Rivista Anarchica Online
Cuba
di Alfredo Gomez
Alla fine del diciannovesimo sec., Cuba era l'ultima cittadella del colonialismo spagnolo nel
continente americano. La maggiore tra le isole dei Caraibi, Cuba produce principalmente canna
da zucchero, tabacco e caffè: la sua popolazione, costituita fondamentalmente da bianchi
provenienti dalle varie migrazioni spagnole, da negri discendenti dall'importazione di schiavi
africani ad iniziare dal XVI sec. e da mulatti, è soprattutto rurale. Piuttosto tardivamente rispetto a altri
paesi del continente, il potere coloniale viene attaccato in
numerose occasioni nel corso del XIX secolo. Diversi interessi economici ed ideologici, distinti
gruppi sociali confluiscono nell'opposizione al regime spagnolo: c'è chi, come i commercianti o i
grossi proprietari, si oppone ai potenti di oggi per trasformarsi nei potenti di domani: sono coloro
che lottano contro il Potere Spagnolo. C'è anche chi forse lotta solo contro il Potere puro e
semplice: sono i miserabili delle campagne e delle città. E il loro apostolo è José
Martí. Nelle
metropoli le varie ondate repressive provocano l'esilio di numerosi attivisti libertari. La
restaurazione della monarchia nel 1874 è accompagnata da persecuzioni contro la Federazione
Regionale spagnola (FRE), ramo dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT),
strettamente collegata alla corrente antiautoritaria ispirata, tra gli altri, da Bakunin. E.Messonier,
un operaio catalano profugo anarchico, organizza conferenze coi lavoratori cubani già nel 1885.
L'anno dopo viene creata un'associazione collo scopo di diffondere gli ideali dell'Internazionale
dei Lavoratori, il Centro Operaio, come pure un settimanale, El Productor, fondato dall'anarchico
E. Roig San Martín. Gli ideali anarchici sembrano conquistar terreno durante gli anni seguenti,
soprattutto all'Avana e in altre città nelle quali si installano gli anarchici spagnoli. Tali ideali
vengono diffusi tra gli operai (principalmente del tabacco) e i piccoli artigiani attraverso
periodici come El Socialismo (1890), El Trabajo (1891), Jovenes Hijos del Mundo
(1892) e
Hijos del Mundo, La Alarma (1893) e El Nuevo Ideal (1899). Gli anarchici
partecipano attivamente alla lotta contro il potere coloniale: nel 1892, il Primo
Congresso Operaio approva una mozione redatta dagli anarchici E. Creci, E. Suárez e E.
González, favorevole all'indipendenza di Cuba. Questa mozione provoca la chiusura del
Congresso da parte delle autorità spagnole. La Lega Generale dei Lavoratori, organizzazione
creata dagli anarchici e il cui primo presidente fu E. Messonier, promuove agitazioni a favore
della giornata di otto ore e partecipa agli scioperi generali dei lavoratori portuali di Carenas,
Regla e l'Avana. Dalla nascita della Repubblica (1902), e fino al 1959, gli anarchici e gli anarcosindacalisti
cubani
hanno spesso un ruolo di primo piano nella resistenza operaia agli implacabili attacchi di regimi
corrotti e difensori dei privilegi di una minoranza onnipotente. A Cuba, come in altri posti, le
prime organizzazioni operaie nascono sotto l'egida dell'anarcosindacalismo e la storia dei vari
movimenti sociali cubani porta l'impronta dell'anarchismo. E ancora a Cuba, come in altri paesi,
si mette sotto silenzio questa storia, salvo che in qualche articolo e in scritti apparsi per la
maggior parte sulla stampa e negli ambienti anarchici. Gli anarchici sono presenti nei principali
conflitti dell'epoca: scioperi dei lavoratori delle industrie zuccheriere, del tabacco, della
costruzione; di edili e ferrovieri; di scaricatori di porto, di lavoratori del commercio, ecc..
Propongono e appoggiano rivendicazioni salariali e sociali come la giornata di otto ore.
Organizzano agitazioni contro l'istituzione del servizio militare obbligatorio (1915), contro la
carenza di mezzi di sussistenza (1919) o per la liberazione degli scioperanti incarcerati (1918).
Fondano le prime organizzazioni operaie (sindacali, culturali e di solidarietà): creano vari Centri
Operai, un Ateneo Sindacalista (1921), una Scuola Razionalista (1922) la Federazione Operaia
dell'Avana (1920-21), la Confederazione Nazionale Operaia di Cuba(CNOC, 1925). Numerosi
anarchici vengono uccisi in questi scontri: Casañas, Montero y Sarriá (1903), R. Fernández
(1919), E. Varona (1925) e, poco dopo, Grat, S. León Doménigo, A. López (1926), quindi
M.
Iglesias, Bruzón, Couxart, Boris Santa Coloma (1953) e altri. Molti altri sono incarcerati,
torturati o espulsi dal paese sotto le diverse dittature, specialmente quelle di Machado e Batista. Il notevole
numero di pubblicazioni anarchiche testimonia la forza del movimento, che riuscì ad
assicurarsi una certa continuità nonostante la violenta repressione: Tierra, (1925-26, 1933-34;
nel
corso di quest'ultimo periodo si presenta come organo della Federazione dei Gruppi Anarchici di
Cuba, FGAC), El Libertario (1905), Rebelión (1908-1910), La Batalla
e Via Libre (1911),
Rumbos Nuevos (1939-41), Boletín Orgánico della Federazione delle
Gioventù Libertarie di
Cuba, (FJLC, 1939), il nuovo El Libertario, Organo dell'Associazione Libertaria di Cuba, ALC,
che dal 1952 si oppose al colpo di stato di Batista. Alla caduta di Batista, dominano Cuba l'effervescenza e la
confusione caratteristiche di ogni
grande sommovimento sociale. Certo, il dittatore se n'è andato e il suo esercito si disintegra a
vista d'occhio, ma l'ingranaggio del potere non è stato distrutto. Contrariamente a quanto
assicurano i dispacci della stampa, a Cuba non domina l'anarchia. I rapporti che hanno tra loro i
membri di questa società convulsa continuano ad essere definiti dal conflitto: ogni individuo
sembra trovare vantaggiosa la briciola di potere, per minima che sia, che può possedere e nella
quale colloca l'Altro nella categoria dei vassalli. Su questo scenario di scontri, le forme
istituzionali del potere (il cui unico scopo è di determinare le modalità di questi rapporti
conflittuali e di mantenersi entro un limite che possa garantire la riproduzione della società
nell'insieme) son lontane dal trovarsi in condizioni di scomparire. I diversi organi del potere
istituzionale di Batista, più o meno vacillanti, coesistono colle istituzioni, seppur embrionali, del
nuovo potere rivoluzionario. La scomparsa dei primi non è, come nella maggior parte delle
rivoluzioni del nostro secolo, che un fatto meramente formale: vecchie istituzioni ricompaiono
con nomi diversi e, in determinati casi, persino i vecchi responsabili rimangono al loro comando.
Alla precedente amministrazione verticale della società succede una nuova amministrazione
verticale. Le nuove gerarchie, sorte nella loro maggior parte dalla primitiva struttura di potere
delle organizzazioni anti-batistiane, riempiono in gran fretta i vuoti lasciati dai vinti. Per i vinti
(agenti e collaboratori del Dittatore), questo giorno non è altro che una giornata di panico:
presagiscono la follia vendicativa che s'impadronirà delle loro vecchie vittime. Per gli altri, l'alba
di quel 1959 porta seco sentimenti confusi, nei quali l'allegria si mescola all'incertezza: e adesso
che cosa accadrà? Tra gli anarchici pare predominare l'incertezza. Deboli numericamente, colpiti dalla
repressione
di Batista e dalle loro stesse divisioni interne, sembrano incapaci di arrestare la crescente
influenza dei loro vecchi nemici all'interno del movimento sindacale, i comunisti. Costoro,
infatti, non solo mantengono le loro posizioni in questo momento di crisi sociale, ma sembrano
addirittura guadagnare terreno in un ambiente in cui regnano la confusione e la
disorganizzazione. Il loro partito, il PSP, è un prototipo classico di macchina bellica leninista:
rigorosamente centralizzato, solidamente controllato, compensa la debolezza numerica dei suoi
effettivi con un attivismo bene organizzato, diretto da militanti disciplinati, addestrati a prevalere
nel mondo della politica, un mondo in cui il fine giustifica i mezzi, in cui qualsiasi compromesso
è tollerato, in cui si ammette qualunque manovra e qualunque crimine nella misura in cui
permettano all'organizzazione di raggiungere il potere. A partire da quel momento, gli avvenimenti precipitano,
cominciando con le prime scaramucce
che contrappongono pubblicamente anarchici e comunisti all'interno del movimento sindacale
(fin dal gennaio 1959) e portano all'espulsione degli anarcosindacalisti, non solo dalla direzione
sindacale (Sindacato dell'Alimentazione, ad esempio), ma anche dai sindacati stessi. Questo
processo, che porta all'adozione del piano comunista da parte dei dirigenti governativi, è
accompagnato da una progressiva riduzione delle libertà civili. La chiusura di El Libertario
e di
Solidaridad Gastronómica, poi delle altre pubblicazioni cubane, simbolizza forse la fine di un
breve periodo di apertura rivoluzionaria, i cui limiti occorrerebbe studiare. Ad iniziare da questo
periodo, gli scarsi militanti che rimangono in attività si vedono costretti a passare alla
clandestinità o ad andare in esilio. Ciò significa la fine di una presenza anarcosindacalista e
anarchica che era durata più di cinquant'anni. Da allora, i sindacati rientreranno in una nuova
strategia del potere (...).
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