Rivista Anarchica Online
Un pesce fuor d'acqua
a cura della Redazione
Gli anarchici sono tutti maschilisti fallocratici come la buon anima di P. J. Proudhon? Abbiamo
voluto intervistare alcune compagne anarchiche su questo e altri problemi (più seri). Stefania e
Rossella sono militanti da molti anni; Tiziana, Daniela e Loredana sono giovani compagne che
si sono avvicinate al movimento anarchico più recentemente. Le domande che abbiamo posto
loro sono le seguenti:
1. Tu sei donna, ma sei anche anarchica. Hai cioè fatto una scelta di fondo, etica e politica, agisci
per raggiungere il fine di cambiare la società. Credi che il tuo essere donna venga schiacciato dal
tuo essere anarchica? Credi cioè che esista solo un modello maschile del fare politica o pensi che
esista la possibilità di conciliare in modo armonioso questi due aspetti?
2. È cosa risaputa che nei partiti e nelle organizzazioni politiche autoritarie la donna ha sempre
avuto un ruolo subalterno. Nel movimento anarchico, in cui non esistono strutture gerarchiche
istituzionalizzate, come ti sei trovata? Hai avuto problemi di inserimento in quanto donna? Hai
avuto difficoltà a trovare una tua collocazione, una tua attività?
3. Cosa pensi dei movimenti femministi, in positivo e in negativo.
Daniela, 18 anni - studentessa-lavoratrice
Prima di rispondere alle domande vorrei anticipatamente scusarmi per il limite che le risposte
possono avere, del resto lo spazio a disposizione è quello che è altrimenti avrei senz'altro potuto
soffermarmi di più e fornire un'analisi più completa.
Io credo che un individuo, sia esso uomo o donna, può scegliere e capire le proprie esigenze e
può cercare il modo migliore per esprimerle e soddisfarle. Quindi il mio essere donna non può
essere schiacciato dal mio essere anarchica dal momento che è stata una mia esigenza in quanto
individuo-donna a farmi fare questa scelta e se fossi stata individuo-uomo sarebbe valsa la stessa
cosa proprio perché sono partita dalle mie esigenze soggettive e non dal mio sesso. Di
conseguenza non credo che esista solo un "modello maschile" di fare politica proprio perché è nel
nostro essere la capacità di scegliere gli atteggiamenti e i metodi di comportamento che più si
conformano a noi in quanto soggetti e quindi di conciliare armonicamente le due cose.
Come mi sono trovata nel movimento anarchico? Credo proprio come un pesce fuor d'acqua e
con notevoli problemi di inserimento che però ribadisco non ho in quanto donna, bensì in quanto
individuo. Credo infatti che sia una caratteristica comune a qualsiasi persona, sia essa uomo o
donna, sentirsi spaesata e avere difficoltà di inserimento all'interno di un movimento che ha già
una sua dinamica, una sua impostazione e una sua metodologia di lavoro. Per cui, cosciente di
questo, la cosa più corretta da fare mi è sembrata quella di lasciare trascorrere un periodo di
tempo, chiamiamolo così di assestamento, per ambientarmi e prendere visione dei meccanismi di
lavoro senza correre il rischio di sconvolgere con critiche avventate l'armonia che già esisteva tra
quei compagni che già avevano dei ruoli ben precisi. Sono stata aiutata in questo dalla
convinzione che il tempo avrebbe risolto questi problemi, non ho preteso dagli altri l'alternativa
servita su un piatto d'argento e non ho voluto veder subito il palmo della mano pieno di risultati,
rendendomi conto che come serviva a me il tempo di inserirmi serviva agli altri quello di
accettarmi. Rispetto l'ultima domanda ritengo di aver trovato una mia attività però non sento
ancora mia una collocazione. Mi spiego. L'attività che svolgo è generica e non offre momenti
specifici di dibattito in cui poter crescere (che sarebbero poi la collocazione) ed ecco che mi
ritrovo a vendere riviste, a discutere di scuola, a ciclostilare, senza però il momento specifico di
confronto sul quadro generale della situazione, affidando la crescita solo a me stessa, che, di per
sé, può essere positivo, ma che senza confronto rischia di farmi andare avanti a senso unico.
L'unica cosa che ritengo positiva dei movimenti femministi è quella di avere evidenziato con le
loro lotte una serie di problemi (essenzialmente l'aborto e i consultori), che il resto del
"movimento in generale" non si è mai preoccupato di trattare nello specifico, come fa invece per
tanti altri. Solo che questo fatto positivo fa prendere visione di tutta una serie di critiche negative
che vanno rivolte alle femministe. Con questa scelta infatti, secondo me, si sono ghettizzate ancor
più di quanto lo erano prima, rendendo parziale la loro lotta, considerandosi come classe sociale a
sé stante, accanendosi contro l'uomo e usando mezzi a mio avviso più che scorretti. Ritengo
questa loro scelta sbagliata perché, in quanto anarchica nella lotta che svolgo cerco sempre di
essere poliedrica ovvero di considerarne i vari aspetti, non mi accanisco contro l'uomo non
ritenendolo il mio obiettivo principale che identifico nello stato, e non mi considero classe sociale
perché la mia lotta di individuo sfruttato al fine della propria emancipazione, la porto avanti con
tutti gli individui sfruttati siano questi donne o uomini. Visto che gli uomini secondo me vivono
anch'essi pesanti contraddizioni e non sono immuni da sfruttamento. Infine se identifico nello stato
il mio principale oppressore, ritengo chiaramente antitetico far uso delle "sue" istituzioni. L'aborto
libero e gratuito è una gran bella cosa ma una legge per quanto buona possa essere è sempre una
legge e in quanto tale pone delle limitazioni.
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