che l'anticipazione intellettuale di un desiderio è un tentativo di neutralizzarlo e di
non porlo come problema personale perché senza un processo di auto-analisi e di riscoperta dei
propri bisogni fondamentali, non si ha un'insorgenza casuale dei bisogni stessi data la loro
deformazione e alterazione da parte della repressione. Ci contrapponiamo pure all'atteggiamento
tollerante di molti compagni che mistifica il loro sostanziale rifiuto pari a quello sociale e
attraverso il quale noi appariamo come i parenti poveri e subnormali della rivoluzione. La
tolleranza quasi protettiva da parte del compagno fornisce un'ulteriore gratificazione alla sua
figura virile, mentre lo aiuta ad esorcizzare il problema della sua omosessualità repressa.
Contro i ruoli
In diretto rapporto con queste nostre posizioni, noi rivendichiamo la nostra omosessualità come
diversità positivamente intesa e non più come diversità subita o timidamente affermata. Non solo,
noi ribadiamo anche la nostra specificità di rappresentanti di una condizione umana e sessuale
oppressa e di conseguenza il nostro diritto a parlare di questa condizione e di questa oppressione,
in quanto subiamo sulla nostra pelle l'emarginazione quotidiana e solo noi possiamo elaborare con
cognizione di causa una tematica omosessuale oggettiva e realistica. Rivendichiamo il nostro
diritto a parlare della sessualità nella sua totalità, perché rappresentiamo, accanto alla
contraddizione uomo-donna, la contraddizione sessuale più importante e perché riteniamo di
individuare nella nostra condizione la possibilità di costruire una concezione globale della
sessualità affatto diversa da quella corrente, poiché ritroviamo nell'omosessualità un potenziale
rivoluzionario diretto a smantellare la ruolizzazione sessuale, la mercificazione dei rapporti
interpersonali e rivolto contro le strutture e le istituzioni, tradizionali baluardi del
condizionamento ideologico e della repressione, come la famiglia e il matrimonio. L'omosessualità
è per noi potenzialmente al di fuori del dominio del principio di prestazione (performance),
imposto dal potere alla sessualità.
L'omosessualità sostiene l'idea di una sessualità fine a se stessa, contro l'uso utilitaristico della
sessualità da parte della società, e in questo modo minaccia i fondamenti stessi della struttura di
potere economico e politico. Chiaramente questo comporta una revisione critica della stessa
omosessualità, nel senso di una riappropriazione autonoma della propria originalità omosessuale,
rifiutando gli stereotipi i ruoli e l'imitazione di modelli precostituiti e alienati. Da questo punto di
partenza noi possiamo muovere per elaborare un progetto sessuale alternativo contro la
restrizione quantitativa e qualitativa della sessualità in generale, fino ad oggi perpetrata. Questa
nostra accessibilità al discorso generale sulla sessualità secondo noi è avvalorata proprio dalla
universalità del desiderio omoerotico e dalla sua esistenza, anche se in forme deformate e
mascherate, nello stesso rapporto eterosessuale. Noi neghiamo perciò che per liberazione sessuale
si debba intendere soltanto il mutamento del rapporto uomo-donna nell'ambito di un rapporto
eterosessuale, in quanto riteniamo impossibile la realizzazione di un rapporto effettivamente
paritetico fra i due sessi senza una parallela liberazione in senso omosessuale dei due termini del
rapporto; poiché la rimozione del desiderio omosessuale e la censura sociale comportano una
serie di processi psichici attraverso i quali si esprime in forma reattiva e negativa quello stesso
desiderio, portando ad alimentare la fissazione fallica del maschio, il suo misconoscimento della
donna e della propria femminilità in un intreccio di proiezioni inconsapevoli.
Un'effettiva liberazione delle potenzialità umane non può arrestarsi ad un mutamento parziale e
limitante dei comportamenti sessuali, ma deve essere il più possibile totalizzante. Il rapporto
eterosessuale potrà veramente configurarsi come reciprocità e non come possessione o
sperequazione, soltanto quando sia l'uomo che la donna avranno liberato le proprie componenti di
sessualità extra-genitale ed omosessuale.
Questo è indubbiamente estensibile anche all'omosessualità, tale come si presenta nella maggior
parte dei casi al momento attuale, ma esiste già ora una disponibilità molto vasta da parte degli
omosessuali verso una esperienza eterosessuale diversa; non è superfluo comunque tener presente
che esistono difficoltà oggettive maggiori per gli omosessuali, data la loro oppressione e
frustrazione secolari subite, mentre per i maschi eterosessuali la gratificazione derivante dalla loro
situazione di potere permette loro un accesso relativamente più semplice ai rapporti omosessuali,
vissuti ugualmente in modo maschile e sempre attraverso una ruolizzazione. A noi sembra che,
per le sue caratteristiche intrinseche, il nostro discorso ed i nostri obiettivi di lotta si configurino
come strettamente vicini alle problematiche espresse dal movimento femminista. Di conseguenza
individuiamo un parallelismo di fondo tra le nostre tematiche e quelle delle donne. Ricerchiamo
quindi una collaborazione politica teorica e pratica con i gruppi organizzati di donne, per
un'alleanza tattica e strategica sui contenuti comuni delle nostre battaglie.
Nel solco del femminismo
La nostra lotta come omosessuali, a nostro avviso, si interseca in maniera decisiva e preminente
con la lotta delle donne per motivazioni precise in prima istanza perché storicamente l'oppressione
degli omosessuali e il tabù antiomosessuale si sono originati proprio in rapporto alla sottomissione
della donna da parte del maschio e all'affermazione del patriarcato fallocentrico. In secondo luogo
perché noi ci poniamo sulla strada aperta del femminismo in base alla quale ci appropriamo del
problema della politicità del personale, nel senso che ci poniamo nell'ambito della rivalutazione
politica del quotidiano, del privato con tutte le sue contraddizioni, innanzitutto per quel che
riguarda la contraddizione sessuale. In terzo luogo perché la lotta delle donne contro il
maschilismo e contro l'atteggiamento reazionario degli stessi compagni ci trova schierati al loro
fianco come "maschi" che hanno rifiutato l'assunzione del ruolo maschile imposto dalla società, e
come omosessuali oggettivati e oppressi nei rapporti con gli eterosessuali e condizionati negli
stessi rapporti omosessuali dai valori eterocratici.
Desideriamo quindi impossessarci di quegli elementi che possono fare realizzare con le donne una
unità o una collaborazione politica che vada al di là della semplice intesa emotiva o della
solidarietà intellettuale in cui spesso ci troviamo a convivere ma anche a ristagnare. Esistono
ambiti e problematiche che indubbiamente riguardano sia le donne che gli omosessuali ed è da qui
che noi riteniamo utile partire per sviluppare una parallela strategia di intervento nel sociale e per
rivendicare sempre più decisamente la nostra e la loro autonomia e per ottenere realmente la
possibilità di agire in base ai nostri e ai loro bisogni, ai nostri e ai loro obiettivi; e questo contro le
mistificazioni di molti militanti e compagni, all'apparenza aperti e disponibili ma in pratica
ideologicamente medievali e autoritari, senza nessuna volontà di rinunciare alla loro fetta di potere
e di gratificazioni sociali e sessuali. L'unica prospettiva effettivamente positiva per noi e crediamo
anche per le donne, è la possibilità di discutere ed elaborare, organizzarsi e lottare non più in
condizioni di eteronomia e di dipendenza dai compagni maschi, ma in maniera sufficientemente
autonoma e libera; questo senza naturalmente escludere il confronto e la collaborazione con loro
ad altri livelli e nella lotta specificamente economica al sistema, collaborazione che però non
significa disconoscimento delle contraddizioni e delle divergenze esistenti tra le parti.
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