Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 139
estate 1986


Rivista Anarchica Online

Anarchismo & futurismi
di Marina Padovese / Fabio Santin

Chiude il 12 ottobre la mostra veneziana "Futurismo & futurismi". Aperto resta invece il dibattito sull'importanza ed il valore di quel movimento. Che, soprattutto ai suoi inizi, ebbe anche rapporti e mutuò suggestioni dall'anarchismo. Anche se poi le loro strade andarono in opposte direzioni.

Milano, 10 maggio 1906: l'anarchico Angelo Galli viene ucciso da un guardiano dello stabilimento Macchi e Passoni. Galli, attivo agitatore sindacale, aveva appena presentato e fatto votare alla Camera del Lavoro un ordine del giorno per lo sciopero generale di protesta contro i ripetuti e brutali interventi della polizia contro i lavoratori. Anche quel giorno era andato a picchettare davanti ad una fabbrica e qui, assieme ai suoi compagni, era stato assalito e pugnalato dai guardiani. I suoi funerali furono l'occasione per l'ennesima repressione e l'immagine delle bandiere nere, in un groviglio di uomini e cavalli, diventò il tema del grande quadro "Funerale dell'anarchico Galli", dipinto da Carlo Carrà nel 1911.
Prendere spunto da questo episodio della lotta sociale, e realizzare quello che sarà poi uno dei cinque grandi quadri futuristi, non fu un fatto occasionale per Carrà. Egli conosceva già gli anarchici fin dai primi contatti a Parigi, e poi a Londra, dove aveva incontrato Malatesta. Tornato in Italia, aveva collaborato graficamente a varie riviste, fra cui "Sciarpa nera" e "La rivolta" di Milano, "La barricata" di Parma; porta la sua firma anche il marchio della Casa Editrice Sociale, la più importante impresa editoriale libertaria dell'epoca.
Il quadro fu esposto alla Casa del Lavoro di Milano, nella prima Mostra d'Arte Libera. Non era l'unica opera presente a rispecchiare un interesse sociale: le facevano contorno "La rivolta" di Luigi Russolo, "La città che sale" (che doveva inizialmente intitolarsi "Il lavoro") di Umberto Boccioni e, sempre di Boccioni, "La risata".
Con queste opere si può dire inizi concretamente l'avventura futurista, anche se il manifesto di fondazione appare sul "Figaro" di Parigi già nel febbraio del 1909 ad opera di Filippo Tommaso Marinetti. II Manifesto dei pittori futuristi vede la luce a Milano esattamente un anno dopo. In realtà Marinetti, quando fa pubblicare il manifesto, ha solo un'intuizione di quello che potrebbe diventare il movimento. Come poeta e letterato, avverte la necessità di ricercare un'espressione adeguata ai tempi della nuova società industriale e tecnologica, in antitesi totale verso l'arte ufficiale che nell'Italia Umbertina si manifestava in un'adesione retorica e celebrativa al classicismo più trionfale (con risultati di pessimo gusto, basti pensare al Palazzo di Giustizia o al Vittoriano di Roma).
Marinetti era alla ricerca di una risposta italiana a quanto stava avvenendo a Parigi: le concezioni cubiste sullo spazio e sul movimento, che dal 1907 stavano rimettendo definitivamente in discussione la teoria rinascimentale della prospettiva (e che avrebbero poi influenzato ogni forma d'espressione), erano la trasposizione visiva delle più avanzate scoperte scientifiche dell'epoca.
Marinetti quindi si inventa il ruolo di organizzatore totale: in meno di un anno raccoglie intorno a sé un gruppo di pittori provenienti dalle più diverse esperienze espressive e ciò grazie alla sua straordinaria energia, alla capacità di trasmettere stimoli, idee, intuizioni, alle sue notevoli risorse finanziarie, al suo senso delle pubbliche relazioni, che trasformava tutto in avvenimento e in propaganda (1), unito all'uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione di massa.
"Marinetti ha inventato il giornalismo moderno. Ha capito che l'informazione precede gli avvenimenti. Quando ha pubblicato il manifesto, il futurismo non esisteva ancora. L'informazione ha preceduto la realtà e ha contribuito a crearla" (P. Hulten).
Del primo gruppo di artisti che nel 1910 firmeranno il "Manifesto dei pittori futuristi" (che inizia con "Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso della scienza ha determinato nell'umanità mutamenti tanto profondi da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro") fanno parte Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini.
Boccioni, che sarà il maggior protagonista, risente delle influenze divisioniste e simboliste e successivamente dell'espressionismo di Munch e di Ensor, mentre le prime esperienze di Balla e Carrà sono nell'ambito del divisionismo.
Questo gruppo darà vita a un movimento di battaglia culturale, che si svilupperà con una rapidità e un successo travolgenti, in contrapposizione polemica al movimento cubista francese. Al cubismo, movimento elitario, introspettivo e accessibile a pochi, i futuristi oppongono un movimento magari contraddittorio, ma certamente complesso, estroverso e aggressivo, con un largo seguito popolare.
"Noi futuristi affermiamo dunque che portando nella pittura l'elemento suono, l'elemento rumore e l'elemento odore tracciamo nuove strade. Abbiamo già creato negli artisti l'amore per la vita moderna essenzialmente dinamica, sonora, rumorosa e odorante, distruggendo la stupida mania del solenne, del togato, del sereno, dello ieratico, del mummificato, dell'intellettuale, insomma. L'Immaginazione senza fine, le parole in libertà, l'uso sistematico delle onomatopee, la musica antigraziosa senza inquadratura ritmica e l'arte dei rumori sono scaturiti dalla stessa sensibilità futurista che ha generato la pittura dei suoni, dei rumori e degli odori. (...) Questo ribollimento e turbine di forme e di luci sonore, rumorose e odoranti è stato reso in parte da me nel Funerale anarchico e Sobbalzi di fiacre, da Boccioni negli Stati d'animo e nelle Forze di una strada, da Russolo nella Rivolta e da Severini nel Pan pan, quadri violentemente discussi nella nostra prima Esposizione di Parigi (febbraio 1912). Questo ribollimento implica una grande emozione e quasi un delirio nell'artista, il quale, per dare un vortice, deve essere un vortice di sensazione, una forza pittorica e non un freddo intelletto logico. Sappiatelo dunque! Per ottenere questa pittura totale, che esige la cooperazione attiva di tutti i sensi, pittura - stato d'animo plastico universale, bisogna dipingere come gli ubriachi cantano e vomitano, suoni, rumori e odori" (C. Carrà, "La pittura dei suoni, rumori, odori").
In occasione della grande mostra veneziana, la stampa più varia ha contribuito ad aumentare gli equivoci sull'interpretazione degli aspetti ideologico-politici del movimento futurista. E così si potevano leggere titoli del tipo: "Anarchici o fascisti" (La Repubblica) o "Quell'ambiguo confine col fascismo" (La Stampa), ecc.
Lo sbrigativo accostamento tra futurismo e fascismo, già sostenuto da Croce nel '24, quando affermava l'origine ideale del fascismo "(...) in quella risolutezza a scendere in piazza, (...) in quell'ardore a rompere ogni tradizione, (...) che fu proprio del futurismo", appare oggi quanto meno arbitrario.
Questa interpretazione fu fatta proprio da certa critica d'arte per lo più d'orientamento marxista che, dal secondo dopoguerra in poi, ha fomentato un vero e proprio ostracismo nei confronti dell'unico movimento artistico italiano del '900 di levatura europea, con ripercussioni in tutto il mondo (America del Nord, del Sud, Giappone, Russia, ecc.).
È innegabile che alcune componenti del futurismo diventeranno patrimonio, e saranno fra le caratteristiche, del nascente fascismo: basti pensare all'ultranazionalismo, all'antipacifismo e al relativo mito della guerra. Ma questi pochi elementi non bastano ad identificare i due movimenti: futurismo e fascismo non sono la stessa cosa. Le schematizzazioni correnti, poi, sono basate su premesse tutte da verificare; lo stesso Renzo De Felice, storico del fascismo, lamenta una generale carenza di studi sull'aspetto ideologico-politico del futurismo, un'assenza pressoché totale di strumenti ausiliari, per l'eventuale ricerca, di studi biografici sui protagonisti, a partire dallo stesso Marinetti.
Lo spirito nazionalista, ad esempio, non era una caratteristica solo dei futuristi: "Il nazionalismo era un mastice che incollava tutti e tutto, al di là di ogni divergenza di natura letteraria, politica e filosofica" (De Micheli). Vi si trovavano uniti social-riformisti, cattolici e idealisti.
Per quanto riguarda poi il mito della guerra "sola igiene del mondo", l'entusiastico schieramento, nel 1914/15, da parte dei futuristi, non può automaticamente portare a "considerare tout-court fascisti tutti coloro che passano per l'esperienza dell'interventismo rivoluzionario (...) è una semplificazione ormai insostenibile in sede storica" (Renzo De Felice).
Non bisogna dimenticare inoltre che molti, fra i futuristi, venivano dalle file anarchiche o anarcosindacaliste. Si pensi a un G. Pietro Lucini, poeta anarchico, anticipatore e collaboratore del futurismo. Lo stesso Marinetti proveniva dall'ambiente dei poeti simbolisti francesi, sostenitori e divulgatori delle idee libertarie. È da ricordare in questo senso il suo "Eloge de la dynamite" in cui manifesta solidarietà alle vittime dell'autocrazia zarista e l'incitamento agli spagnoli, dalla rivista "Prometeo" di Madrid, a ribellarsi "Contro la Spagna passatista". I futuristi diventarono rapidamente molto popolari fra i lavoratori che seguivano con attenzione le loro opere letterarie; le più importanti riviste, fra cui "Lacerba" (2), furono diffuse proprio in questo ambiente.
Più che un preciso impegno politico, quello dei futuristi si può definire un atteggiamento con valenze di tipo rivoluzionario, di derivazione sovversiva e anarchica. Nei loro manifesti sono evidenti le componenti e i segni dell'influenza libertaria e repubblicana di fine secolo.
D'altra parte nessun protagonista del futurismo ricoprirà cariche di importanza nel Partito Nazionale Fascista o nel regime e nessuno vi svolgerà un ruolo politicamente significativo. Soprattutto dopo il Colpo di Stato i futuristi, e lo stesso Marinetti, non faranno più dichiarazioni politiche o ideologiche dando per scontate le loro divergenze da un regime che "riproduce e diffonde, aggravati, molti di quei mali che essi hanno combattuto nello Stato Liberale e denunciato in quello comunista; che "L'italiano di Mussolini" è agli antipodi del loro "italiano tipo unico"; che il totalitarismo mussoliniano è la negazione della democrazia individualista e del nuovo stato antistatalista e anarchicheggiante da essi vagheggiato; che i compiti assegnati dal regime agli intellettuali sono tutt'altra cosa dalla missione liberatoria dell'individuo da loro attribuita agli artisti" (De Felice).
Riflessi di anarchismo e socialismo libertario in questi primi anni sono evidenti anche nei manifesti politici. Nel 1° Manifesto si legge: "Noi vogliamo glorificare il gesto distruttore dei libertari". Nel "Manifesto del partito politico futurista", fra l'altro, si proclama "...Svalutazione graduale del matrimonio per l'evento graduale del libero amore (...). Espropriazione di tutte le terre incolte (...). Preparazione della futura socializzazione delle terre (...). Energica tassazione dei beni ereditari (...). Massimo legale di otto ore di lavoro (...). Parificazione uguale lavoro delle mercedi femminili con le mercedi maschili (...). Sostituire all'attuale anticlericalismo retorico e quietista un anticlericalismo d'azione violento e deciso, per sgomberare Roma dal suo medioevo teocratico, che potrà scegliere una terra adatta ove morire lentamente...". (La parola "svaticanamento" con la quale si proponeva l'espulsione dall'Italia del papa, fu inventata proprio allora dai futuristi).
In realtà poi, nel 1914, con l'inizio della guerra, l'avventura futurista, nel senso pittorico almeno, può dirsi conclusa: nessuna delle grandi problematiche che avevano stimolato la nascita delle avanguardie artistiche europee sfiorava ormai il futurismo Italiano. Per questo, già nel 1916, Carrà se ne era andato, affascinato dalla pittura metafisica di De Chirico. Pure Sironi e Soffici si erano allontanati, mentre Boccioni, a soli 34 anni, era morto. Severini si avvicinava sempre di più al cubismo e Balla era ormai titubante.
"Anarchismo e futurismo erano fatti per incontrarsi, e per scontrarsi, per fare un tratto di strada assieme molestandosi e provocandosi (...). Ma l'anarchismo aveva ragioni sue positive, una tradizione, una storia sociale che al futurismo erano estranee e alla fine antagoniste" (P. C. Masini in "II futurismo").

(1) Per dare un esempio dell'organizzazione dei futuristi basti pensare che esisteva a Milano un ufficio stampa che provvedeva alla distribuzione di libri, opuscoli e manifesti per lo più gratuitamente e registrava dettagliatamente tutto ciò che su di loro veniva pubblicato in ogni parte del mondo.

(2) In una lettera a Trotzki (del '22), Gramsci racconta: "La rivista "Lacerba" che aveva una tiratura di 20.000 esemplari, era diffusa per i 4/5 fra i lavoratori. Durante le molte manifestazioni dell'arte futurista nei teatri delle grandi città italiane capitò che i lavoratori difendessero i futuristi contro i giovani mezzo aristocratici o borghesi, che si picchiavano con i futuristi".