Rivista Anarchica Online
Anarchismo
& futurismi
di Marina Padovese / Fabio Santin
Chiude
il 12 ottobre la mostra veneziana "Futurismo & futurismi".
Aperto resta invece il dibattito sull'importanza ed il valore di quel
movimento. Che, soprattutto ai suoi inizi, ebbe anche rapporti e
mutuò suggestioni dall'anarchismo. Anche
se poi le loro strade andarono in opposte direzioni.
Milano,
10 maggio 1906: l'anarchico Angelo Galli viene ucciso da un guardiano
dello stabilimento Macchi e Passoni. Galli, attivo agitatore
sindacale, aveva appena presentato e fatto votare alla Camera del
Lavoro un ordine del giorno per lo sciopero generale di protesta
contro i ripetuti e brutali interventi della polizia contro i
lavoratori. Anche quel giorno era andato a picchettare davanti ad una
fabbrica e qui, assieme ai suoi compagni, era stato assalito e
pugnalato dai guardiani. I suoi funerali furono l'occasione per
l'ennesima repressione e l'immagine delle bandiere nere, in un
groviglio di uomini e cavalli, diventò il tema del grande quadro
"Funerale dell'anarchico Galli", dipinto da Carlo Carrà nel
1911. Prendere
spunto da questo episodio della lotta sociale, e realizzare quello
che sarà poi uno dei cinque grandi quadri futuristi, non fu un fatto
occasionale per Carrà. Egli conosceva già gli anarchici fin dai
primi contatti a Parigi, e poi a Londra, dove aveva incontrato
Malatesta. Tornato in Italia, aveva collaborato graficamente a varie
riviste, fra cui "Sciarpa nera" e "La rivolta" di
Milano, "La barricata" di Parma; porta la sua firma anche
il marchio della Casa Editrice Sociale, la più importante impresa
editoriale libertaria dell'epoca. Il
quadro fu esposto alla Casa del Lavoro di Milano, nella prima Mostra
d'Arte Libera. Non era l'unica opera presente a rispecchiare un
interesse sociale: le facevano contorno "La rivolta" di Luigi
Russolo, "La città che sale" (che doveva inizialmente
intitolarsi "Il lavoro") di Umberto Boccioni e, sempre di
Boccioni, "La risata". Con
queste opere si può dire inizi concretamente l'avventura futurista,
anche se il manifesto di fondazione appare sul "Figaro" di
Parigi già nel febbraio del 1909 ad opera di Filippo Tommaso
Marinetti. II Manifesto dei pittori futuristi vede la luce a Milano
esattamente un anno dopo. In realtà Marinetti, quando fa pubblicare
il manifesto, ha solo un'intuizione di quello che potrebbe diventare
il movimento. Come poeta e letterato, avverte la necessità di
ricercare un'espressione adeguata ai tempi della nuova società
industriale e tecnologica, in antitesi totale verso l'arte ufficiale
che nell'Italia Umbertina si manifestava in un'adesione retorica e
celebrativa al classicismo più trionfale (con risultati di pessimo
gusto, basti pensare al Palazzo di Giustizia o al Vittoriano di
Roma). Marinetti
era alla ricerca di una risposta italiana a quanto stava avvenendo a
Parigi: le concezioni cubiste sullo spazio e sul movimento, che dal
1907 stavano rimettendo definitivamente in discussione la teoria
rinascimentale della prospettiva (e che avrebbero poi influenzato
ogni forma d'espressione), erano la trasposizione visiva delle più
avanzate scoperte scientifiche dell'epoca. Marinetti
quindi si inventa il ruolo di organizzatore totale: in meno di un
anno raccoglie intorno a sé un gruppo di pittori provenienti dalle
più diverse esperienze espressive e ciò grazie alla sua
straordinaria energia, alla capacità di trasmettere stimoli, idee,
intuizioni, alle sue notevoli risorse finanziarie, al suo senso delle
pubbliche relazioni, che trasformava tutto in avvenimento e in
propaganda (1), unito all'uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione
di massa. "Marinetti
ha inventato il giornalismo moderno. Ha capito che l'informazione
precede gli avvenimenti. Quando ha pubblicato il manifesto, il
futurismo non esisteva ancora. L'informazione ha preceduto la realtà
e ha contribuito a crearla" (P. Hulten). Del
primo gruppo di artisti che nel 1910 firmeranno il "Manifesto
dei pittori futuristi" (che inizia con "Compagni! Noi vi
dichiariamo che il trionfante progresso della scienza ha determinato
nell'umanità mutamenti tanto profondi da scavare un abisso fra i
docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa
magnificenza del futuro") fanno parte Umberto Boccioni, Carlo
Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini. Boccioni,
che sarà il maggior protagonista, risente delle influenze
divisioniste e simboliste e successivamente dell'espressionismo di
Munch e di Ensor, mentre le prime esperienze di Balla e Carrà sono
nell'ambito del divisionismo. Questo
gruppo darà vita a un movimento di battaglia culturale, che si
svilupperà con una rapidità e un successo travolgenti, in
contrapposizione polemica al movimento cubista francese. Al cubismo,
movimento elitario, introspettivo e accessibile a pochi, i futuristi
oppongono un movimento magari contraddittorio, ma certamente
complesso, estroverso e aggressivo, con un largo seguito popolare. "Noi
futuristi affermiamo dunque che portando nella pittura l'elemento
suono, l'elemento rumore e l'elemento odore tracciamo nuove strade.
Abbiamo già creato negli artisti l'amore per la vita moderna
essenzialmente dinamica, sonora, rumorosa e odorante, distruggendo la
stupida mania del solenne, del togato, del sereno, dello ieratico,
del mummificato, dell'intellettuale, insomma. L'Immaginazione
senza fine, le parole in libertà, l'uso sistematico
delle onomatopee, la musica antigraziosa senza
inquadratura ritmica e l'arte dei rumori sono scaturiti dalla
stessa sensibilità futurista che ha generato la pittura dei suoni,
dei rumori e degli odori. (...) Questo ribollimento e turbine di
forme e di luci sonore, rumorose e odoranti è stato reso in parte da
me nel Funerale anarchico e Sobbalzi di
fiacre, da Boccioni negli Stati d'animo e
nelle Forze di una strada, da Russolo nella Rivolta e
da Severini nel Pan pan, quadri violentemente discussi
nella nostra prima Esposizione di Parigi (febbraio 1912). Questo
ribollimento implica una grande emozione e quasi un delirio
nell'artista, il quale, per dare un vortice, deve essere un vortice
di sensazione, una forza pittorica e non un freddo intelletto logico.
Sappiatelo dunque! Per ottenere questa pittura totale, che
esige la cooperazione attiva di tutti i sensi, pittura - stato
d'animo plastico universale, bisogna dipingere come gli ubriachi
cantano e vomitano, suoni, rumori e odori" (C. Carrà, "La
pittura dei suoni, rumori, odori"). In
occasione della grande mostra veneziana, la stampa più varia ha
contribuito ad aumentare gli equivoci sull'interpretazione degli
aspetti ideologico-politici del movimento futurista. E così si
potevano leggere titoli del tipo: "Anarchici o fascisti"
(La Repubblica) o "Quell'ambiguo confine col fascismo" (La
Stampa), ecc. Lo
sbrigativo accostamento tra futurismo e fascismo, già sostenuto da
Croce nel '24, quando affermava l'origine ideale del fascismo "(...)
in quella risolutezza a scendere in piazza, (...) in quell'ardore a
rompere ogni tradizione, (...) che fu proprio del futurismo",
appare oggi quanto meno arbitrario. Questa
interpretazione fu fatta proprio da certa critica d'arte per lo più
d'orientamento marxista che, dal secondo dopoguerra in poi, ha
fomentato un vero e proprio ostracismo nei confronti dell'unico
movimento artistico italiano del '900 di levatura europea, con
ripercussioni in tutto il mondo (America del Nord, del Sud, Giappone,
Russia, ecc.). È
innegabile che alcune componenti del futurismo diventeranno
patrimonio, e saranno fra le caratteristiche, del nascente fascismo:
basti pensare all'ultranazionalismo, all'antipacifismo e al relativo
mito della guerra. Ma questi pochi elementi non bastano ad
identificare i due movimenti: futurismo e fascismo non sono la stessa
cosa. Le schematizzazioni correnti, poi, sono basate su premesse
tutte da verificare; lo stesso Renzo De Felice, storico del fascismo,
lamenta una generale carenza di studi sull'aspetto
ideologico-politico del futurismo, un'assenza pressoché totale di
strumenti ausiliari, per l'eventuale ricerca, di studi biografici sui
protagonisti, a partire dallo stesso Marinetti. Lo
spirito nazionalista, ad esempio, non era una caratteristica solo dei
futuristi: "Il nazionalismo era un mastice che incollava tutti e
tutto, al di là di ogni divergenza di natura letteraria, politica e
filosofica" (De Micheli). Vi si trovavano uniti social-riformisti,
cattolici e idealisti. Per
quanto riguarda poi il mito della guerra "sola igiene del
mondo", l'entusiastico schieramento, nel 1914/15, da parte dei
futuristi, non può automaticamente portare a "considerare
tout-court fascisti tutti coloro che passano per l'esperienza
dell'interventismo rivoluzionario (...) è una semplificazione ormai
insostenibile in sede storica" (Renzo De Felice). Non
bisogna dimenticare inoltre che molti, fra i futuristi, venivano
dalle file anarchiche o anarcosindacaliste. Si pensi a un G. Pietro
Lucini, poeta anarchico, anticipatore e collaboratore del futurismo.
Lo stesso Marinetti proveniva dall'ambiente dei poeti simbolisti
francesi, sostenitori e divulgatori delle idee libertarie. È da
ricordare in questo senso il suo "Eloge de la dynamite" in
cui manifesta solidarietà alle vittime dell'autocrazia zarista e
l'incitamento agli spagnoli, dalla rivista "Prometeo" di
Madrid, a ribellarsi "Contro la Spagna passatista". I
futuristi diventarono rapidamente molto popolari fra i lavoratori che
seguivano con attenzione le loro opere letterarie; le più importanti
riviste, fra cui "Lacerba" (2), furono diffuse proprio in
questo ambiente. Più
che un preciso impegno politico, quello dei futuristi si può
definire un atteggiamento con valenze di tipo rivoluzionario, di
derivazione sovversiva e anarchica. Nei loro manifesti sono evidenti
le componenti e i segni dell'influenza libertaria e repubblicana di
fine secolo. D'altra
parte nessun protagonista del futurismo ricoprirà cariche di
importanza nel Partito Nazionale Fascista o nel regime e nessuno vi
svolgerà un ruolo politicamente significativo. Soprattutto dopo il
Colpo di Stato i futuristi, e lo stesso Marinetti, non faranno più
dichiarazioni politiche o ideologiche dando per scontate le loro
divergenze da un regime che "riproduce e diffonde, aggravati,
molti di quei mali che essi hanno combattuto nello Stato Liberale e
denunciato in quello comunista; che "L'italiano di Mussolini"
è agli antipodi del loro "italiano tipo unico"; che il
totalitarismo mussoliniano è la negazione della democrazia
individualista e del nuovo stato antistatalista e anarchicheggiante
da essi vagheggiato; che i compiti assegnati dal regime agli
intellettuali sono tutt'altra cosa dalla missione liberatoria
dell'individuo da loro attribuita agli artisti" (De Felice). Riflessi
di anarchismo e socialismo libertario in questi primi anni sono
evidenti anche nei manifesti politici. Nel 1° Manifesto si legge:
"Noi vogliamo glorificare il gesto distruttore dei libertari".
Nel "Manifesto del partito politico futurista", fra
l'altro, si proclama "...Svalutazione graduale del matrimonio
per l'evento graduale del libero amore (...). Espropriazione di tutte
le terre incolte (...). Preparazione della futura socializzazione
delle terre (...). Energica tassazione dei beni ereditari (...).
Massimo legale di otto ore di lavoro (...). Parificazione uguale
lavoro delle mercedi femminili con le mercedi maschili (...).
Sostituire all'attuale anticlericalismo retorico e quietista un
anticlericalismo d'azione violento e deciso, per sgomberare Roma dal
suo medioevo teocratico, che potrà scegliere una terra adatta ove
morire lentamente...". (La parola "svaticanamento" con la
quale si proponeva l'espulsione dall'Italia del papa, fu inventata
proprio allora dai futuristi). In
realtà poi, nel 1914, con l'inizio della guerra, l'avventura
futurista, nel senso pittorico almeno, può dirsi conclusa: nessuna
delle grandi problematiche che avevano stimolato la nascita delle
avanguardie artistiche europee sfiorava ormai il futurismo Italiano.
Per questo, già nel 1916, Carrà se ne era andato, affascinato dalla
pittura metafisica di De Chirico. Pure Sironi e Soffici si erano
allontanati, mentre Boccioni, a soli 34 anni, era morto. Severini si
avvicinava sempre di più al cubismo e Balla era ormai titubante. "Anarchismo
e futurismo erano fatti per incontrarsi, e per scontrarsi, per fare
un tratto di strada assieme molestandosi e provocandosi (...). Ma
l'anarchismo aveva ragioni sue positive, una tradizione, una storia
sociale che al futurismo erano estranee e alla fine antagoniste" (P.
C. Masini in "II futurismo").
(1)
Per dare un esempio dell'organizzazione dei futuristi basti pensare
che esisteva a Milano un ufficio stampa che provvedeva alla
distribuzione di libri, opuscoli e manifesti per lo più
gratuitamente e registrava dettagliatamente tutto ciò che su di loro
veniva pubblicato in ogni parte del mondo.
(2)
In una lettera a Trotzki (del '22), Gramsci racconta: "La
rivista "Lacerba" che aveva una tiratura di 20.000
esemplari, era diffusa per i 4/5 fra i lavoratori. Durante le molte
manifestazioni dell'arte futurista nei teatri delle grandi città
italiane capitò che i lavoratori difendessero i futuristi contro i
giovani mezzo aristocratici o borghesi, che si picchiavano con i
futuristi".
|