Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 76
estate 1979


Rivista Anarchica Online

Moneta e rivoluzione
di Franck Mintz

Immersi come siamo nella società dei consumi con le sue svariate sfaccettature nel mondo occidentale, in quello orientale e nei paesi in via di sviluppo, è stato per noi molto difficile comprendere e far comprendere il sistema organizzativo monetario durante la guerra civile spagnola.
È necessario innanzitutto conoscere nelle loro linee essenziali le idee che in proposito potevano avere i militanti anarcosindacalisti e di altre ideologie prima del 19 luglio 1936. Da parte marxista, nessun problema: come la scomparsa e il deperimento dello stato vengono rinviati ad una data imprecisa, così il sistema della moneta e delle differenze di salario vengono mantenuti da Marx e dai marxisti-leninisti. Marx e Lenin affermano anzi che le differenze tra il lavoro specializzato e quello non specializzato rimarranno ancora nel sistema socialista e anche dopo la soppressione delle classi.
In campo libertario invece, si possono notare due posizioni molto differenti. La prima è quella di Kropotkin ne "La conquista del pane" in cui è preconizzata la presa nel mucchio e la messa in comune delle ricchezze, con il rifiuto di qualsiasi possibilità di differenziazione di salario. La seconda mantiene la moneta e al tempo stesso i buoni di consumo, con lo scopo di sopprimere il carattere speculativo del risparmio, del prestito, ecc.; Pierre Besnard è quello che va più avanti nell'elaborazione di questo filone, pensando ad un sistema di salario nazionale che parte dai buoni e si basa su scambi internazionali eventualmente fondati sull'oro.
La pratica rivoluzionaria del 1933 e del 1934 chiarificò queste concezioni. Per esempio, durante il tentativo insurrezionale di tipo comunista-libertario in Aragona nel dicembre '33, la moneta fu abolita (Macario Rojo, Como implantamos el comunismo libertario en Mas de las Matas, Barcellona 1934, pag. 19). Tutto ciò è contemporaneamente imputabile agli articoli di Isaac Puente sul comunismo libertario, all'influenza di Kropotkin (molto letto in Spagna), alla tradizione comunalista e al rifiuto viscerale della politica borghese (da collegare senza dubbio alla tradizione religiosa, che vede nella moneta una fonte di perversione). Nel 1934, durante l'insurrezione volontariamente limitata delle Asturie, si constatò che spontaneamente sia nelle zone anarcosindacaliste sia in quelle socialiste e comuniste del Bloque Obrero y Campesino (in seguito incluso nel P.O.U.M., agglomerato di gruppi marxisti dissidenti, prima delle elezioni del '36) sia in quelle del P.C.E., i comitati avevano creato dei buoni affinché la popolazione potesse fare approvvigionamenti ed i commercianti li accettassero.
Queste due esperienze furono molto commentate in tutta la Spagna. Perfino i socialisti ed i comunisti del B.O.C. e del P.C.E. si meravigliarono (alla faccia del marxismo-leninismo-stalinismo) della capacità dei lavoratori asturiani in campo monetario. Anche fra gli anarchici la visione di Besnard (e di Leval) di un salario e di una moneta purgati dei loro aspetti speculativi prevalse su quella di Kropotkin e di Puente che puntava alla soppressione della moneta. Il congresso della C.N.T. del maggio '36, approvando una mozione sul comunismo libertario contenente una formula ambigua basata sul "libretto dei lavoratori", non si espresse chiaramente in merito. Del resto, a parte le mozioni citate da Antonio Elorza sulla "Revista del trabajo" n.32, le altre vanno da un rifiuto dichiarato ad un rifiuto appena accennato. Si può valutare la maturità di espressione pre-rivoluzionaria leggendo il progetto "di riforma monetaria e schema di circolazione fiduciaria in un'economia sociale" da me citato nel mio libro e che, secondo Valerio Mas che me lo ha fatto conoscere, fu iniziato ai primi del '36 a Granollers.

La guerra provoca tre differenti reazioni al problema della moneta. La prima, cronologicamente, è quella che ebbe luogo a Barcellona all'inizio dei combattimenti, dove i servizi pubblici (acqua, gas, elettricità) continuarono a funzionare e che gli approvvigionamenti elementari (pane, latte, ecc.) si continuarono a fare. Il che implicava la preparazione degli anarcosindacaliste e la previsione dei bisogni ("pane, la rivoluzione ha bisogno di pane!... Il nostro obiettivo sarà quello di fare in modo che fin dai primi giorni della rivoluzione e per tutta la sua durata a nessuno sul territorio insorto manchi il pane". Kropotkin, La conquista del pane).
In effetti durante questi primi giorni febbrili non vi sono delle rivendicazioni globali: ciascun collettivo fa l'inventario delle sue risorse e nel contempo si preoccupa di contribuire alla rivoluzione. Mi sembra che si possano distinguere due tendenze nell'ambito di una medesima attitudine riorganizzativa del ventaglio salariale (i salari alti dei direttori dei vice-direttori e degli impiegati onorifici vengono soppressi, quelli degli ingegneri e dei quadri intermedi vengono mantenuti mentre quelli dei manovali vengono alzati di molto). La prima tendenza è di lavorare meno e di guadagnare di più, cosa che la Generalità stimola con il suo decreto del 24 luglio 1936 - è simpatico notare che pur ridotti allo stato di fantasma giuridico, i catalanisti abbiano decretato la settimana di quaranta ore e il quindici per cento di aumenti salariali, nonostante che i bisogni rivoluzionari fossero tanti e che la Generalità non avesse nessun potere sulla Banca di Spagna. La seconda tendenza è quella di applicare il salario unico (come nei trasporti), il che presuppone che non vi possano essere né inflazione né mercato nero; anche se non fu assolutamente così né in Catalogna né nel resto della Spagna repubblicana. Evidentemente un salario unico non può essere fissato forzatamente una volta per tutte, ma allora venne concepito pensando che i prezzi restassero fissi.
La seconda reazione fu quelladelle collettività agricole dopo l'annuncio della vittoria a Barcellona e nella cosiddetta Spagna repubblicana. Anche in questo caso abbiamo due tendenze, il rifiuto della moneta (che in certi casi viene addirittura bruciata) con l'instaurazione della presa dal mucchio; la creazione di una moneta locale. Le differenze da posto a posto e le discussioni in assemblea generale per modificare il sistema sono riassunte in questa testimonianza dell'epoca: "tutto quello che è stato fatto, è stato fatto immediatamente e a titolo sperimentale. Durante i primi giorni sono stati distribuiti dei buoni che permettevano di acquistare ciò di cui si aveva bisogno. Più tardi è stata fatta della cartamoneta e ora abbiamo adottato il sistema del libretto del produttore. Finora è il migliore di quelli che abbiamo provato." (Bujalance, provincia di Cordoba, 25/9/'36). Manca solo un aumento delle risorse che permetta subito il comunismo nell'abbondanza, ma esse sono razionate in parti uguali per tutti.
Viene anche mantenuta la gerarchia maschilista. In un'economia non razionata l'uguaglianza si instaura di fatto tra le persone e i sessi. Nel determinare il libretto dei produttori, le collettività consideravano meno la donna dal momento che essa guadagnava meno dell'uomo. Gaston Leval afferma nell'edizione italiana del suo libro (1952): "nella metà circa delle collettività agricole, il salario attribuito alle donne era inferiore a quello dell'uomo, nell'altra metà era equivalente; queste esperienze si possono spiegare considerando che raramente una donna giovane viveva sola.". Senza aver presente tutti i salari nelle diverse collettività, io non vedo quali collettività agricole applicassero l'uguaglianza salariale tra uomo e donna.
Questo fatto permette di riunire le due situazioni delle collettività urbane e agricole, dal momento che entrambe adottavano il salario familiare (variabile secondo il numero dei membri della famiglia), il quale sottintende l'istituzionalizzazione della famiglia, la cui evoluzione è sancita dal matrimonio e dalla nascita dei figli. Naturalmente la scala salariale era differente per gli uomini sposati, i celibi, le nubili, i bambini ed i vecchi (a volte separati). Un altro punto che unifica le due collettività è il problema degli scambi, dell'acquisto dei beni al di fuori delle collettività. In tutti i casi la stima-base era fatta in pesetas e l'accordo si faceva o con la moneta particolare della collettività o con baratto da collettività a collettività, finché ciò era possibile. Era di grave ostacolo la mancanza di dati statistici sui prodotti disponibili, sul mercato (sconvolto), sulle collettività della regione e sugli altri settori autogestiti.
Si arriva così naturalmente al terzo aspetto: la banca, che resta nelle mani dei (capitalisti) borghesi repubblicani, malgrado il progetto di conquistarla e l'esempio della requisizione della banca di Oviedo nel '34 (episodio che Federica Montseny sottolineava per mettre in risalto la grande coscienza rivoluzionaria in confronto con la Comune di Parigi, ne "La rivoluzione di ottobre. 15 giorni di comunismo libertario nelle Asturie" di Solano Palacio, se la memoria non m'inganna). Si può aggiungere che vi furono dei progetti e forse anche dei tentativi anarcosindacalisti di impadronirsi dell'oro della Banca di Spagna a Madrid (vedere Santillan, Garcia Oliver e il Durruti di Abel Paz) ma la collaborazione politica imposta dai dirigenti della C.N.T. e della U.G.T. resero instabile l'autogestione.

In questa situazione di doppio potere, fatale per l'autogestione come già avevano dimostrato gli esempi storici precedenti (Germania e Italia 1918-'20, U.R.S.S. 1917-'21), si nota contemporaneamente un'accentuazione del processo autogestionario. In Catalogna, una legge dell'ottobre '38 capovolge completamente l'esperienza sul terreno industriale, facendo dipendere le collettività dai crediti governativi ottenuti secondo il colore politico dei ministri e dei responsabili e quello delle collettività. In Aragona una statistica regionale degli stock e dei bisogni fu fatta e funzionò bene, ma a livello degli scambi interni alla provincia e all'esterno ci fu una confusione di competenze tra l'organismo responsabile degli acquisti all'esterno per conto delle collettività e certe collettività molto ricche che volevano commerciare direttamente, mentre esisteva una cassa di compensazione per le collettività povere.
Nella provincia di Valenza, la situazione divenne in breve tempo inestricabile a causa del partito comunista che propose un'organizzazione per l'esportazione degli agrumi in concorrenza con quella della C.N.T.-U.G.T. giungendo infine a contrasti insanabili che provocarono il rifiuto di scambi commerciali tra gli organismi autogestiti e quelli dipendenti dal partito comunista.
Per sopperire all'inerzia degli oppositori e dei nemici armati dell'autogestione, si assistè a relazioni economiche basate sulla politica e non sulla redditività: i reggimenti anarchici di Asco (provincia di Tarragona) ricevettero un aiuto finanziario dal sindacato dei barbieri di Barcellona, poiché un membro di questo sindacato si trovava convalescente in quella collettività, per acquistare una pompa elettrica, e la stessa collettività impiegava dei compagni del sindacato dei mattonai di Granollers in collettività per la raccolta delle olive. Si comprende che in un'atmosfera di sfiducia i rapporti personali offrono la garanzia necessaria, ma un minimo di coordinamento ci sarebbe potuto essere nel caso di Asco nell'ambito della stessa provincia. Ci sembra che questo caso debba essere riferito, perché i rapporti tra le federazioni di collettività risultino chiari.
La C.N.T., che non aveva voluto autogestire la Banca, si vide obbligata a crearne una per finanziare gli organi economici anarcosindacalisti. Riconoscendo che "l'ideale è la soppressione indiscutibile della moneta", si era proposta una banca con tre funzioni: banca per i sindacati, banca per i produttori (analoga alle attuali casse di risparmio), banca per il commercio estero (vedi Amezcua su "Solidaridad Obrera" del 16/2/'37, pag. 2). Questo progetto fu infine realizzato dal plenum economico ch'ebbe luogo nel gennaio '38 (la mozione è stata riprodotta nel terzo tomo, capitolo 1 de "La C.N.T. nella rivoluzione spagnola" di Peirats) e mi sembra che in pratica non sia mai stato reso effettivo.

A livello delle collettività sia industriali sia agricole è mia impressione che la situazione quotidiana del salario nell'ambito del libretto del produttore, del baratto e dell'uso della peseta per gli acquisti esterni (tenendo conto che la peseta risentì dell'aumento dei prezzi in tutta la zona repubblicana mentre i salari agricoli rimasero più o meno a livello della fine '36) non si modificò sensibilmente tra il '37 ed il '38 nell'Aragona e nella Catalogna e il '39 per le altre regioni. Era una situazione sempre incerta che si muoveva al vertice, non alla base. Le collettività gestivano la loro produzione e collaboravano allo sforzo bellico inviando gratuitamente al fronte una parte della loro produzione e, a volte, accogliendo dei rifugiati. Questo sforzo non era certo un investimento nel senso economico del termine. Bisognava vincere la guerra per rafforzare la rivoluzione, e per i comunisti si trattava di vincere la guerra per eventualmente cominciare la rivoluzione: in ogni caso i danni economici causati dal P.C.E. sia direttamente (attacchi contro l'autogestione in Aragona all'epoca della raccolta del grano) che indirettamente (sabotaggio della campagna di esportazione degli agrumi nel '37-'38) sono di difficile stima. Ma sarà necessario farli, per avere una visione finanziaria globale dell'autogestione. Questo adattamento, questa continuità della vita economica con o senza moneta, o con una moneta spogliata di valore speculativo, è la caratteristica più importante di questa esperienza. Ma di molte altre cose bisognerebbe trattare: la trasformazione dei ricchi in poveri (per esempio nei villaggi collettivizzati dell'Aragona dove la moneta locale e il libretto del produttore obbligavano i ricchi o ad entrare nella collettività o a vegetare); l'eventuale tesaurizzazione (ritorno della speculazione) in certe collettività e a certi livelli (i dirigenti costituivano l'embrione di una nuova classe?).
A mio avviso se nelle collettività agricole i ricchi subirono un cambiamento di condizione ciò fu possibile solo finché la C.N.T. e l'U.G.T. restarono unite e finché il P.C.E. creò una sezione dell'U.G.T. (dominata dal P.C.E.) che proteggeva i ricchi e i nemici dell'autogestione. Nelle città i ricchi furono poco colpiti. Per quel che riguarda il secondo punto, penso che nelle collettività agricole la maggior parte dei dirigenti fosse cosciente delle possibili deviazioni e stesse in guardia, mentre le collettività industriali erano molto meno protette - anche se non mi è possibile fornire alcuna percentuale.
Si può notare che gli scambi basati sul baratto sono ancora in vigore (nella maggior parte dei casi fra i paesi dell'est e quelli dell'ovest) e che se gli anarcosindacalisti avessero potuto mettere a punto il loro sistema (vedi l'esempio del progetto monetario) esso avrebbe potuto funzionare. Al contrario resta un punto oscuro quello del campione, della stima basata sulla peseta, forzatamente soggetta all'inflazione e dipendente dalla banca. Io non sono a conoscenza di un tentativo di stabilire gli scambi su un'altra base di calcolo (l'ora di lavoro di una collettività agricola in una certa regione; dei dati prefissati come il pane, il latte e la carne). Il domani dev'essere ancora esplorato.