Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 72
febbraio 1979 - marzo 1979


Rivista Anarchica Online

La felicità di essere donna
a cura della Redazione

Quattro donne, di età e condizioni sociali diverse (una studentessa, una contadina, una casalinga e un'impiegata) hanno risposto a queste domande:

1. Come vivi il fatto di essere donna?

2. Credi che il movimento delle donne abbia cambiato qualcosa? E se sì cosa?

3. Pensi comunque che il problema dello sfruttamento della donna sia risolvibile all'interno di questa società? E se sì, come?

Alessandra, 21 anni - studentessa

Nonostante il fatto che essere donna comporti una marea di problemi e di difficoltà, molti di più che essere maschio, penso che sia una condizione meravigliosa.

Prima di tutto essere donna significa essere capaci di vivere la vita in maniera (rispetto al maschio) molto più piena di contenuti, di creatività, di dolcezza, di tenerezza e anche di fare delle cose rivoluzionarie.

Proprio per il fatto di essere maggiormente schiavizzate c'è una capacità molto più grossa di fare determinate scelte; anche se possono rompere con certi schemi o creare grossi problemi, c'è sempre la capacità di affrontarli. Perché sappiamo che la donna, dall'inizio della sua vita, è abituata a conoscere dei problemi che all'uomo non vengono neanche posti, magari riguardo alla sua vita futura ma che già la investono da quando è una bambina, una ragazza. Perciò penso che, nonostante tutto, se avessi dovuto scegliere, se dovessi scegliere, risceglierei di essere donna.

E questo, come dicevo, nonostante i problemi che questo comporta. Io sono una studentessa, quindi una privilegiata (come donna) e in questa condizione si ha più tempo per porsi problemi meno concreti. La prima cosa, per esempio, è che non ci si può permettere di essere come gli altri: bisogna sempre primeggiare per poter emergere minimamente dalla massa.

Questo crea uno spirito di competizione che secondo me e negativissimo. È la più grande fregatura che ti danno: ti insegnano a stare con le altre donne ma contro di loro; con questo spirito di competizione che dà ansia, frustrazione, sensi di colpa: perché chiaramente una si rende conto che è sbagliato, che non può essere la via giusta per raggiungere qualche cosa, ma dal momento che è l'unica cosa che ti propongono e che sei troppo piccola per renderti conto fino in fondo che già ti stanno fregando, sei anche costretta ad accettare.

Poi il problema che una si trova ad affrontare via via quando cresce. Oltre ad essere sola perché ti sei resa conto che con le altre donne non hai dialogo, perché devi essere la più brava, perché devi diventare quella che è vista dal maschietto, ti trovi anche a confronto col problema del maschio e questo ti porta soprattutto ad avere paura degli altri, paura del diverso e questo è grave perché il problema non è tanto che l'uomo sia inferiore o superiore ma totalmente diverso e il fatto di non accettarlo ti crea paura.

Prima di tutto, se posso aprire una parentesi, è il fatto che adesso come adesso il movimento delle donne e dato per morto: secondo me è la più grande infamia che si possa compiere ai danni delle donne. Prima lo hanno disprezzato, per riuscire semplicemente a spaventare la gente nei suoi confronti. Seconda cosa, manovra ancora più disgustosa è stato il cercare di inglobarlo nei normali canali del regime: va bene, sono brave, sono buone, abbiamo visto che in fondo non mordono. Terza cosa, in cui sono anche riusciti, è stato svuotarlo di ogni significato, con la moda, un certo tipo di gergo che adesso viene comunemente usato sui giornali, al cinema, alla televisione, dappertutto. Secondo me non è affatto vero: penso che sia vitale come prima, nonostante le trasformazioni che è giusto che un movimento in divenire subisca. Non si può cristallizzare nella forma della manifestazione o dello scontro verbale col maschio: è chiaro che c'è un momento in cui un movimento ha bisogno di ripensare a certe cose, di rimeditarle, casomai anche di cambiarle. Comunque secondo me è stato uno dei più importanti movimenti che sono usciti negli ultimi anni.

Non soltanto per chi ci sta dentro, ma soprattutto per chi ne sta fuori perché si pone come esempio, come motivo di discussione, di dibattito fra tutte le donne. Credo che nessuno ignori il movimento femminista, e questa è la cosa più importante: il fatto che non passi inosservato e che ponga dei problemi al suo esterno, che non rimanga una cosa di élite che sia, come è, una cosa molto più massiccia. Anche perché vediamo che se il divorzio è passato, l'aborto è diventato una cosa minimamente più accettata o perlomeno discussa e molti altri problemi sono venuti fuori penso che il contributo dato dal Movimento Femminista sia chiaro a tutti, soprattutto, spero, ai compagni i quali tendono ad adagiarsi sugli allori. Per il fatto che molte delle loro donne erano femministe troppo spesso hanno fatto finta di capire mentre in realtà erano molto indietro; sono molto bravi a livello teorico e poi finiscono col vivere i rapporti personali come qualunque piccolo borghese.

Secondo me oggi la situazione oggettiva esterna per la gente che ha bisogno di lavorare, per il mercato del lavoro, è tragica e non vedo come non potendocisi introdurre gli uomini ci si possano introdurre le donne che sono sempre state le seconde agli uomini in tutto e per tutto.

È chiaro che io lotto per un cambiamento radicale del sistema, che darebbe non solo lavoro anche alla donna, ma lavoro completamente diverso sia all'uomo che alla donna.

Ora come ora mi sembra che la situazione sia pessima; anche perché vediamo che la scuola non qualifica più, l'università non dà nessun tipo di sbocco. Penso che le donne siano ormai troppo conscie di certi problemi per poter sperare ancora nella soluzione del matrimonio, dei figli, della casa come unico scopo della propria vita. E non dimentichiamoci che è sempre stato un ripiego per la donna, in momenti di crisi sul mercato, il licenziamento, e come conseguenza lo stare a casa a badare ai bambini, a mandare invece il marito a lavorare, come del resto sembrava suo diritto fare.

Non credo sia un mistero il fatto che la donna non viene mai educata ad imparare un mestiere. In una donna si cerca sempre di esaltare certe sue capacità peculiari, tipo la sottomissione, il considerare gli altri sempre prima di sé, il finto altruismo, il dimenticare se stessa e i suoi problemi in funzione delle esigenze degli altri, sia il padre, sia il marito, sia i figli: una schiavitù che dalla nascita la porta fino alla morte.

Quindi trovo che è veramente difficile riuscire a liberarsi (non dico ad emanciparsi) perché può essere un termine ambiguo e può dare adito a tante soluzioni diverse che possono essere possibilissime e compatibili con la situazione di oggi) però se minimamente si vuole andare oltre e guardare alla liberazione non soltanto sul piano individuale ma sul piano più generale dei problemi comuni a tutte, che anche il movimento delle donne porta avanti, penso che non sia assolutamente possibile in questa società.

Chiaro che purtroppo la sopravvivenza è un problema che esiste, e quindi bisogna farsi strada anche ora e qui, però sperando che ci sia un contesto diverso che si riesca a creare anche noi donne dove poter avere uno spazio più umano non solo per noi, anche per l'uomo, chiaramente, anche se ora penso più a me che a loro.