Rivista Anarchica Online
Organizzazione medica e territorio
a cura della Redazione
Già da alcuni anni la medicina tende ad uscire dal ruolo che le era assegnato nel mondo
occidentale, URSS compresa, un ruolo prevalentemente terapeutico e di terapia parcellizzata. Un
importante saggio di Foucault, Nascita della clinica, documenta le cause che avevano portato nei
secoli la medicina all'assunzione di questo ruolo, e contemporaneamente denuncia la crisi della
clinica. Le lotte dei lavoratori nell'ambiente di vita (il quartiere), il lavoro (la fabbrica) e di cura
(l'Ospedale), accelerano la maturazione di critiche radicali all'attuale organizzazione della medicina
in luoghi separati (l'Ambulatorio della condotta medica; l'Ospedale, la Clinica Universitaria) e
pongono problemi dei servizi territoriali e dei settori sanitari: si sottolinea l'esigenza di collegare
medicina e territorio, di superare la frantumazione causata dalla differenziazione dei ruoli medici,
la necessità del collegamento organico fra i vari operatori sanitari.
Nel contesto di quelle critiche si è ormai da tempo reso evidente il legame medicina-malattia-alimentazione. La nostra analisi non fa dunque che riassumere conclusioni note: la maggior parte
delle malattie è strettamente legata all'assenza o alla superficialità con cui si fa della prevenzione
primaria e secondaria; l'alienazione deriva spesso dalle modalità seguite nel formulare, comunicare
ed utilizzare la diagnosi, nonché dai luoghi e dai modi con i quali viene fatta terapia.
La prevenzione primaria
Il termine "prevenzione primaria" è inteso come sinonimo di "diagnosi precoce". Invece significa
ben altro: significa promuovere tutte quelle iniziative che garantiscono la salute fisica e mentale, e
rimuovere tutte le cause note della malattia. In pratica si intende per prevenzione primaria:
- garantire ad ogni essere umano, fin dal momento del suo concepimento, tutte le condizioni -
economiche, ambientali, sociali - per uno sviluppo pieno ed armonico;
- fornire occasioni di educazione sanitaria e informare la popolazione così che ognuno si faccia
tutore della propria salute;
- individuare, ambiente per ambiente, le persistenti disfunzioni che portano alle minorazioni;
- denunciarle e rimuoverle.
È evidente dunque che la prevenzione primaria è solo parzialmente compito dei tecnici e degli
scienziati, poiché non è in loro potere, ad esempio, garantire condizioni economiche ed ambientali
favorevoli allo sviluppo della mente. Nel passato però si è verificata una curiosa rimozione,
secondo la quale i tecnici trattano le cause che non sono in loro potere come se esse non
esistessero, evitando anche quel lavoro di informazione, sensibilizzazione e denuncia che è invece
compito preciso dello specialista nel momento in cui formula una diagnosi e suggerisce una
terapia. L'esercito della medicina, della psicologia, della genetica, degli interventi socio-sanitari in
luoghi separati, ha ovviamente favorito i processi di rimozione e di scissione, che vanno dallo
specialista al territorio (lo specialista può individuare il nesso fra problemi, ma non ha presenti
tutti i problemi) e viceversa (la popolazione del territorio conosce tutti i suoi problemi, ma non ha
gli strumenti per vederne il nesso).
Il collegamento con il territorio è parte essenziale del problema della salute. Alcuni problemi
debbono essere affrontati anche tenendo presente l'esistenza delle malattie, sebbene non siano di
competenza del tecnico.
Il problema degli alloggi: è impensabile una prevenzione primaria che non promuova in qualche
modo una battaglia per gli alloggi. Contemporaneamente, e con tutte le cautele con cui si
manovrano strumenti pericolosi, è necessario organizzare provvedimenti-tampone, quali i gruppi-appartamento, che, rispetto agli istituti, hanno almeno il vantaggio di essere inseriti nel quartiere e
di favorire tutti i rapporti sociali, compresi quelli con la famiglia. Va da sé che il gruppo-appartamento non si costituisce per tutta la provincia o per tutta la metropoli: è un tipo di servizio
"pronto intervento" da strutturare per quartiere, con un rapporto 1:25.000 abitanti. Esso peraltro
non dovrebbe essere altro che un momento provvisorio, un supporto per la famiglia che sta
risolvendo il problema alloggio o che ha altre temporanee difficoltà.
L'uso dei servizi territoriali
L'uso delle strutture presenti sul territorio di residenza del malato presenta vantaggi e problemi. È
la condizione ineliminabile per avviare qualunque discorso di integrazione, in quanto è il mezzo
che consente al malato di avere con la comunità scambi completi e reali, di modificarla facendo
presenti i suoi bisogni e di modificarsi secondo i limiti imposti dalla stessa comunità.
Quali strutture territoriali sono indispensabili per garantire sin da ora (prima cioè di una completa
autogestione territoriale) la permanenza attiva della persona malata nel suo territorio?
Ne indichiamo alcune che ci sembrano particolarmente importanti:
- poliambulatori, comprendenti anche servizi di terapia riabilitativa, che possono operare a
domicilio, nel quartiere o nelle scuole. Per i bambini i servizi fondamentali sono i seguenti:
ortottia; otofoniatria e rieducazione del linguaggio; fisioterapia e psicomotricità; psicoterapia;
- attrezzature per il tempo libero (parchi, campi gioco custoditi, palestre fruibili gratuitamente a
tutte le ore, piscine, centri di arte e artigianato, centri culturali aperti) con la doppia funzione di
momenti di socializzazione, aggregazione e stimolazione, da un lato, e di ulteriore
"alleggerimento" del nucleo dall'altro;
- servizi di assistenza a domicilio, infermieristica e di collaborazione familiare, gratuiti, per
tamponare situazioni di emergenza: malattie del bambino, o dell'anziano, e così via;
- servizi per la formazione degli adulti;
- collegamento delle varie strutture, attraverso comitati di quartiere o altre forme partecipative,
fra di loro, con la realtà del territorio (popolazione, consigli di fabbrica, distretti scolastici,
comitati di caseggiato e così via) e con centri di ricerca più teorica ed allargata (università o
centro studi).
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