Rivista Anarchica Online
Franti, sei tutti noi
a cura della Redazione
E' uno degli «avvenimenti» di questa autunnale stagione cultural/video/spettacolare. Parliamo
delle 6 puntate televisive di «Cuore»: ulteriore inevitabile prezzo da pagare alla moda del riflusso. Come sempre in simili occasioni, si sono sprecati i dibattiti tra esperti, le dotte dissertazioni dei
sociologi di grido, le recensioni entusiaste. Anche a noi di «A» non abbiamo voluto essere da
meno. Ed ecco il parere dei nostri «esperti»: i FRANTI (con tanto di «a» cerchiata) di Torino, la
hardcore folk band (così si definiscono) che ha scelto come nome quello del «cattivo»
deamicisiano. Questa trasmissione televisiva rilancia in tutta l'Italietta il loro nome maledetto e
contribuisce a renderli sempre più (im)popolari. Ma loro, frantianamente, il giovedì sera si
rifiutano di accendere il video. Ma non rinunciano, comunque a dir la loro.
Eravamo davanti al televisore, una sera di alcuni mesi fa, quando, in un programma che non
ricordiamo, dissero che ad ottobre la RAI avrebbe messo in onda il «Cuore» di De Amicis in
versione televisiva. Dopo alcuni secondi parlammo tutti insieme, uno sull'altro, «chissà come
faranno Franti». Già. Come faranno l'infame, spregevole bambino cattivissimo del libro Cuore?
Adesso è ottobre. La prima puntata l'hanno trasmessa. Non l'abbiamo vista, difficilmente vedremo
le prossime. C'è una cosa che speriamo: che Franti non risulti la solita figura del ragazzo emarginato perché
povero, che però se fosse educato bene potrebbe... Il regista Comencini ha dichiarato che Franti è il bambino che più gli piace. E' un guaio: il regista di «Pinocchio» magari vorrà mettersi in corsa
anche lui con gli altri intellettuali, grassocci e ben coperti, a cercare le spiegazioni del declino, delle
barbarie e, su scala più ridotta, delle malvagità di Franti. Cioè descriverlo, spiegarlo, soprattutto
giustificarlo. E sappiamo che descrivere vuol dire razionalizzare, mettere su Franti la logica del
2+2=4; cosa che lui, Franti, ha sempre negato con il suo ghigno di «analfabeta d'avanguardia»,
come scrisse Umberto Eco. Oggi Franti sarebbe un ragazzino da iscrivere nelle liste «area di rischio», come le chiamano qui a
Torino (e, forse, anche altrove). Vale a dire nell'elenco di tutti coloro che potrebbero rubare,
drogarsi, disertare, sparare, non lavorare, fare il culo al maestro o al preside; la grande trovata del
Comune di Torino (dove pure è ambientato il «Cuore», che combinazione!): schediamo chiunque è
diverso, aiutiamolo ad inserirsi, diamogli un posto, un alloggio, una moglie. Ognuno ha un posto
nel reich di Craxi: se Franti non vuole studiare, va bene, ma ficchiamogli in testa qualcosa, che so,
la Juve, il volontariato in Libano, la divisa da caramba. Ma per farlo dobbiamo conoscerlo. Quanto è alta la cresta di Franti? Di che colore? E' un punk o un
punx? Che bar frequenta? Che pullman prende di notte per tornare al suo casermone alle Vallette?
Pure dei musicisti s'adoperano per conoscerli, studiarli, dar loro delle chances perché suonino gratis
ai loro festivals. E' sulle facce di questi «indagatori - giustificatori - vivisettori» che il gruppo che
porta il nome del ribelle Franti, ha sempre sputato. Di Franti non si deve parlare. Perché Franti non parla. Ride sulla faccia dei tristi bambini a cui hanno insegnato a voler bene al re
e alla faccia di Comencini e della De Sio, già moglie cinematografica di Dalla Chiesa.
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