Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 72
febbraio 1979 - marzo 1979


Rivista Anarchica Online

Un pesce fuor d'acqua
a cura della Redazione

Gli anarchici sono tutti maschilisti fallocratici come la buon anima di P. J. Proudhon? Abbiamo voluto intervistare alcune compagne anarchiche su questo e altri problemi (più seri). Stefania e Rossella sono militanti da molti anni; Tiziana, Daniela e Loredana sono giovani compagne che si sono avvicinate al movimento anarchico più recentemente. Le domande che abbiamo posto loro sono le seguenti:

1. Tu sei donna, ma sei anche anarchica. Hai cioè fatto una scelta di fondo, etica e politica, agisci per raggiungere il fine di cambiare la società. Credi che il tuo essere donna venga schiacciato dal tuo essere anarchica? Credi cioè che esista solo un modello maschile del fare politica o pensi che esista la possibilità di conciliare in modo armonioso questi due aspetti?

2. È cosa risaputa che nei partiti e nelle organizzazioni politiche autoritarie la donna ha sempre avuto un ruolo subalterno. Nel movimento anarchico, in cui non esistono strutture gerarchiche istituzionalizzate, come ti sei trovata? Hai avuto problemi di inserimento in quanto donna? Hai avuto difficoltà a trovare una tua collocazione, una tua attività?

3. Cosa pensi dei movimenti femministi, in positivo e in negativo.

Daniela, 18 anni - studentessa-lavoratrice

Prima di rispondere alle domande vorrei anticipatamente scusarmi per il limite che le risposte possono avere, del resto lo spazio a disposizione è quello che è altrimenti avrei senz'altro potuto soffermarmi di più e fornire un'analisi più completa.

Io credo che un individuo, sia esso uomo o donna, può scegliere e capire le proprie esigenze e può cercare il modo migliore per esprimerle e soddisfarle. Quindi il mio essere donna non può essere schiacciato dal mio essere anarchica dal momento che è stata una mia esigenza in quanto individuo-donna a farmi fare questa scelta e se fossi stata individuo-uomo sarebbe valsa la stessa cosa proprio perché sono partita dalle mie esigenze soggettive e non dal mio sesso. Di conseguenza non credo che esista solo un "modello maschile" di fare politica proprio perché è nel nostro essere la capacità di scegliere gli atteggiamenti e i metodi di comportamento che più si conformano a noi in quanto soggetti e quindi di conciliare armonicamente le due cose.

Come mi sono trovata nel movimento anarchico? Credo proprio come un pesce fuor d'acqua e con notevoli problemi di inserimento che però ribadisco non ho in quanto donna, bensì in quanto individuo. Credo infatti che sia una caratteristica comune a qualsiasi persona, sia essa uomo o donna, sentirsi spaesata e avere difficoltà di inserimento all'interno di un movimento che ha già una sua dinamica, una sua impostazione e una sua metodologia di lavoro. Per cui, cosciente di questo, la cosa più corretta da fare mi è sembrata quella di lasciare trascorrere un periodo di tempo, chiamiamolo così di assestamento, per ambientarmi e prendere visione dei meccanismi di lavoro senza correre il rischio di sconvolgere con critiche avventate l'armonia che già esisteva tra quei compagni che già avevano dei ruoli ben precisi. Sono stata aiutata in questo dalla convinzione che il tempo avrebbe risolto questi problemi, non ho preteso dagli altri l'alternativa servita su un piatto d'argento e non ho voluto veder subito il palmo della mano pieno di risultati, rendendomi conto che come serviva a me il tempo di inserirmi serviva agli altri quello di accettarmi. Rispetto l'ultima domanda ritengo di aver trovato una mia attività però non sento ancora mia una collocazione. Mi spiego. L'attività che svolgo è generica e non offre momenti specifici di dibattito in cui poter crescere (che sarebbero poi la collocazione) ed ecco che mi ritrovo a vendere riviste, a discutere di scuola, a ciclostilare, senza però il momento specifico di confronto sul quadro generale della situazione, affidando la crescita solo a me stessa, che, di per sé, può essere positivo, ma che senza confronto rischia di farmi andare avanti a senso unico.

L'unica cosa che ritengo positiva dei movimenti femministi è quella di avere evidenziato con le loro lotte una serie di problemi (essenzialmente l'aborto e i consultori), che il resto del "movimento in generale" non si è mai preoccupato di trattare nello specifico, come fa invece per tanti altri. Solo che questo fatto positivo fa prendere visione di tutta una serie di critiche negative che vanno rivolte alle femministe. Con questa scelta infatti, secondo me, si sono ghettizzate ancor più di quanto lo erano prima, rendendo parziale la loro lotta, considerandosi come classe sociale a sé stante, accanendosi contro l'uomo e usando mezzi a mio avviso più che scorretti. Ritengo questa loro scelta sbagliata perché, in quanto anarchica nella lotta che svolgo cerco sempre di essere poliedrica ovvero di considerarne i vari aspetti, non mi accanisco contro l'uomo non ritenendolo il mio obiettivo principale che identifico nello stato, e non mi considero classe sociale perché la mia lotta di individuo sfruttato al fine della propria emancipazione, la porto avanti con tutti gli individui sfruttati siano questi donne o uomini. Visto che gli uomini secondo me vivono anch'essi pesanti contraddizioni e non sono immuni da sfruttamento. Infine se identifico nello stato il mio principale oppressore, ritengo chiaramente antitetico far uso delle "sue" istituzioni. L'aborto libero e gratuito è una gran bella cosa ma una legge per quanto buona possa essere è sempre una legge e in quanto tale pone delle limitazioni.