Rivista Anarchica Online
Il medioevo prossimo venturo
di Luciano Lanza
Potrà sembrare enfatico: con gli arresti del 7 aprile, del 21 dicembre e del 24 gennaio si chiude un ciclo
storico.
Certo prendere delle date come momento conclusivo di un processo storico-sociale è quasi sempre arbitrario,
ma
la storia è fatta anche di date. L'impero romano era già caduto quando nel 476 i barbari deposero
Romolo
Augustolo, comunque è a quell'atto formale che noi facciamo riferimento per contrassegnare la fine di un
periodo
storico. Così oggi il generale Dalla Chiesa, novello Odoacre, con i suoi blitz chiude formalmente
un'epoca: la rivolta nata
nel '68, e anche in questo caso la progettualità, la rivolta, gli ideali del '68 sono già morti, o
sopravvivono solo
in piccole sette messianiche. Il parallelo storico è, beninteso, più impressionistico che reale, ma
sicuramente fonte
di riflessione. Se oggi la polizia viene rafforzata, ha la licenza di arrestare, di sparare, con assoluta impunità,
se
le misure restrittive vengono approvate con tanta tracotanza, non è forse perché il potere può
godere in qualche
misura di un consistente consenso? Tutto questo è ancora più drammatico se pensiamo che
poco più di dieci anni fa persino i sindacati erano costretti
a chiedere il disarmo della polizia e a spingersi su lotte sempre più avanzate. Questi, e molti altri ancora,
sono
segni evidenti che il contesto sociale e politico è cambiato radicalmente di qualità. Lo sfacelo
della sinistra rivoluzionaria viene ratificato non solo dall'azione giudiziaria dei magistrati filo-P.C.I.,
quanto dall'incapacità del movimento a rispondere adeguatamente, contrattaccando il potere, mettendone
in
rilievo la sua criminalità istituzionale. Le cause di questa disgregazione sono molteplici, è ovvio,
però un agente
di accelerazione (ma in parte anche di creazione) del fenomeno è sicuramente la lotta armata. Questa ha
prodotto
una divaricazione del movimento: solo un'esigua minoranza ha abbracciato la logica clandestina lottarmatista,
mentre la stragrande maggioranza è ripiegata su posizione neoriformiste o è piombata in un
inconcludente
"privato" che va dal "misticismo orientale" al "rock del sabato sera". Di fronte a questa situazione desolante,
a questa mancanza di intervento sociale, si sviluppa l'azione sempre più
marcata del potere giudiziario poliziesco a cui il potere politico ha delegato la soluzione delle sue crisi oggi
sempre più simili a congiure di palazzo. Per giudicare la validità di una teoria - è
pratica scientifica corrente - si deve valutare se questa, una volta messa
in pratica, ha prodotto gli effetti supposti. La strategia della lotta armata prevedeva di costringere il potere a
restringere, o ad annullare, gli spazi democratici sulla spinta di azioni sempre più violente che elevassero
i "livello
di scontro". Questa involuzione autoritaria avrebbe innescato la risposta violenta di ampi strati della classe
lavoratrice e si sarebbe avuto l'evento rivoluzionario. La realtà ha invece dimostrato che la strategia
della lotta armata, oggi, in Italia, non porta ad un evento
rivoluzionario, ma che l'involuzione autoritaria dello stato si muove su un elevato grado consenso. Ma ancora
più
sconfortante è constatare che, di fatto, il consenso ai valori dell'attuale società esiste anche tra i
sedicenti
rivoluzionari, altrimenti come spiegare il fiorire di delatori (Fioroni è solo il caso più clamoroso e
il più
mitomane), di accuse e di contro-accuse di denuncie pubbliche? Non si tratta solo di faide interne. Da tutto
questo emerge una pratica comportamentale che riconosce allo stato il diritto di regolare i conflitti, di punire, di
sorvegliare. L'atteggiamento garantistico di molti degli autonomi arrestati non è forse il riconoscimento di
una
potenziale imparzialità dello stato? Si può obiettare che la posizione di prigionieri giustifichi questa
dissonanza
tra idee professate (l'idealismo diffuso, ecc.) e condotta giudiziaria. Ma anche in questo caso se è
comprensibile
l'aspetto umano e individuale bisogna riconoscere che sotto il profilo politico il garantismo non si concilia affatto
con i valori alternativi precedentemente propugnati. Da questo salto logico la strategia dell'area dell'autonomia
esce perdente, riprova ne è la scarsa presa della campagna politica per la liberazione di Negri e compagni.
Arduo trarre delle considerazioni conclusive dall'analisi abbozzata. Il rischio di fare il solito fervorino di
chiusura
aleggia già nell'area. Però non è affatto sicuro che ci aspetti un tetro medioevo (riprendendo
il parallelo storico
di prima). La caduta dei miti, l'avanzata delle orde barbariche di Dalla Chiesa, la violenza dei guerriglieri del
marx-leninismo non ha chiuso tutti gli spazi d'azione, anzi, paradossalmente, fanno riscoprire il valore delle
tematiche libertarie. Il pessimismo della ragione, certo, ma anche l'ottimismo della volontà.
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