Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 90
marzo 1981


Rivista Anarchica Online

Quell'aborto di referendum
di Rosanna Ambrogetti

È notizia ormai conosciuta la decisione della Corte Costituzionale sulle richieste di referendum. E noi di nuovo ci ritroviamo a fare interminabili discussioni, a scrivere articoli, con la certezza di ripetere cose ormai scontate, trite e ritrite. Ma probabilmente il troppo non guasta e così, impietosamente, ci ripetiamo.
Innanzitutto le vicende di questi giorni non fanno che dare una conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, alle nostre convinzioni. Quando ci ritroviamo a discutere sulla validità dei referendum, del perché noi non andiamo alle urne, una delle obiezioni più ricorrenti che ci vengono fatte è quella che con il referendum c'è possibilità di scelta diretta e non delega, che si esprime la propria posizione su un determinato argomento ecc.. Niente di più falso e aleatorio! In primo luogo viene sempre mistificato il fatto che con il referendum non ci si esprime su questioni di fondo, non sono in discussione i principi, ma semplicemente la validità o meno di leggi esistenti che, col referendum, devono essere confermate o abrogate. Ed in caso di abrogazione nulla vieta che nuove leggi vengano emanate, al solito, da chi, fuori di noi, si arroga il diritto di decidere per tutti con la copertura di "rappresentare" le istanze di chi, col voto, li ha eletti a tale compito. È un circolo chiuso dal quale le masse, con le loro reali esigenze, richieste, proteste, individuali e collettive, sono costantemente escluse. In secondo luogo la realtà ci dimostra che tutta questa libertà di scelta, tanto sbandierata dai radicali, è altrettanto fittizia: la Corte Costituzionale doveva esprimere il parere su dodici referendum di cui ben sei sono stati giudicati inammissibili.
La panoramica, molto velocemente, è questa. Il Movimento per la vita (ma per quale vita?) presenta due proposte: la prima per l'abrogazione della "194", la seconda per restringere l'aborto ai soli casi di pericolo di vita della madre. La prima proposta viene respinta, tanta era la spudoratezza di una eventuale accettazione, mentre la seconda passa; ora basta soffermarsi un attimo per capire come sia inesistente la diversità delle due richieste: in entrambi i casi è in gioco la possibilità di abortire, in entrambi i casi si vuole mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e fare finta di cancellare l'aborto cancellandolo dalle "nostre leggi". Dall'altra parte le proposte radicali sono dieci di cui solo cinque vengono ammesse e con criteri di scelta sintomatici. Per esempio problemi importanti, come l'installazione di centrali nucleari, e sentiti, come la caccia, vengono giudicati inammissibili (ma era pensabile che lo fossero?). E qui c'è da ribadire di nuovo che anche per quanto riguarda il referendum sulla caccia, non era il principio ad essere messo in discussione, bensì la legge delega alle regioni per la regolamentazione dei diritti di caccia, rimanendo intoccate le riserve private, dove fra l'altro il problema è più forte. Come controparte danno il contentino: sempre per fare degli esempi, passano il referendum contro l'ergastolo e quello contro la legge Cossiga. Ma un confronto come questo non fa paura a nessuno.
In un momento in cui restringono sempre più il nostro spazio vitale, in cui dopo undici anni di controinformazione sulla strage di stato viene chiesto l'ergastolo per Valpreda, e tutto passa sotto silenzio, in cui il Movimento Sociale si può permettere con un certo successo di raccogliere firme per la pena di morte, ebbene il risultato ci sembra piuttosto scontato. E poi anche la proposta di referendum per l'abrogazione degli articoli più restrittivi della legge 194 è passata: qui il discorso merita di essere un po' più approfondito. Infatti stiamo assistendo contemporaneamente a più crociate contrapposte: il già citato Movimento per la vita si batte contro l'aborto, i radicali per "migliorare" la legge, e le sinistre per una strenua difesa della legge così com'è. E le donne?
Ebbene le donne abortivano, abortiscono e abortiranno. Inoltre abortivano clandestinamente prima della legge, ma abortiscono clandestinamente anche con la legge, ben lontana dal garantire l'aborto libero. E quello che pensiamo è che continueranno ad abortire clandestinamente anche con un'eventuale legge "migliore". Se anche potremo andare in ospedale o in qualunque altro posto senza problemi legali, se anche le minorenni potranno abortire, saremo ancora per molto tempo delle "clandestine". Perché una mentalità radicata da secoli non si cambia con una legge e l'esperienza di questi anni "tutelati" dalla 194 ce lo dimostra. La grande diffusione dell'obiezione di coscienza, il trattamento speciale riservato alle donne che si ricoverano per aborto, le difficoltà burocratiche, la mancanza, voluta o meno, negli ospedali di attrezzature adeguate ed idonee (es. il metodo Karman così poco diffuso!), la difficoltà per le giovani di affrontare la famiglia: sono queste le cose con cui si scontra ancora oggi chi decide di abortire. Ma quello che più sconcerta è che avere la legge sull'aborto ha significato, per la grande maggioranza di chi "dirigeva" questa battaglia, una vittoria ed ottenuta la vittoria è finita la battaglia. Finita la battaglia per una maggiore consapevolezza della maternità. Finito nel nulla lo slogan: aborto libero per non morire, contraccezione per non abortire. Finiti tutti i discorsi sul diritto alla sessualità, sulla conoscenza del proprio corpo ecc..
Sia ben chiaro, non vogliamo sostenere che andava meglio prima. Come anarchici non ci riconosciamo nelle leggi e non ci interessano neppure giudizi di valore su questa o quella legge, ma soprattutto non è nostro compito contribuire a sancirle. Quello che ci preme sottolineare è che crediamo sia fondamentale decidere se avere o non avere un figlio. E questa libertà di decisione ce la prenderemo sempre, al di là di tutte le leggi che possono imporci. E proprio perché siamo assolutamente convinti di questo, siamo consapevoli che il problema di una maternità libera supera di gran lunga la regolamentazione più o meno liberalizzata dell'aborto. La lotta che vogliamo e dobbiamo portare avanti è una lotta costante, "culturale", contro una mentalità che vuole la maternità come fato e non come libera scelta. Una mentalità che accetta la gravidanza come destino storico della donna, senza tenere minimamente conto di cosa significhi questo, sia che essa venga rifiutata, sia che venga accettata. Una mentalità che porta ad accettare i figli, elevando il partorirli, salvo poi trascurare completamente la vita con essi. La stessa mentalità che, pur di non rivoluzionare troppo questo stato di cose, porta anche, e sempre più, a vedere l'aborto non come estrema (ma sempre drammatica) scelta sulla strada di una maternità libera, ma come metodo anticoncezionale.
E contro tutto questo non servono e non serviranno mai né leggi, né referendum.