Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 141
novembre 1986


Rivista Anarchica Online

Peace News
di Linda Pearson

Il primo numero uscì il 6 giugno '36. Da allora Peace News ("Notizie di pace") è sempre uscito regolarmente.
È una pubblicazione dichiaratamente pacifista, portavoce di quel pacifismo tipicamente anglosassone che accoglie in sé - senza alcuna pretesa di forzata sintesi - diverse ispirazioni ideali e politiche, compresa quella esplicitamente anarchica. Se già il sottotitolo della pubblicazione ("per la rivoluzione nonviolenta" dà il segno del suo taglio tutt'altro che istituzionale, in un recente articolo pubblicato - con particolare risalto - sul retro di copertina viene spiegato il perché di una precedente copertina, in cui si affermava che tutti gli stati sono terroristi. Un'affermazione, questa, che aveva suscitato perplessità e contrarietà in alcuni lettori della rivista. Per chiarire le ragioni di quella affermazione, la redazione ha dato spazio ad un intervento in cui si spiega perché pacifismo, femminismo ed anarchismo non possano andare disgiunti.
Ai nostri lettori proponiamo, qui di seguito, la traduzione di questo intervento, tanto più significativo perché apparso su una delle pubblicazioni più prestigiose, serie e documentate del pacifismo internazionale.

Peace News, periodicità quindicinale, una copia 50 pence, abbonamento annuo per l'Italia 14 sterline (via aerea, 15 sterline), indirizzo: Peace News, 8 Elm Avenue, Nottingham NG3-4CF, Regno Unito. Telefono: (0602) 503587.

I governi, siano dittature fasciste o democrazie rappresentative, esistono per imporre certe regole di comportamento, possono fare leggi giudicabili buone o cattive, ma la legge significa obbligare la gente a comportarsi in un certo modo, che lo voglia o no. Prendiamo l'omicidio per esempio. La maggior parte della gente crede che l'omicidio sia immorale (anche se il loro concetto esclude la guerra e l'assassinio legale). Così, che c'è di male ad avere una legge che lo proibisce? La mia prima obiezione è che la legge ha poca efficacia. Gli omicidi avvengono malgrado le leggi. La maggior parte degli assassinii vengono commessi da persone impaurite od arrabbiate che non si curano affatto di ciò che dice la legge. Penso che se l'omicidio diventasse legale domani non ci sarebbe un drammatico aumento di omicidi, la morale è più potente.
La seconda obiezione riguarda la punizione che inevitabilmente accompagna la legge. In Gran Bretagna fortunatamente abbiamo abolito la pena capitale (almeno per gli omicidi) e non uccidiamo più chi uccide, ma penso che la prigione sia quasi altrettanto violenta poiché priva una persona della propria libertà, dignità e responsabilità: il pacifismo deve comprendere l'opposizione a tutte le forme di violenza, prigione inclusa. Perfino pene minori, ammende o servizi comunitari, sono una forma di violenza perché costringono qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà. Esistono solo perché esiste la prigione. Qualsiasi pena in definitiva si appoggia sulla violenza, del resto se ci si rifiuta di pagare un'ammenda lo stato non ha altra alternativa che la prigione. Uno dei più grossi pericoli delle leggi è che si sostituiscono all'azione. È convinzione comune, particolarmente tra i governi, che il modo migliore per risolvere un problema sia fare una legge al riguardo.
Credono che sia possibile abolire con un tratto di penna grosse questioni, come il razzismo o l'inquinamento. Ci si dimentica così del problema salvo riconoscere molti anni dopo che la legge non ha risolto nulla, e quindi riesaminarla per migliorarla. È una grossa scusante per sfuggire alle proprie responsabilità ed evitare di affrontare le questioni direttamente.
Fino ad ora ho considerato solo governi benevoli che facciano leggi d'interesse collettivo e che ricevano un ampio consenso, anche se non conosco alcun governo del genere. Forse i Sandinisti in Nicaragua ci sono andati vicino (ma come può un pacifista dare un sostegno critico ad un governo che impone la censura e la coscrizione?). Prima o poi tutti i governi sembrano cedere alla tentazione di proteggere i propri interessi o quelli dei gruppi di potere piuttosto che quelli dell'intera società.
Ovviamente il più forte argomento dei pacifisti contro i governi è che essi (o i pretesi governi) fanno le guerre. Senza governo ci sarebbero solo lotte e faide che coinvolgerebbero pochi individui, non esisterebbe la coscrizione, non ci sarebbero le imposte per le spese militari. Sono i governi che incoraggiano le persone (solitamente uomini) ad uccidere altri uomini che non hanno mai incontrato e contro cui non hanno risentimenti personali.
Non voglio dire che una società anarchica sarebbe totalmente non-violenta, sarebbe un'utopia irrealistica. La violenza individuale ci sarebbe ancora anche se, forse, in una società basata sulla responsabilità individuale e sulla libertà si farebbero più sforzi per prevenirla e sarebbe più facile evitare situazioni violente. Ci sarebbero anche le pene ovviamente, ma sarebbero decise dalla collettività, (in qualche caso potrebbero essere anche più severe di oggi; uno stupratore di bambini potrebbe anche essere linciato). Anche il razzismo e il sessismo forse sopravviverebbero anche se con un'influenza minore non avendo più la legittimazione del potere.
Naturalmente i pacifisti desiderano prevenire la violenza ad ogni livello, enfatizzano il rifiuto e la rinuncia individuale alle forme di lotta violenta, per questo i pacifisti si oppongono anche alla violenza di stato. Ma per opporsi alla violenza di stato ci si deve opporre allo stato, perché lo stato è violenza.
Aboliamo l'esercito, la polizia, il tribunale, le prigioni, le tasse, le scuole, il matrimonio e, credo, avremo una società meno violenta.

(traduzione di Maria Teresa Romiti)