Rivista Anarchica Online
Né corrida né macelli
Nel
numero 138 della Rivista "A", Giorgio Betti di Como, a
proposito del mio scritto sulla corrida, solleva il problema dei
macelli. Lottare
contro lo spettacolo "corrida" non significa essere
cattolicamente ipocriti e favorevoli ai macelli. Significa, secondo
me, individuare un punto fondamentale della lotta al carnivorismo e
ai suoi pregiudizi. Infatti proprio nei macelli gli aspiranti
"matadores" vanno a "farsi la mano" ammazzando bovini
che la direttiva CEE n. 74/577 (relativa allo stordimento degli
animali prima della macellazione) più o meno ipocritamente protegge. Matador,
mattanza, mattatoio, hanno la stessa origine: il "mactare" latino
che inizialmente indicava "onorare", "consacrare",
"sacrificare", "immolare" e poi "ammazzare". Dal
sacrificio di animali, la cui ritualizzazione aveva un significato
decolpevolizzante (vedi anche l'arcaica corrida) siamo giunti oggi
alle macellazioni consumistiche di miliardi di animali. Le
macellazioni sono però solo lo stadio finale di un ciclo produttivo
che infligge torture (dal concepimento, all'allevamento, dai
trasporti, ai commerci) a ogni genere di animali. Mi
pare che, alla base dell'uccidere, in tutte le sue forme - caccia,
pesca, alimentazione, divertimento, rito -, ci sia il pregiudizio che
la nostra specie, fatalmente, necessariamente, per sopravvivere,
vivere e star bene, debba produrre morte, sangue, distruzione,
tortura nei confronti della natura, degli animali, dei nostri simili. Costruendo
su questa logica la "cultura della morte" ci stiamo accorgendo
che ogni tipo di violenza, dominio, sopraffazione sull'Altro è
violenza, morte e distruzione anche per coloro che la esercitano e/o
la impongono. Si
potrebbe invece ipotizzare che la "cultura della morte"
rappresenti un momento transitorio dell'evoluzione umana, un "errore
ecologico" forse. Sembra infatti che nelle sue lontanissime
origini, in seguito ad una serie di eventi, tra cui la rarefazione
del cibo, il maschio dell'Homo sapiens si sia dedicato alla caccia e
all'uccisione di animali per mangiarli e distribuirli al gruppo
umano, conquistando così possesso e potere, a cui non rinunciò con
l'avvento dell'agricoltura, né tanto meno con l'avvento dell'era
tecnologico-industriale. Parallelamente
però l'etica nel nostro tempo tende ad estendersi verso orizzonti
sempre più ampi e comportamenti sempre più attenti al RISPETT0 per
la VITA, sia nei rapporti animali intraspecifici che in quelli
interspecifici, anche se, di fatto, ancora, e drammaticamente, la
scienza e la tecnologia, figlie di quel "potere" si
appropriano della VITA e della MORTE. La
posizione della Lida (Lega Italiana dei Diritti dell'Animale, via del
Vignola 75, 00186 Roma) mi pare chiara e coerente: il rispetto dei
diritti di tutti i viventi nell'equilibrio naturale deve essere
assoluto in tutti i settori in cui l'uomo si incontra e/o si scontra
con la natura e con gli animali. I
due punti fondamentali, i due "momenti della verità" della lotta
per la "liberazione degli animali" sono la vivisezione e il
carnivorismo, in cui appare un contrasto - solo apparente - tra
diritti umani e diritti non-umani. Il vegetarismo mitigato, puro,
crudista, fruttariano è senza dubbio la scelta individuale e sociale
più rispondente alla "cultura della vita", alla
realizzazione della non violenza nei confronti della natura, dei
viventi e quindi della vera pace, dell'equilibrio dei diritti. La
produzione e il consumo di proteine animali è una scandalosa
prevaricazione dei gruppi umani industrializzati, ricchi, armati e
consumisti, nei confronti degli umani sfruttati, affamati,
consumati e dei non-umani ingrassati, torturati, commerciati,
ammazzati. Il
risultato è: fame e morte nei paesi "poveri", rapinati
delle risorse di cereali; sofferenza e morte per gli animali;
patologia da benessere (malattie cancerogene e cardiocircolatorie)
nei paesi industrializzati. La
lotta al carnivorismo si svolge su due piani: -
uno "culturale", con l'informazione sull'alimentazione
alternativa, sull'agricoltura biologica, sulla patologia derivante
dall'alimentazione carnea. -
l'altro "tecnico", con l'intervento diretto sulle direttive e
convenzioni europee e internazionali, sulle leggi nazionali, inoltre
con controlli, denunce e simili.
Nei
paesi industrializzati gli animali da proteine rappresentano, in
tutte le fasi del ciclo produttivo, materia prima da lavorare e
commerciare, per ottenere il massimo profitto. Si inizia con le
manipolazioni genetiche, con la fecondazione artificiale, si continua
con la separazione del nati dalle madri, con la loro immobilizzazione
negli allevamenti intensivi dove tra le più aggiornate torture si
possono segnalare le modifiche dell'illuminazione (oscurità o
illuminazione intensiva, secondo le specie), uso di anabolizzanti,
ormoni, antibiotici, tranquillanti, alimentazione artificiale e
automatizzata, e nel caso dei vitelli, anche il blocco della
ruminazione. Per
il maggior guadagno dei commercianti, ovviamente, molti animali sono
venduti da un paese all'altro per essere ingrassati e poi rivenduti
vivi in altri paesi. I trasporti di animali vivi sono una delle più
orribili torture inflitte agli animali, come avviene per i cavalli. E
poi le macellazioni che dovrebbero avvenire in Europa secondo legge,
ma hanno molte deroghe come per le macellazioni familiari e quelle
rituali.
Laura
Girardello (Roma)
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