Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 96
novembre 1981


Rivista Anarchica Online

L'eredità di Luigi Galleani
di Paolo Finzi

Il vigoroso associazionismo proletario fin dalla metà dell'Ottocento, i moti del '94, lo sviluppo del sindacalismo libertario, la conquista delle sei ore lavorative nel 1911, le agitazioni e gli scioperi del primo dopoguerra, giornali quali Il libertario ed Il cavatore, i fatti di Sarzana del '21, l'attentato di Gino Lucetti, la resistenza armata e l'insurrezione popolare contro il nazifascismo: forse nessuna terra in Italia è tanto legata alla storia dell'anarchismo quanto quella che va dalla Spezia a Carrara e comprende le decine di paesi sparsi dolcemente sulla pianura all'estuario del Magra e sulle colline circostanti, o arroccati su molte cime. Tra questi ultimi, alle spalle di Santo Stefano, sulla sommità di una collinetta, Caprigliola si staglia nettamente e domina la valle: qui, sul far della sera del 4 novembre di cinquant'anni fa, durante la sua quotidiana passeggiata, solo, minato dal male, moriva Luigi Galleani.
Liberato nove mesi prima dall'isola di confino di Lipari, Galleani aveva scelto Caprigliola quale "domicilio coatto" perché in quel paesino trascorrevano lunghi periodi Zelmira e Pasquale Binazzi, animatori del movimento anarchico alla Spezia: assistito da loro, si spegneva così una delle personalità più vigorose, combattive ed influenti dell'anarchismo di lingua italiana.

Nato a Vercelli nel 1861, Galleani sostenne le sue prime lotte nella sua città e nella pianura circostante, tenendo comizi, organizzando scioperi, stimolando l'organizzazione rivoluzionaria del proletariato, soprattutto agricolo, collaborando ai fogli sovversivi della regione. Nel '92, al congresso di Genova in cui si operò la definitiva scissione tra socialisti legalitari e rivoluzionari, furono Gori e Galleani ad esporre il punto di vista degli anarchici ed a polemizzare con i seguaci di Turati. L'anno successivo, processato con altri trentaquattro sovversivi per "associazione a delinquere" in base al famigerato articolo 248 del codice penale, ebbe la condanna più pesante (3 anni di galera), cui seguirono 5 anni di domicilio coatto. Fu in quel periodo che alcuni gruppi proposero ai confinati di presentarsi candidati-protesta alle elezioni, così da poter riacquistare la libertà: la candidatura di Galleani fu proposta dai compagni di Roma, ma appena venutone a conoscenza l'interessato insorse, così come altri anarchici confinati ("Se di qui si deve uscire inchinando una bandiera che non sia la nostra, se la liberazione dovrà esser subordinata ad una transazione,... meglio restare!" scrisse allora in uno dei suoi articoli più belli).
Riuscito a fuggire alla fine del '99, dopo soste in Tunisia, Egitto ed Inghilterra, raggiunse gli Stati Uniti; qui restò, salvo brevi parentesi, fino al 1919, svolgendo un'attività eccezionale tra la numerosissima colonia anarchica di emigranti italiani, sparsa un po' in tutti gli U.S.A., ma soprattutto negli stati della Nuova Inghilterra e in Pennsylvania. Compilò e diresse giornali (il principale, dal 1903 al '17, la Cronaca Sovversiva), tenne comizi e conferenze, subì denunce ed a tratti fu costretto alla clandestinità, sostenne polemiche con esponenti di altre tendenze politiche (clamorosa fu quella con il socialista Serrati), fu in prima fila negli scioperi e nelle agitazioni popolari. Nell'ambito dell'anarchismo, fu il più lucido e brillante esponente di quella tendenza comunista-anarchica anti-organizzatrice che, grazie alla sua eccezionale influenza, da allora ha sempre caratterizzato la grande maggioranza degli anarchici italiani in Nord America. Combattè le svolte e le scelte anti-anarchiche di altri esponenti del movimento, da quella "istituzionale" di Francesco Saverio Merlino a quella bellicista di Pietro Kropotkin, di cui pure si considerava per tanti aspetti un discepolo. Logica conclusione della sua instancabile attività anarchica, nel giugno del '19 venne definitivamente espulso dagli Stati Uniti insieme con altri militanti, tra i quali Raffaele Schiavina.
Appena giunto a Genova, fu arrestato ma un immediato sciopero dei lavoratori del porto ne impose il rilascio. Nell'Italia infuocata dal agitazioni di massa, Galleani dette il suo contributo di sempre: fra l'altro, riprese la pubblicazione, a Torino, di Cronaca Sovversiva. Ma una serie di denunce e un mandato di cattura contro lui ed il gerente del giornale, Pietro Raineri, bloccarono il giornale e costrinsero Galleani alla latitanza. Il 24 ottobre 1922, quattro giorni prima della data del processo, Galleani si costituì al carcere giudiziario di Torino. Al giudice istruttore mi dichiarai responsabile di tutti gli articoli incriminati, e dissi che il gerente, Raineri, non li vedeva se non quando il giornale era stampato e posto in circolazione - dichiarò Galleani al corrispondente del quotidiano anarchico Umanità Nova, prima di costituirsi - "Ora si tratta di assumerla questa responsabilità: per questo sono venuto. Ho firmato una cambiale e, occorrendo, la pagherò". Fu condannato a un anno. In seguito, il regime fascista non gli risparmiò persecuzioni, minacce, arresti, finché all'indomani dell'attentato Zamboni (ottobre '26) fu arrestato e inviato al confino, nell'isola di Lipari. Indomito, nonostante le sempre più precarie condizioni di salute, non perse occasione per riaffermare la sua opposizione al potere. Anche al confino subì persecuzioni e processi, anche lì ebbe la sua condanna per vilipendio di Mussolini. Settantenne, venne rilasciato per esser mandato a morire al "coatto": degna conclusione per chi aveva speso la sua vita per la causa dell'anarchia.

Come sempre, quando si cerca di sintetizzare in due cartelle cinquant'anni di vita militante di un compagno, il risultato non può che essere deludente: non solo perché inevitabilmente si sono tralasciati episodi ed aspetti pur fondamentali per ricostruirne l'identità, ma soprattutto per l'impossibilità di renderne appieno l'umanità, l'influenza ed il ruolo esercitato. Ci sono, è vero, i suoi scritti, in massima parte antologie dei suoi articoli, perlopiù comunque fuori commercio e in attesa di essere ristampati; ma credo si farebbe un torto a Galleani se si volesse limitare la sua eredità ai suoi scritti, al suo pensiero. Certo il suo pensiero, formatosi tutto dentro alla scuola di Kropotkin ma sviluppatosi con una sua forte originalità, esercitò all'epoca un'influenza enorme nel movimento anarchico, favorita da quella prosa combattiva, ampollosa, retorica che pure oggi ci sembra così irrimediabilmente datata, a tratti persino ostica. Dietro quello stile è possibile ancor oggi trovare i filoni di un pensiero coerente, logico, originale, che meriterebbe di esser conosciuto, approfondito, dibattuto. Un libretto come La fine dell'anarchismo?, resta, per esempio, un classico, tra i migliori di Galleani ed anche tra i più attuali nel contenuto e nello stile.
Una questione centrale nel pensiero e nelle polemiche di Galleani è quella organizzativa: abbiamo già accennato al suo ruolo di principale esponente della tendenza anti-organizzatrice, che tre anni dopo la sua espulsione dagli Stati Uniti avrebbe trovato nel settimanale L'adunata dei refrattari (uscito fino al '71) il suo organo più noto (in ideale continuità con la Cronaca Sovversiva). Ci sono, in Galleani, preoccupazioni sulla burocratizzazione delle organizzazioni che appaiono - anche alla luce dell'esperienza storica - tutt'altro che infondate e che vanno anche oggi tenute presenti. Al di là di qualsiasi forzata esasperazione della sua visione anti-organizzativa (da non confondersi con l'individualismo), va infatti ricordato che nella sua avversione all'organizzazione - come scrisse Errico Malatesta - Galleani fa una critica severa quanto giusta di una supposta organizzazione autoritaria, che è una cosa completamente diversa da quella che gli anarchici organizzatori predicano e, quando possono, praticano. Ma è questione di parole. Se invece di dire organizzazione si dicesse associazione, intesa, unione o altra parola simile, Galleani sarebbe certamente il primo a riconoscere che gli sforzi isolati e discordanti sono impotenti a raggiungere lo scopo. Va inoltre rilevato che la sua concezione dell'associazionismo si attanagliava bene alla realtà degli Stati Uniti e in particolare alla geografia estremamente decentrata della comunità anarchica italiana in Nord America.
Altro tema continuamente riproposto dalle vicende sociali e caro alla propaganda galleaniana era quello della violenza rivoluzionaria. Anche su questo problema il suo pensiero ci pare vada inquadrato in quell'epoca, in quell'ambiente, a differenza di quello malatestiano, che per la sua profonda conoscenza della psicologia individuale e di massa e per l'estrema attenzione a tutti i fattori in gioco, ancora oggi costituisce un preciso punto di riferimento.

Dicevo prima che sbaglierebbe chi cercasse solo nel suo pensiero le ragioni dell'attualità di Galleani. A me pare che l'importanza del suo pensiero sia legata soprattutto al passato, alla capacità che ebbe allora di avvicinare all'anarchismo migliaia di proletari e sottoproletari e di galvanizzare la volontà di lotta di un movimento anarchico forte di migliaia di militanti sparsi dall'Atlantico al Pacifico. Se ciò fu possibile, lo si deve anche alla sua titanica figura morale, all'onestà profonda, al coraggio indomito, alla sua eccezionale tensione militante. Tutto quel che c'era da fare, da lottare, da rischiare, Galleani lo portò sempre a termine senza tentennamenti: non era certo da lui l'"armiamoci e partite" di tanti sovversivi di allora e anche di oggi. La fierezza che traspare dalla lettera con cui rifiutò sdegnato nel '99 la candidatura-protesta, dalle sue dichiarazioni in tribunale, da tutte le sue prese di posizione, nasce da quest'intima coerenza, che anche nei momenti più bui lo rese deciso e convincente: si pensi alla sua secca presa di posizione antibellicista, in doloroso (ma per niente vacillante) contrasto con quella assunta da Kropotkin, che pure Galleani tanto amava e stimava. In tutto ciò Galleani resta un esempio.
Grandi sono i servizi che Luigi Galleani con la sua penna vigorosa, con la sua eloquenza affascinante e con l'esempio costante di coraggio e di abnegazione ha resi alla causa dell'anarchia - scrisse Malatesta in uno dei suoi ultimi articoli, all'indomani della morte di Galleani e pochi mesi prima della sua - Dovunque ha esercitata la sua attività, in Europa ed in America, egli ha suscitato tesori di energia ed ha formato schiere di giovani che guardano a lui come al loro maestro ed ispiratore e sono tra le nostre migliori speranze. Una conferma di ciò l'ho avuta nel corso del viaggio che ho fatto attraverso gli Stati Uniti ed il Canada: quasi tutti gli anziani militanti anarchici di lingua italiana che ho avuto il piacere d'incontrare - ultimi sopravvissuti di quelle schiere citate da Malatesta, che hanno dedicato la loro vita alla causa dell'anarchia - ancora ricordano con emozione l'eccezionale tempra di Galleani, ancora riconoscono nella sua opera e nel suo pensiero i punti di riferimento del loro movimento. Se con l'inevitabile scomparsa del movimento anarchico di lingua italiana negli Stati Uniti e in Canada si cancellerà la più grossa e diretta "eredità" galleaniana, il suo pensiero ed ancor più il suo eccezionale esempio di combattente anarchico resteranno patrimonio tra i più preziosi dell'anarchismo.