Rivista Anarchica Online
Quant'è lontano l'autunno caldo
di Nucleo anarchico Cesano Maderno
Con la firma del contratto dei metalmeccanici si è chiuso l'ultimo atto della farsa per i rinnovi
contrattuali. La situazione contrattuale non è una delle migliori sia a livello politico che sociale. Da una parte
abbiamo un padronato forte del suo potere, con una strategia economica che si articola nella
chiusura totale delle fabbriche improduttive e nell'uso della crisi economica al fine di poter
ristrutturare le fabbriche adottando sempre più nuove tecniche, che vanno dalle isole di produzione
(vedi ALFA ROMEO) all'introduzione dei microprocessori e quindi dell'informatica come
linguaggio per poter comandare impianti completamente robotizzati (vedi FIAT) con investimenti
di molti miliardi, sicuri di poterli recuperare in breve tempo usando la ormai tanto conosciuta CIG
(Cassa Integrazione Guadagni) come anticamera di licenziamento, per la manodopera a basso
livello, diventata eccedente, scaricando nello stesso tempo una parte dei costi allo stato. In questo
modo i padroni caricano il loro rinnovamento sulle spalle dei ceti minori e della classe operaia, che
viene accusata di avere un costo di lavoro molto alto ed una scarsa professionalità. Dall'altra parte abbiamo un sindacato sempre più costretto ad un ruolo di mediazione con il
padronato e lo stato e sempre più diviso al suo interno dalle varie beghe di partito e di spartizione
di potere. Un sindacato comunque che per una logica sua interna (anche quando era a fianco degli
operai) ha sempre cercato la mediazione e il recupero di certe frange pseudo-rivoluzionarie per il
mantenimento dell'ordine e della convivenza democratica. Ne è una conferma l'accordo del 22 gennaio, così spudoratamente fatto approvare alla base, con la
scusa che accettando questo accordo sarebbe seguita l'immediata firma dei contratti e che sarebbe
stato sconfitto il tentativo padronale di eliminare e scavalcare il sindacato: dimenticando che al
padronato fa comodo un sindacato che si impegni a cogestire, a vigilare il ciclo produttivo e a
controllare una classe operaia che non sempre sarà disposta ad accettare le scelte padronali. Un
sindacato consenziente, quindi, al posto di un sindacato sconfitto. Ne sono un'ulteriore prova i contratti firmati, per i quali è stato usato come metro di misura il
famigerato accordo 22 Gennaio. Vi troviamo gli aumenti retributivi scaglionati in tre anni; il tasso
d'inflazione calcolato al 13% mentre siamo al 16%; un rigoroso controllo dell'ammalato
«assenteista» con fasce orarie dove i controllori dell'USSL verificano il suo stato di salute, con la
perdita di tutto il periodo di malattia nel caso in cui non venga trovato in casa; una riduzione di
orario di 40 ore annuali a partire dal 1.1.85, che a conti fatti consiste in meno di 5/6 minuti al
giorno; un inquadramento professionale che penalizza le basse categorie e privilegia quelle più alte,
quindi quelle più professionali (nell'accordo CONFAPI si arriva addirittura ad avere la 9a
categoria); una flessibilità di orario per alcuni contratti dove per esigenze produttive si dovrebbe
lavorare 45 ore settimanali pagate pari a 40, compensate con settimane di 35 ore pagate sempre 40,
il che significa chiaramente essere al servizio della fabbrica; uno straordinario obbligatorio dove
«l'azienda potrà comandare prestazioni straordinarie fino ad un massimo individuale di 32 ore
annuali per aziende con oltre 200 lavoratori e di 40 ore annuali per aziende inferiori, per ciascun
lavoratore di produzione. I lavoratori non potranno esimersi dall'effettuazione del lavoro
straordinario così come definito in sede aziendale secondo i criteri indicati» (ipotesi d'accordo
CONFAPI). Del lavoro straordinario il lavoratore può essere avvertito anche soltanto 24 ore prima.
Questo significa che non avremo più nemmeno la completa disponibilità del già misero tempo
libero. Ed infine una contrattazione aziendale bloccata per 18 mesi ed una modifica della sua prassi:
«( ... ) qualora le trattative aziendali non approdino a positive conclusioni, le parti - allo scopo di
evitare turbative nell'ordinato svolgimento dei rapporti di lavoro in azienda - esperiranno un
tentativo di conciliazione a livello di segreterie provinciali o territoriali della CONFAPI e della
FLM. Fino all'avvenuto esperimento di tale tentativo, non si farà ricorso all'azione sindacale diretta,
mentre l'azienda non darà luogo ad applicazioni unilaterali delle materie oggetto di trattative»
(ipotesi d'accordo CONFAPI). Questo significa che se prima era la base ad essere scavalcata ora viene eliminato anche il consiglio
di fabbrica, togliendo completamente quel poco di autonomia che ancora rimaneva. La strategia padronale, la politica sindacale tendente alla cogestione e la pratica continua della
delega costringono la classe operaia a subire questa situazione politica facendole perdere sempre
più la possibilità di una riappropriazione di quelli che sono i mezzi e i metodi che portano ad una
sua emancipazione. Bisogna quindi sconfiggere questa politica e cercare di sviluppare all'interno di ogni fabbrica, dove
sia possibile, azioni dirette per eliminare la delega e autogestire le proprie lotte. Anche se significa
ricominciare da capo.
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