Rivista Anarchica Online
Abdel racconta
di Abdel A.
Come sei giunto agli ideali libertari? Ho
cominciato negli anni '70. Come la maggior parte dei militanti di sinistra ho già avuto esperienza
nel Partito Comunista tunisino; e poiché non s'era d'accordo col partito, che è nato negli anni '20,
sulle
sue posizioni storiche (essenzialmente nei riguardi della colonizzazione, perché a quell'epoca il PC era
filo-colonialista, voleva una Tunisia ed un Maghreb, in generale, francesi), si sono dunque condannate
le sue posizioni e un gran numero di militanti ha provato a organizzarsi in un nuovo movimento di
sinistra. Negli anni '70 abbiamo conosciuto, nella regione in cui vivevo, un insegnante di filosofia che
ci ha aiutato a conoscere il pensiero di estrema sinistra, il pensiero marxista... Quindi, a poco a poco,
su scala nazionale, c'è stata la creazione, nel '66-'67, dei Gruppi di Studio e d'Azione Socialista, gruppi
che si definiscono di estrema sinistra e in cui si trovano militanti maoisti, trotzkisti, tutti quelli cioè che
si rifanno alla sinistra e che rifiutano le posizioni del PC.... Dagli anni '72-'73, il gruppo diventa
sempre più importante; poi si costituisce l'organizzazione "Lavoratori Tunisini" che ha cominciato a
militare in Francia e che ha avuto una grande eco in Tunisia dove è considerata come la principale
organizzazione di estrema sinistra. In quel periodo io, come parecchi altri, avevo criticato (e critico
tuttora) le sue posizioni "militariste" e il tipo di rapporti esistenti tra i militanti: comitato centrale,
militanti di base... Il ruolo dei militanti di base sarebbe quello di eseguire le decisioni del comitato
centrale composto da poche persone...
In quest'organizzazione, i quadri
erano composti generalmente da studenti o da lavoratori? Erano essenzialmente studenti
perché sono loro che possono accedere al pensiero rivoluzionario e
socialista in genere. C'è stato qualche tentativo di integrare dei lavoratori che alla fine è fallito
perché,
nel paese, la coscienza operaia è essenzialmente "tradeunionista", il che non permette il nascere di una
coscienza politica. C'erano anche dei funzionari pubblici che si contavano sulle dita di una mano. A
varie riprese sono stato tacciato di trotzkista perché avevo criticato le decisioni del comitato centrale;
poi, in seguito a diversi processi, l'organizzazione si è sgretolata. Infine, al termine del '74, ho lasciato
l'organizzazione perché non corrispondeva a ciò che io volevo, all'attività rivoluzionaria
che volevo
portare avanti. Per parecchi anni si è rimasti in attesa, in quanto né il trotzkismo né
l'anarchismo
erano sufficientemente sviluppati (non c'erano molti libri, visto che lo stalinismo dell'organizzazione
soffocava tutte le tesi che non fossero quelle staliniane) e, per questo, ognuno ha cercato la sua strada
individualmente. Attraverso alcune persone che erano emigrate in Francia ed in Europa, si sono potuti
leggere Pannekoek, Castoriadis, ecc... Poi, un anarco-sindacalista ci ha permesso di conoscere
Bakunin, Kropotkin... e, da quel momento, ha cominciato ad emergere un movimento autogestionario
che rifiuta lo stalinismo e che opta per quelli che si possono chiamare i Consigli Operai. Così, a
partire dagli anni '80, alcuni gruppi che si richiamano ai Consigli Operai hanno cominciato ad
operare e sono presenti soprattutto nell'ambiente studentesco. Adesso cominciano ad entrare negli
ambienti operai, soprattutto tra i sindacalisti perché ci sono stati moltissimi anarco-sindacalisti che
son ritornati in patria; comincia a nascere, principalmente a partire dall'insurrezione del 26 gennaio
1978...
Degli anarco-sindacalisti tunisini? Dei
tunisini che erano emigrati in Francia...
Che cosa rappresentano questi
gruppi anarco-sindacalisti? Numericamente, non sono molto importanti. Ma ci sono
moltissimi tunisini che sono tuttora consigliari,
che militano nelle organizzazioni in Francia o che hanno operato in organizzazioni come
l'Internazionale Situazionista o "Socialisme ou Barbarie". Altri continuano a lavorare in un modo o
nell'altro, fanno soprattutto traduzioni di testi consigliari in arabo... Altri ancora si sono ritirati. La
nuova generazione di consigliari è una generazione di studenti che, come me, hanno già avuto
un
passato, hanno militato in organizzazioni staliniste e che, alla fine, vogliono agire non in quanto
anarchici ma in quanto persone che rifiutano di essere alle dipendenze del comunismo stalinista. Nel
1980, si è tentata un'esperienza con una decina di persone (studenti soprattutto): si è creata una
piccola organizzazione "Per i Consigli Operai", che raggruppava insieme anarchici e trotzkisti. Non
ha funzionato perché, in effetti, le divergenze all'interno di quel gruppo, tra anarchici e trotzkisti, erano
grandissime. Ma non si può dire che il movimento anti-stalinista di sinistra in Tunisia sia davvero
predominante, qualche breccia comincia a crearsi e io credo possibile che un movimento anarchico
possa vedere la luce, anche se avrà enormi difficoltà; e queste difficoltà provengono
principalmente
dal carattere delle società in cui si vive: sono società totalitarie, quindi nemmeno la democrazia,
nel
senso borghese del termine, è permessa. Non si riescono a trovare gruppi anarchici (o trotzkisti o di
estrema sinistra... poco importa), che vendano i loro libri. L'attività si svolge essenzialmente nella
clandestinità e quelli che si permettono di parlare in pubblico sono, per gli anarchici, gli
anarco-sindacalisti perché, per principio, i sindacalisti sono
tollerati.
Gli anarco-sincadalisti militano nei sindacati, in Tunisia, e
sotto quale forma? E si dichiarano
anarco-sindacalisti? Come cercano di mascherarlo? No, non possono dichiararsi
anarco-sincadalisti visto lo statuto dei diritti politici nel paese. Qui non
sono permesse organizzazioni che non si riferiscono al Fronte Nazionale. Gli anarco-sindacalisti non
militano nella legalità ma esistono. Aderiscono all'unico sindacato esistente nel paese: l'Unione
Generale dei Lavoratori Tunisini (UGTT), e si possono riconoscere come anarco-sindacalisti per le
loro proposte di soluzione dei problemi quotidiani.
Ci sono altri
movimenti di tendenza libertaria negli altri paesi del Maghreb? Non in Marocco, in cui
tutto il movimento di estrema sinistra è un movimento maoista; ci sono anche
dei trotzkisti. In Algeria la situazione è un po' diversa. Il fatto che ci siano moltissimi berberi, quindi
una minoranza nazionale e anche il fatto che l'immigrazione è molto più importante, ha permesso
dei
contatti più stretti tra gli immigrati e i radicali di ogni tendenza che vivono in Francia. Conosco alcuni
anarchici, anche individualisti. L'idea dell'autogestione non è un'idea tanto estranea alla storia dell'
Algeria perché, durante il movimento di liberazione nazionale, agli inizi del '62, i contadini e gli operai
hanno costruito sistemi autogestionari. Quei sistemi erano difesi ad esempio dai consigliari e, tra gli
altri, dall' Internazionale Situazionista. E c'è moltissima gente che ha seguito il movimento
autogestionario.
Che cosa occorre fare adesso perché il
movimento libertario s'ingrandisca? Secondo me, occorre fare un lavoro teorico,
contribuire alla formazione dei giovani. Credo che ci sia,
in Tunisia ad esempio, un rifiorire di giovani che sono anarchici ante-litteram. Sono anarchici nella
loro vita quotidiana, nel rifiuto dello Stato, nel rifiuto di Dio e non lo sanno, non possiedono una teoria
elaborata che permetta loro di approfondire la loro ribellione. Credo che se ci si rivolgesse ai giovani,
si potrebbe contribuire alla creazione di un movimento anarchico formidabile. C'è un problema
gravissimo nei paesi mussulmani: il problema dell'integralismo, dell'Islam. Moltissimi giovani sono
manipolati da seguaci mussulmani, da gente che sfrutta la rivolta giovanile in un senso sostanzialmente
negativo. Perciò, ci sono parecchie difficoltà per parlare ai giovani di problemi tabù, tanto
più che
l'estrema sinistra ora rifiuta di affrontare il problema religioso. Soltanto i libertari o i radicali portano
avanti la lotta a livello religioso morale. Si ritiene che questo non porti a grandi risultati, che non ci
si possa avvicinare se si pone il problema della religione, mentre per me, tra i punti che mi hanno
spinto ad adottare il pensiero libertario, è stata essenzialmente proprio questa contestazione radicale
non solo dello Stato in quanto Stato ma anche di Dio. In una situazione in cui il problema rimane
sostanzialmente tabù, soprattutto in presenza di quello che viene chiamato rinnovamento islamico,
dell'ondata del khomeinismo... Per gli anarchici, c'è molto da lavorare, il lavoro teorico per cercare
di raggiungere i giovani, essenzialmente i giovani ribelli. L'anno scorso e anche quest'anno, le scuole
sono rimaste chiuse per più di tre mesi; si assiste in questo periodo alla nascita di un movimento
liceale, un movimento studentesco (il primo è nuovo) e se c'è materiale teorico necessario, si
può
contribuire all'emergere del movimento libertario.
Puoi parlarci del
tuo arresto, perché e come è avvenuto? Sono stato arrestato il 26 gennaio
1980, in piena celebrazione degli avvenimenti dell'insurrezione del
26 gennaio '78. In quel momento, ero insegnante ed essendo anche sindacalista, non sapevo perché mi
avessero arrestato: se per lotte sindacali o per altro. Gli sbirri sono entrati nel liceo e, davanti agli
alunni, mi hanno portato via. Hanno cominciato a torturarmi, a domandarmi a quale organizzazione
appartenevo, eccetera. Poiché non dicevo niente (non sapevo perché mi avevano arrestato), mi
hanno
mostrato dei testi che non avevo redatto io stesso: testi teorici, lezioni di socialismo nei paesi totalitari,
volantini che riguardavano l'aumento dei prezzi e dei salari, quindi dei testi che fanno parte del gruppo
"Per i Consigli Operai". E, in quel momento, ho saputo che altri compagni erano stati arrestati nello
stesso momento perché avevano fatto delle scritte per sostenere la lotta autonoma della classe operaia.
Per questo fummo arrestati: per un gruppo di lavoro teorico e di propaganda. Sono stato condannato
a un anno, un operaio che era con me a otto mesi e gli altri sono stati rilasciati perché, in quel periodo,
il paese ha avuto l'operazione di Gasfa. Ci sono state 15 esecuzioni e delle pressioni internazionali
(Francia e USA soprattutto) sul governo perché avviasse un processo di "democraticizzazione". Col
risultato che alcuni tra noi sono stati rilasciati e, dopo qualche mese di prigione, amnistiati.
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