Rivista Anarchica Online
Gli animatori del consenso
di Raffaele F.
La maestra: "Bambini! Comincia l'ora di animazione." i bambini, guardandosi negli occhi:
"Boh!". Cosa sarà mai questa "animazione" di cui spesso gli "addetti ai lavori" si riempiono la
bocca?
Per tentare di chiarire, se possibile, il concetto lasciamo la parola a chi l'animazione la fa per
mestiere.
Mi chiamo Mauro Ramerio e sono del Gruppo Teatro Voce della Cooperativa Assemblea Teatro
di Torino. Questo gruppo opera in Lombardia, in Piemonte e in Toscana. Facciamo interventi di
animazione teatrale nella scuola materna, elementare, media inferiore e superiore: li chiamiamo
"giochi-spettacolo". Questi "giochi-spettacolo" coinvolgono in animazione scenica i bambini
usando attori, burattini, pupazzi, ecc.. Facciamo anche seminari di animazione teatrale rivolti agli
insegnanti, finalizzati alla formazione di animatori teatrali. Teniamo infine seminari di teatro per
gruppi teatrali e musicali di base. Abbiamo iniziato una ricerca sui metodi di espressione e di
comunicazione del teatro popolare e da ciò è nato un primo spettacolo sulla vita di Sante Caserio
per il quale utilizziamo canzoni popolari, ballate, burattini, moduli espressivi tipici del teatro
popolare.
Fanno parte del nostro gruppo attori di prosa, animatori teatrali, una cantante di musica popolare
e collaborano con noi un operatore psico-sociale, uno psicologo e una pedagogista. La presenza
di questi tre specialisti garantisce carattere di scientificità al nostro lavoro con i bambini.
Per quanto riguarda l'animazione, che impostazione politica, culturale e professionale dovrebbe
avere?
Questa domanda implica una definizione di "animazione" e qui sorge la difficoltà, perché dal '68 in
avanti si sta cercando questa definizione. C'è stato negli ultimi tre/quattro anni un proliferare di
gruppi di animazione: tutti fanno "piri-piri" ai bambini e con ciò credono di aver fatto animazione.
Per noi del Teatro Voce significa tentare per quanto è possibile di rompere il vecchio rapporto tra
produttore e fruitore di cultura che è il rapporto borghese. Il nostro è un tentativo di dare alla
gente gli strumenti per poter far da sé la cultura. Cioè se cultura non è soltanto il libro, lo
spettacolo teatrale, il brano di musica, ma è soprattutto una maniera di stare insieme, vivere
insieme dei valori, è il lavoro, i rapporti interpersonali, l'amore, le cose di tutti i giorni, ecco allora
cultura la possono fare tutti.
Arriviamo quindi alla definizione di animatore.
Animatore non è soltanto quello che organizza feste popolari, che fa muovere i burattini, che fa
ridere la gente. Nel momento in cui io parlo e sto in mezzo alla gente, perché la gente esprima se
stessa, i propri problemi, la propria condizione di vita, questo mio intervento diventa un fatto
politico perché la gente riempie i moduli di comunicazione di contenuti di vita sociale e politica.
Noi cerchiamo di intervenire in una realtà ed agire politicamente su di essa.
... e lasciare qualcosa...
Certamente! Per noi altro discorso importante è proprio quello di lasciare una situazione di
autonomia. È giusto e corretto secondo noi dare agli insegnanti le tecniche perché essi possano
fare animazione nelle loro classi tutti i giorni e non solo nell'ora di animazione. È importante
lasciare a questa gente i mezzi: mezzi tecnici, mezzi metodologici e anche stimoli politici perché
possano continuare l'attività di cui noi abbiamo posto le fondamenta.
È evidente che abbiate dei bisogni economici per svolgere la vostra attività, quali sono i vostri
finanziamenti?
Il nostro è un gruppo di professionisti, facciamo animazione a tempo pieno, viviamo di questo
lavoro. La nostra cooperativa ha delle sovvenzioni dal Ministero dello Spettacolo; altri proventi
vengono dalla vendita degli spettacoli.
Quali rapporti ha l'animazione con il teatro?
Noi usiamo tecniche teatrali nel nostro fare animazione, perché all'interno di tali tecniche ritrovi
una serie di formule e di moduli espressivi vastissima. Con i bambini usiamo tecniche di
espressione corporea non solo mimiche. tendiamo inoltre a sviluppare un tipo di animazione
fantastica dell'oggetto, cioè un rapporto creativo con i vari oggetti.
Tu hai detto che lavorate spesso nelle scuole. Come vi ponete come animatori nella scuola?
Facciamo cose molto semplici: si arriva e ci si presenta con un "gioco-spettacolo". In questo
modo spieghiamo chi siamo, cosa facciamo e che tipo di rapporto vogliamo instaurare. A questo
punto sperimentiamo giocando le tecniche di espressione corporea, di animazione musicale, di
animazione di un oggetto, di costruzione ed uso di maschere, burattini, pupazzi, ecc..
Identifichiamo un centro di interesse e su questo centro di interesse si raccontano delle fiabe, si
hanno dei momenti di espressione corporea e di improvvisazione teatrale. Tutto questo materiale
viene registrato e riordinato in un nuovo gioco-spettacolo.
Questa intervista mi è servita per illustrare l'attività di un gruppo di animazione fra i meno-peggio, da un punto di vista politico-sociale; ciò nonostante risulta abbastanza chiaro quanto
sia fumosa la figura dell'animatore. La stessa denominazione è superficiale ed equivoca. Quindi
più che indicare che cosa l'animatore sia si tenta di individuare come operano coloro i quali si
muovono sul terreno dell'animazione. Si vedrà subito che sotto questo aspetto i discorsi sono
numerosi e discordi; volendo forzarmi a fornire una definizione plausibile (almeno a mio
parere) direi che la figura dell'animatore coincide, o è molto vicina, a quella del politico che
non indottrina ma apre le strade a un discorso di partecipazione.
L'animazione, per un tempo abbastanza lungo, è stata considerata uno strumento di nuova
pedagogia, di didattica alternativa, di responsabilizzazione sociale e politica, raggiungendo
talvolta la funzione di terapia psicosociale di gruppo (azioni nelle case di salute per malati
mentali, nelle carceri minorili). Ora queste motivazioni sollevano numerose perplessità
soprattutto perché al momento operativo, spesso molto generoso, non fa riscontro la fase
teorica, che è pur sempre necessaria, anche lasciando alla operatività, come in effetti è, il
compito di struttura principale.
Il fatto che non si possieda la ricetta utile per guarire la nevrosi sociale che colpisce certi strati
di cittadini più gravemente di altri, non significa naturalmente che si debba soprassedere a
qualsiasi tipo di intervento. Ma è opportuno chiedersi fino a che punto l'attività di certi gruppi
di "professionisti" dell'animazione sia un reale contributo all'emancipazione del bambino della
scuola elementare, del ragazzo del centro sociale, degli abitanti di un paesino, o se gli
"animatori" non siano una versione aggiornata e decentrata degli "operatori del consenso".
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