Rivista Anarchica Online
Dal carcere di Pisa
di Una proletaria prigioniera - febbraio 1979
Il carcere di Pisa è uno dei tanti kampi cosiddetti normali dove si stanno svolgendo lavori di
ristrutturazione.
In questo caso tali lavori comprendono sia la sezione femminile che il centro clinico, per una spesa
totale di un miliardo e trecento milioni. Riguardo al Centro Clinico esso sarà il più grande (almeno
da Roma in su) ed il più attrezzato, in grado cioè da permettere anche lo svolgimento di
operazioni chirurgiche. Il carcere di Pisa è già da considerarsi da tempo un carcere di punizione e
a massima sicurezza. La sezione femminile, terminati i lavori, sarà una nuova sezione speciale.
Ultimamente anche il gen. Dalla Chiesa ed alcuni suoi degni compari ministeriali sono venuti a
rimirare l'"opera".
Sono più di sei mesi che sono iniziati tali lavori, ad un livello così spudorato che la sezione
femminile stessa non è stata neanche fatta sgombrare, se non parzialmente. Per cui le detenute
sono costrette a vivere tra la sporcizia ed in mezzo alle macerie ed alla calce, in questa specie di
fortezza-cantiere, con un via vai continuo di operai (guardie, esterni e detenuti), costrette a
spostarsi in continuazione da una cella all'altra, per via dei lavori di demolizione e ricostruzione, a
subire durante tutta la giornata rumori "impossibili" di martelli pneumatici, picconi e simili.
Entro la fine del mese i lavori nella sezione femminile dovrebbero essere ultimati e diverse
detenute considerate "super-pericolose" sono già in arrivo da altri lager. L'intera sezione è
composta da 2 piani, nei quali sono riunite 25 celle e da locali al piano terra adibiti ad uso delle
guardiane, chiesa, docce ed ambulatorio. Le celle sono tutte singole e munite di doppie porte,
ristrutturate in modo orribile e irrazionale, piccolissime, freddissime, con servizi schifosi che
neanche sono stati approntati che già non funzionano, persino le lampadine sono blindate. Entro la
fine del mese le celle saranno chiuse quasi per tutta la giornata, anche durante i pasti (non
essendoci neanche un refettorio) ad eccezione per due scopine. Anche il cortile, prima abbastanza
spazioso, verrà chiuso e al suo posto utilizzato una specie di quadrato di cemento di 5 metri per 5.
Telecamere stanno per essere installate all'entrata della sezione.
I colloqui si svolgono con gravi disagi sia per le detenute che per i visitatori, nella "sala colloqui"
se ne può svolgere uno alla volta, che è anche auditivo, in quanto la stessa è piccolissima. Ogni
tipo di oggetto possibile, proveniente dall'esterno può essere a capriccio del brigadiere,
provocatoriamente vietato, senza altra regola che l'arbitrio dello stesso. Non esiste né nido, né
infermeria. Cancelli a sbarre sono stati installati un po' ovunque, tanto per peggiorare l'"estetica".
Le possibilità di lavoro sono minime, le lavoranti sono due "scopine", ma in realtà una si occupa
delle pulizie interne alla sezione, l'altra svolge due o tre lavori, con la paga di uno (uffici-sezione-lavare e stirare per il direttore, ecc.). La sorveglianza è effettuata da guardiane in turni di due alla
volta, il controllo, giorno e notte è continuo.
Il direttore, dottor. Forte, non si vede quasi mai. La gestione è per lo più dominio del brigadiere
D'Angelo, ben noto come "sputafuoco", ribattezzato dalle detenute "Gestapo". Non usa
verniciatura demokratica, né si appella ai regolamenti. Il metodo usato è quello rozzo e
terroristico del ricatto e della minaccia continua, per chi si lascia intimidire, oppure viene usato il
metodo "del bastone e della carota", minacce e contentini ecc. (almeno per ora, dato che vogliono
evitare grane finché i restauri non verranno ultimati). Già da tempo si sa che per diverse detenute
sono stati usati mezzi di contenzione e operati pestaggi dalla ben nota squadretta locale - che
viene in sezione con pretesti di ogni genere, tanto per provocare ulteriormente. L'anno scorso una
detenuta (Rescinito Alessandra), incinta di due mesi, abortì in seguito a percosse, all'interno del
carcere stesso - tanto per citare un singolo episodio.
Le detenute sono ora cinque/sei, o politiche o provenienti da altri carceri per punizione in seguito
a protesta. Dato il numero irrisorio delle stesse, durante tutto il periodo di ristrutturazione, quindi
i "rapporti di forza" sproporzionati e anche per contraddizioni esistenti sui metodi da adottare per
portare avanti un'azione comune allo scopo di smascherare il progetto di ristrutturazione
repressiva e la gestione del Kampo, non è stato possibile intraprendere finora alcuna forma di
lotta. Di più non posso dire in quanto sono stata recentemente trasferita per cure mediche e mi
trovo attualmente in un altro lager di Stato.
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