Rivista Anarchica Online
Fieri di essere colpevoli
di Horst Fantazzini
Da un letamaio chiamato "Centro clinico" - Regina Coeli, 23.2.'79.
Le carceri speciali sono sempre esistite, la loro storia è parallela a quella del potere. Varia,
razionalizzandosi, la "specialità" della detenzione. Prometeo, incatenato alla roccia e maledicente
gli Dei, è simbolo di insubordinazione al potere, è simbolo di carcerazione speciale.
L'insubordinazione al potere prevede trattamenti speciali, essa non è la medesima cosa di
trasgressione alle leggi: quest'ultima è "conciliabile", l'altra è un atto di guerra.
Ogni istituzione totale è area privilegiata del potere - di tutti i poteri - ove operare, con i mezzi più
svariati, sui "devianti" onde riportarli nella norma, vale a dire all'accettazione di quelle Leggi che
sanciscono il dominio d'una classe o d'un partito sul resto dei cittadini.
I "devianti" si diversificano in due categorie: relativi ed assoluti. È deviante relativo colui che si
assoggetta alla punizione accettandone la logica spersonalizzante, colui che collabora al proprio
"recupero" sociale. È deviante assoluto il ribelle, il compagno, il rivoltoso, quei magnifici proletari
il cui percorso carcerario è sempre stato speciale. Per anni, la diversificazione del "trattamento" è
stata esercitata in modo più o meno clandestino, comunque essa non era avallata da nessuna
legislazione "scritta". I ribelli, i compagni, gli irriducibili, erano affidati a direttori "volonterosi"
cui spettava il compito di "domarli". Le nostre "carceri speciali", per anni, erano Volterra, Lecce,
Alghero, Spoleto, l'Asinara, la "Casa di cura" di Aversa... ecc.
Con l'accentuarsi della crisi economica, la diffusione dei comportamenti "illegali" di massa, la
diffusione di una gioventù aliena a lasciarsi espropriare quotidianamente la propria gioia di vivere,
il fenomeno della lotta armata, si sono ingrossate le file dei devianti assoluti e la risoluzione del
problema non poteva più essere lasciata allo zelo di questo o quel direttore, funzionari o altri boia
di Stato. Il problema era politico e doveva essere risolto come tale.
Con la "riforma" del 1975 è stato introdotto, per la prima volta, il principio del "trattamento
differenziato", l'atto di nascita ufficiale e legale delle "carceri speciali". Il "blitz" del super-generale
Dalla Chiesa, nel luglio '77, ci ha trovati impreparati per la rapidità e segretezza tramite le quali
2.000 proletari furono deportati, in due giorni, nei lager speciali allestiti con estrema
"riservatezza".
Si era aperta una nuova fase, il potere avevo operato un salto di qualità, dovevamo imparare a
vivere, resistere e lottare, in condizioni completamente diverse da quelle del passato. Dieci anni di
lotte all'interno delle carceri, durante le quali avevamo espresso livelli di scontro altissimi, con
carceri bruciate, distrutte, compagni morti, evasioni di massa, secoli di galera distribuiti ai
rivoltosi, erano ormai storia del passato.
La nuova fase imponeva serie analisi, riflessioni, organizzazione di massa, per innescare nel
"circuito speciale" un processo irreversibile di lotte che non dovevano, come nel passato, esaurirsi
in violente "fiammate" di breve durata, ma diventare una spirale continua d'antagonismo contro il
potere, una lotta complessiva nella quale il carcere, che aveva sempre espresso antagonismo
parziale, doveva ricomporsi con le proprie realtà esterne, con i propri referenti di classe, in una
lotta che deve trovare uniti tutti quegli strati sociali che, maggiormente colpiti dalla crisi e dalle
esclusioni sociali, sono soggetto antagonista al forzato programma di "pace sociale", vera
lagerizzazione di massa tramite le mille prigioni sociali del nostro vivere quotidiano.
Prometeo, nella sua lotta solitaria, esprime l'irriducibilità dell'individuo al potere. Noi devianti
assoluti, proletari antagonisti senza mediazioni al potere, non dobbiamo crogiolarci nella nostra
irriducibilità, ma unirci tra noi, dentro e fuori dalle carceri, per ingaggiare una lotta di lunga durata
contro i nostri comuni nemici. In prima persona e con gli altri. Senza pretese di "guidare" e
neppure delegando ad altri i nostri compiti. Organizzarci, quindi. Ma come?
Il ciclo di lotte iniziate nell'estate '78 all'Asinara e proseguite per mesi, allargandosi a macchia
d'olio e coinvolgendo tutti gli speciali e molte carceri cosiddette normali, sono state un momento
importantissimo sia come lavoro rivoluzionario di massa sia come indicazioni per il futuro. Il
potere, preso alla sprovvista dalla continuità e dal livello di queste lotte, ha adottato una linea
apparentemente "morbida", momento tattico per guadagnare tempo e prepararsi al passaggio di
una nuova fase di gestione maggiormente razionale.
Questo momento di apparente debolezza del potere ha determinato un eccesso di ottimismo
facendo fiorire slogans trionfalistici quali "Potere rosso all'interno dei lager", che non avevano e
non hanno una reale corrispondenza nella realtà.
Gli spazi conquistati, se non sono radicati dal coinvolgimento di larghi settori popolari, possono
essere risucchiati facilmente dal potere. L'attuale mese (febbraio '79) segna l'inizio di un
mutamento di "gestione" del carcerario.
L'arresto in massa di compagni/e dei vari collettivi carceri e di familiari di detenuti, colpevoli di
essere la nostra "voce" nel movimento esterno svolgendo attività di informazione -
controinformazione, è un fatto di estrema gravità, com'è estremamente preoccupante il fatto che
questa intimidazione del potere (arrestarne 30 per intimorirne 3 mila) abbia potuto essere
realizzata senza sollevare grande "scandalo" verso un'operazione banditesca di questo stampo.
Quest'operazione "Terra bruciata" intorno alle carceri speciali è stata agevolata da vari errori
politici commessi all'interno dei lager.
I Comitati di Lotta (C.d.L.), nati all'Asinara durante il mese di settembre '78 come necessità
organizzativa di massa, hanno finito con l'assumere la forma politico-organizzativa
dell'Organizzazione Comunista Combattente (O.C.C.) che, in quel lager, ha saputo esprimere
maggiormente la propria capacità organizzativa ponendosi come direzione delle lotte. Si assiste
così ad una teorizzazione che porta ad un errore tattico estremamente ingenuo.
La contraddizione è questa: i C.d.L. sono, in teoria, organismi di massa aperti a tutti i proletari
prigionieri che intendono esprimere il loro antagonismo al potere facendosi carico delle lotte
all'interno dei lager. Allo stesso tempo però essi (i C.d.L.) debbono essere "articolazione" del
costruendo Partito Combattente e dovrebbero funzionare secondo gli schemi del "centralismo
democratico". È chiaro, quindi, che la direzione dei C.d.L. dev'essere in mano ai compagni
dell'O.C.C. che lavorano per la costruzione del P.C.. Da un lato, quindi, si afferma nei documenti
ufficiali delle B.R. che il P.C., che sarà clandestino, non potrà essere un organismo di massa.
Dall'altro lato, nello "statuto" dei C.d.L. si afferma che essi sono un organismo di massa ma che
"debbono essere articolazione del costruendo P.C."....
L'errore tattico, invece, (errore che a mio avviso ha agevolato l'operazione "terra bruciata" portata
avanti dalla Digos) sta in questo: il voler comprimere lotte e organismi di massa nella struttura di
una O.C.C. clandestina, permette agli sgherri del potere di criminalizzare chiunque (familiari,
collettivi carceri, radio private, strutture di controinformazione del movimento) esprime appoggio
e solidarietà alle lotte del proletariato prigioniero, divulgandone le lotte ed i documenti. Sui
C.d.L., sulla loro struttura e funzione, il dibattito è accesissimo all'interno dei lager di Stato.
Noi compagni anarchici, unitamente a compagni dell'autonomia ed ai vari compagni comunisti e
proletari prigionieri particolarmente ribelli e coscienti, ci stiamo battendo per la costruzione di una
linea organizzativa realmente di massa che - soprattutto - sia espressione dei bisogni reali del
proletariato prigioniero, dei nostri bisogni di libertà, autonomia, comunismo. Noi non portiamo
avanti un discorso "avanguardistico", tanto caro ai cripto-leninisti, quindi il nostro referente
esterno non è dato da questa o da quello O.C.C. (delle quali applaudiamo le azioni sul fronte
antiguerriglia-carceri, ma rifiutando la loro volontà egemonizzatrice sul proletariato prigioniero),
bensì dal movimento rivoluzionario diffuso che esprime quotidianamente il proprio dissenso attivo
- con ogni mezzo - al nauseabondo dominio del capitale.
Nostro obiettivo immediato, come movimento dei proletari prigionieri, è di cercare e creare
collegamenti, dibattiti, discussioni con tutto il tessuto sociale antagonista (quartieri ghetto, scuole,
emarginati, lavoratori precari, schiavi del lavoro nero, disoccupazione giovanile, ecc.) che, come
noi, hanno da perdere solo le loro catene e portano nel cuore un mondo nuovo da edificare.
Questo lavoro di ricomposizione tra carcere e territorio sarà difficoltoso e lungo, ma è l'unica
strada vincente. La liberazione delle masse sfruttate non può avvenire che da una lotta portata
avanti e gestita dagli sfruttati stessi. Le pretese avanguardiste, di essere guida e coscienza delle
masse, hanno già dato i loro frutti storici e sono frutti amari.
Altro nostro obiettivo, come compagni anarchici, è di intervenire all'interno del movimento
anarchico. Smuoverne le acque stagnanti. Incentivare i comportamenti realmente sovversivi, sia
pure a leggero discapito di una purezza ideologica che, pur piacendo tanto ai nostri intellettuali, è
scarsamente incidente sulle realtà sociali che ci circondano. Vogliamo obbligare il movimento
anarchico a prendere atto che nei lager di Stato ci sono anche compagni anarchici. Compagni che
non intendono ricoprire il ruolo che da troppi anni sembra essere l'unico accettato dagli anarchici
incarcerati: innocenti e vittime del potere (ma è un pregio, per un rivoluzionario essere innocente
verso il potere?).
Noi siamo fieri d'essere colpevoli verso lo Stato, non ci lamentiamo di marcire nei lager,
combattiamo quotidianamente con ogni nostro mezzo per la libertà e per la rivoluzione sociale.
E che questa "provocazione" serva almeno ad innescare una piccola polemica tra di noi: una
polemica, se portata avanti coscientemente e con animo sgombro da pregiudizi, può anche
diventare ricerca e quindi avvicinamento ad una verità che è reciproco arricchimento.
Saluti rivoluzionari!
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