Rivista Anarchica Online
Dalla teoria alla prassi
a cura della Redazione
Gli anarchici sono tutti maschilisti fallocratici come la buon anima di P. J. Proudhon? Abbiamo
voluto intervistare alcune compagne anarchiche su questo e altri problemi (più seri). Stefania e
Rossella sono militanti da molti anni; Tiziana, Daniela e Loredana sono giovani compagne che
si sono avvicinate al movimento anarchico più recentemente. Le domande che abbiamo posto
loro sono le seguenti:
1. Tu sei donna, ma sei anche anarchica. Hai cioè fatto una scelta di fondo, etica e politica, agisci
per raggiungere il fine di cambiare la società. Credi che il tuo essere donna venga schiacciato dal
tuo essere anarchica? Credi cioè che esista solo un modello maschile del fare politica o pensi che
esista la possibilità di conciliare in modo armonioso questi due aspetti?
2. È cosa risaputa che nei partiti e nelle organizzazioni politiche autoritarie la donna ha sempre
avuto un ruolo subalterno. Nel movimento anarchico, in cui non esistono strutture gerarchiche
istituzionalizzate, come ti sei trovata? Hai avuto problemi di inserimento in quanto donna? Hai
avuto difficoltà a trovare una tua collocazione, una tua attività?
3. Cosa pensi dei movimenti femministi, in positivo e in negativo.
Tiziana, 19 anni - studentessa
Forse proprio perché ho vissuto l'esperienza femminista ritengo possibile la completa risoluzione
dei conflitti basati sull'autorità e quindi la realizzazione di una società diversa, solo attraverso una
scelta rivoluzionaria rivalutante l'individuo in sé, che né rinchiuda le donne in un "piccolo ghetto"
fine a se stesso, né le strumentalizzi in un movimento più ampio che riflette schemi, autoritarismi e
ideologie maschili. Una scelta che non priorizzi quindi l'uno o l'altro dei due mitici conflitti uomo-donna e sfruttatore-sfruttato, individuati da una parte del movimento femminista come principali,
ma che ipotizzi la completa eliminazione di entrambe in un'ottica realmente libertaria, anarchica.
Evidentemente solo così può essere eliminato, attraverso una reale coerenza tra fini e mezzi, un
modello maschile (o femminile) di fare politica, per lasciare spazio all'individuo.
Se la teoria è facilmente assimilabile, la realtà risulta ben diversa. Nel movimento anarchico mi è
stato impossibile inserirmi come persona: mi sono scontrata con schemi e pregiudizi biecamente
maschili, che credevo inesistenti in questo ambito, mascherati da un alone di formale rispetto e
inesistente amicizia. L'atteggiamento nei miei confronti è sempre stato "diverso", proprio in
quanto donna. Ciò significa che i compagni del mio gruppo, tutti uomini purtroppo, nemmeno
attraverso una teoria e una pratica anarchiche sono riusciti a liberarsi da questi stereotipi
comportamentali imposti loro da un'educazione autoritaria. Anche sulla base di ciò credo che
alcune tematiche femministe, interpretate però su basi logicamente diverse, possano rappresentare
anche per gli anarchici un momento di riflessione e di ipotetico cambiamento il meglio.
Il mio giudizio sui movimenti femministi è comunque subordinato a ciò che oggi sono diventati:
fatiscenti, integrati dalle strutture statali e partitiche e comunque assorbiti da quegli schemi
organizzativi maschili prima rifiutati ed esclusi.
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