Rivista Anarchica Online
Il diritto ai sentimenti
Cara Fausta, avevo letto con molto interesse il tuo articolo "Ruba compagno ruba" ("A"
75) ma sono state le
lettere pubblicate a questo proposito su "A" 77 che mi hanno spinto a scrivere la mia opinione in
merito. I compagni di Como sono scandalizzati dalla tua presa di posizione "piccolo-borghese".
Gerardo L., anche se in tutto il corso della sua lettera si distanzia molto dai primi, parla anche
dei limiti e dell'insufficienza di posizioni "moraliste" e "moralizzatrici". Su questo punto, quindi,
ecco un consenso largamente presente negli ambienti anarchici attuali che tende a rigettare,
senza discussione, tutto ciò che riguarda la "morale", qualificata come piccolo-borghese o con
altri termini altrettanto qualificanti. Io non posso più tacere il mio disaccordo sempre
più profondo con questa maniera di vedere le
cose. Non ci si rende conto che, avendo proclamato il marxismo come una "concezione del
mondo" sbagliata e dannosa, si fa in questo modo una corretta applicazione del suo metodo di
comprensione della società in cui viviamo? L'anarchismo, che dice di partire
dall'individuo concreto e di avere come scopo lo stesso
individuo, può praticare lo stesso metodo interpretativo di una dottrina che è innanzitutto una
lettura oggettiva della storia? Per parte mia, io penso che ciò che può distinguere
l'anarchismo
e gli anarchici è, tra l'altro, un atteggiamento diverso, lo spazio accordato al
soggettivo,
all'individuo concreto (e non alle astrazioni che portano il suo nome) e quindi anche ai
sentimenti ed ai valori. Se si proclama che i sentimenti e i valori non sono che manifestazioni
dell'"ideologia dominante", allora non vale più la pena parlare di liberazione totale, di
emancipazione, di disalienazione: si sceglierebbe "il partito più adatto a raggiungere gli scopi
storicamente stabiliti" e... l'anarchismo potrebbe essere gettato alle ortiche! "L'oggettivismo di
molti compagni mi fa anche paura per un'altra ragione. Io temo che molte
espressioni che noi utilizziamo siano, per loro, solo nozioni astratte: classe, potere, sfruttamento,
violenza, libertà. Io sono sempre più convinto che i rapporti autoritari sono da un lato i
rapporti
necessari tra le istituzioni e gli individui e dall'altro i rapporti tra individui indotti
dai primi. Per
questo si può parlare di potere in seno alla famiglia patriarcale e all'interno della scuola, e non
soltanto del potere del giudice o del poliziotto. E ancora, cosa si intende per "sfruttamento"? Chi
sfrutta chi? Si trova soddisfacente la
spiegazione dell'economia politica marxista del valore-lavoro e del plusvalore? E il "piccolo
padrone" che fallisce? E il "grande salariato" che prende le decisioni più importanti in seno alle
istituzioni o alle multinazionali? E i rapporti tra paesi "ricchi" e quelli "poveri"? E il
"compagno" che ruba ai compagni? Io penso che tutto questo non ha molto senso se non si
è degli individui liberati non soltanto dai
pregiudizi che ci vengono trasmessi dai codici sociali, ma anche delle persone che hanno
acquisito una coscienza morale derivata dalle concezioni più positive dell'utopia anarchica:
la
libertà, la diversità, la felicità, il mutuo appoggio. Se noi non crediamo
ad altri "mondi" che quello in cui viviamo, come si può essere così
imprudenti rispetto a tante "certezze" che ritornano costantemente nei nostri discorsi militanti?
Come "credere" talmente all'"anarchia", al "comunismo libertario", alla "società liberata dallo
stato e senza classi", ecc. - tutti concetti astratti e forse concretizzabili nell'avvenire - ed essere,
nello stesso tempo, così estranei tra noi e oggi? Così insensibili
all'infelicità della gente
concreta, così incapaci di stabilire dei rapporti umani di un'altra qualità? Ci crediamo così
diversi e superiori al "militante onesto" che vota PC o all'operaio perso nella sua sete
consumista? Cara Fausta, scusami per questa lettera, non molto politica, ma del genere di quelle
che
"vengono dal cuore". Io sono di quelli che si sforzano continuamente di cercare di comprendere
il mondo che ci circonda. Ma sono persuaso che ciò che dà la vera misura dell'importanza
dell'anarchismo della società è la qualità dei rapporti stabiliti tra le persone, senza gli alibi
del
"domani glorioso". Il tuo articolo non solo è al "suo posto" in una rivista anarchica ma è anche
necessario. L'anarchia non è soltanto un'idea meravigliosa per il domani, è anche
la nostra vita di oggi. Ne
esiste forse un'altra?
Julio Figueiras (Lisbona)
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