Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 97
dicembre 1981 - gennaio 1982


Rivista Anarchica Online

a proposito delle marce

Cari compagni,
stimolato dalla lettura dell'articolo "Guerra alla guerra", pubblicato sullo scorso numero, vorrei fare alcune osservazioni in merito all'ondata "pacifista" esplosa rumorosamente nel nostro vecchio continente.
Possiamo innanzitutto considerare ancora una volta i mass-media la mina d'innesco di queste vaste mobilitazioni senza dubbio popolari, di massa, ma non per questo antimilitariste, con gli stessi partiti che non credo abbiano perso il loro ruolo di protagonisti politici pur mascherati dietro la fumosa cortina dell'obiettivo comune, cioè la pace. Lo scetticismo diviene più che giustificato guardando alle piazze che nuovamente si riempiono di quella gente che fino a pochi mesi fa risultava indifferente e amorfa ad ogni problema sociale, spesso rifiutando gli stessi richiami del fronte istituzionale ed in ogni caso priva di una coscienza delle proprie potenzialità, restando attualmente la solita massa di manovra per i giochi politici di sempre.
Il fattore emotivo è senza dubbio una molla non indifferente, la paura di un conflitto nucleare spaventa anche la massaia ed a migliaia i cittadini si mobilitano, muovendo molto i piedi, le corde vocali e ben poco il cervello, per non rendersi conto che non solo non siamo padroni di una libera esistenza ma neppure della nostra vita in senso più generale. Purtroppo, e questo va detto chiaramente, in queste manifestazioni oceaniche l'essenza del militarismo non viene mai messa in discussione, con l'assurda pretesa, tra l'altro, di voler a tutti i costi scindere la politica degli armamenti dai restanti problemi sociali, come se non esistesse un filo comune che lega ogni espressione di autoritarismo statale.
Questa diffusa sete di pace non frena la costruzione di nuove carceri e tanto meno impedisce che gli antimilitaristi, coloro che rifiutano la divisa, finiscano in galera accompagnati dalla solita indifferenza che, ora, preferisce manifestarsi collettivamente contro Reagan, Craxi, Lagorio (molto meno contro Breznev), ignorando nell'astrattezza parolaia delle istituzioni le lotte concretamente antimilitariste ed i veri obiettivi da intaccare quotidianamente. Se in Europa del nord possiamo osservare le manovre dei socialdemocratici nel losco tentativo di inserirsi all'interno del vasto movimento per la pace ed il disarmo, lasciano allibiti le ingenuità di quei movimenti pacifisti, svedesi e non, delusi dallo scandalo del sommergibile-spia sovietico, come se poi l'Armata Rossa avesse invaso l'Afghanistan a scopi puramente turistici. In Italia la situazione è ancora più triste ed ormai è risaputo che il PCI nuota nelle masse oceaniche per un recupero di prestigio e credibilità, mettendo in campo le proprie organizzazioni giovanili e culturali nell'intento di dare sia nuovi ideali ai militanti di base che di rivitalizzare lo stantio apparato di partito.
Parlare di spontaneismo pacifista diventa quasi un controsenso dove di spontaneo, in Italia soprattutto, esiste ben poco e quel poco diluito nel tranquillo oceano dell'immobilismo popolare, senza eccessive possibilità di sollevare tempeste contro il militarismo e lo stato.
Senza dubbio esiste anche il rovescio della medaglia ed il movimento anarchico si ritrova attualmente con maggiori occasioni per sviluppare delle attività antimilitariste, di essere almeno ascoltato da un'area più allargata di gente, non escludendo che minoranze di individui in buona fede possano, oltre a consumare le suole sull'asfalto, rendersi conto di chi parla di disarmo a titolo strumentale e chi, per il disarmo ed una società priva di autoritarismo e di violenza (cominciando a combattere quella istituzionale) lo è veramente e senza mezzi termini. Resta il problema di come smascherare le forze politiche-sindacali, tenendo conto dei nostri limitati spazi di intervento ma non dimenticando che il loro discorso "pacifista" non può tenere di fronte alla logica; le stesse responsabilità che i partiti rivestono nella politica degli armamenti (o i sindacati nella produzione bellica) rendono debole ogni loro discorso per la cosiddetta pace. Solo l'ignoranza e l'infantilismo di buona parte dell'opinione pubblica uniti allo squallido gregarismo dei loro attivisti (ancora più idioti) fornisce ai partiti la forza necessaria a presentarsi pubblicamente nel lancio di mobilitazioni o costituenti "Comitati per la pace ed il disarmo" sull'onda degli ormai ammuffiti "Comitati permanenti antifascisti".
Certamente una "Marcia Antimilitarista" con chiari intenti disarmisti ed un serio programma (rifiuto dei missili, fuori la Nato, smantellamento delle Forze Armate, dell'industria bellica e obiezione totale all'esercito) non potrebbe incontrare l'adesione ed il favore di queste forze dell'arco costituzionale e neppure delle vaste masse che gridano a squarciagola "PACE!". Iniziative del genere sarebbero anche realizzabili grazie all'impegno militante dei compagni, questo con l'enorme dispiacere dei partiti ed il diffuso assenteismo delle masse popolari. Senza aspettarsi grandi risultati emergerebbero almeno delle contraddizioni interne all'ammucchiata "pacifista", qualcuno potrebbe all'occasione aprire gli occhi e molti, per questioni di pubblico pudore, si vedrebbero costretti a tappare la bocca.

Piero Tognoli (Sondrio)