Rivista Anarchica Online
C'era una volta gatto silvestro
di Emilio Pucci
Uno fra i tanti compiti dello Stato (mi riferisco a quella istituzione pluritentacolare che controlla
e dirige tutti i fenomeni dell'umano) è quello di assicurarsi il consenso anche delle nuovissime
generazioni, dei bambini, dei suoi futuri sostenitori. Il bambino non è ancora totalmente
disponibile allo schema etico e comportamentale che gli si propone (sarebbe meglio dire gli si
impone); spesso è recalcitrante, trova incompatibilità fra i suoi bisogni e quelli che gli vengono
additati come suoi Doveri (con la "D" maiuscola). La maggior parte della letteratura per l'infanzia
ha, appunto, lo scopo di "educare" i bambini; basti pensare alla pur bella storia di Pinocchio o al
polpettone di De Amicis. Fra tutte le forme di comunicazione pro-infanzia, quella che ha avuto
più successo negli ultimi vent'anni è senz'altro il disegno animato o "cartone animato" come
più
familiarmente lo chiamiamo. I miei sogni di bambino erano popolati da queste figure di carta apparentemente
innocue. Si
trattava di animali dalle voci, dai gesti e dai tratti somatici caricaturalmente accentuati: erano i
personaggi del mondo disneyano. Personaggi e storie che si portavano dietro il grosso bagaglio
delle antiche, occidentali, favole animalesche di Esopo o Fedro, traboccanti di moralismi, di
saggi ammonimenti a sostentamento degli schemi etici dominanti. Pur completamente
trasformati a uso e consumo di un sistema altamente specializzato e tecnologizzato nei modi di
trasmissione del messaggio visivo, gli animali di carta made in U.S.A. avevano la stessa funzione
"pedagogica". Ci propinavano così le storie di quel mondo virtuoso in cui Buoni e Cattivi, Belli e
Brutti sono divisi in maniera netta e precisa. I Buoni naturalmente vincono sempre. La banda
Bassotti finisce in prigione e Paperone riacquista i suoi bei dollaroni. Nel mondo dorato dei "cartoni animati"
non esistono conflitti sociali, ma solo psicologici.
Nonostante la falsificazione, Paperino è sentito come l'autentico rappresentante del lavoratore
contemporaneo. Ma mentre quest'ultimo ha veramente bisogno del salario, questo per Paperino
è superfluo, mentre il lavoratore cerca disperatamente, Paperino trova senza problemi; mentre
quello produce e soffre a causa della materia che gli si oppone e dello sfruttamento cui è
soggetto, Paperino sopporta illusoriamente il peso del lavoro come avventura. (da "Come
leggere Paperino", A. Dorfman e A. Matterlat, Milano, Feltrinelli 1972). Negli schermi televisivi
ci appariva disegnata una società perfetta senza conflitti sociali ma solo con delle sfasature
comportamentali che venivano subito ricomposte. Protagonisti di quelle storie, però, restavano pur
sempre dei simpatici animali, gli ambienti erano
perlopiù rurali e il tutto, anche se visto in maniera idilliaca e mistificante, lasciava ancora spazio
a belle sensazioni. Uso l'imperfetto nel parlare di questi personaggi e di queste storie non solo
perché appartengono al mio passato, ma soprattutto perché appartengono al passato del cinema
d'animazione per bambini. Un Sistema che si va continuamente rinnovando, che brucia le tappe
del suo cammino (progresso o regresso a seconda dei punti di vista) verso forme massime di
tecnocrazia, ha bisogno che le sue sovrastrutture tengano il passo, che i futuri adulti si abituino
fin da ora a un mondo fatto di reattori nucleari e micro-computer. È l'era dei Super-men, dei
giochi elettronici, degli Ufo-robot. Innanzitutto i mezzi di diffusione di questo particolare tipo di "letteratura
per bambini" si sono
trasformati: anche un fumetto comincia ad essere faticoso da leggere per un bambino sempre più
abituato a recepire messaggi audiovisivi. In soli dieci anni, in Italia, il mezzo televisivo ha
centuplicato il suo potere grazie all'introduzione del colore, fondamentale per i programmi
seguiti dai bambini, e grazie al proliferare di decine di emittenti "libere" (si fa per dire). I futuri
adulti restano appiccicati allo schermo molto più a lungo di prima. I personaggi protagonisti delle
storie animate che hanno avuto più successo negli ultimi tempi, non sono delle simpatiche
bestiole ma degli esseri che di umano hanno solo le sembianze e a volte nemmeno quelle:
giovani, belli, forti, coraggiosi accompagnati da ragazze frivole. Messi in soffitta i "Gatto
Silvestro", gli "Spidigonzales" e i "Topolino" hanno lasciato il posto a uomini robotizzati che
usano un linguaggio del tipo: "Azionare il reattore nucleare n. 1!" oppure "Fuori le super
radiazioni gamma!". Se una volta osservavamo divertiti il coyote cattivo costruire rudimentali,
ingegnosi marchingegni per catturare lo struzzo velocissimo (al massimo si usava un candelotto
di dinamite), oggi i bambini seguono con estrema tranquillità i piani per un attacco nucleare. La
qualità stessa dei disegni è peggiorata: estrema semplicità delle linee, dei colori, volti
standardizzati; per non parlare poi delle storie sempre uguali, nevrotiche, svuotate del tutto da un
senso genuino del fantastico. Ambienti, personaggi, linguaggio e modi dei disegni animati si
sono trasformati. Se prima il sistema faceva propaganda di sé proponendo ai bambini la sua
stessa immagine mistificata e attraente, oggi con gli stessi sistemi propone, anzi, suggerisce un
modello futuro probabile e auspicabile (non certo per noi) di società mille volte più accentratrice
e tecnocratica di quella attuale. Se i nostri sogni di bambini erano popolati da simpatici animali
dalle voci divertenti, i sogni dei bambini di oggi cominciano ad essere popolati da presenze
elettroniche, da umanoidi computerizzati, con voci metalliche e distorte. I sogni dei bambini di oggi...
cominciano ad essere degli incubi!
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