Rivista Anarchica Online
Peace News
di Linda Pearson
Il primo numero
uscì il 6 giugno '36. Da allora Peace News
("Notizie di pace") è sempre uscito regolarmente. È
una pubblicazione dichiaratamente pacifista, portavoce di quel
pacifismo tipicamente anglosassone che accoglie in sé - senza alcuna
pretesa di forzata sintesi - diverse ispirazioni ideali e politiche,
compresa quella esplicitamente anarchica. Se già il sottotitolo
della pubblicazione ("per la rivoluzione nonviolenta" dà il
segno del suo taglio tutt'altro che istituzionale, in un recente
articolo pubblicato - con particolare risalto - sul retro di
copertina viene spiegato il perché di una precedente copertina, in
cui si affermava che tutti gli stati sono terroristi.
Un'affermazione, questa, che aveva suscitato perplessità e
contrarietà in alcuni lettori della rivista. Per chiarire le ragioni
di quella affermazione, la redazione ha dato spazio ad un intervento
in cui si spiega perché pacifismo, femminismo ed anarchismo non
possano andare disgiunti. Ai nostri lettori
proponiamo, qui di seguito, la traduzione di questo intervento, tanto
più significativo perché apparso su una delle pubblicazioni più
prestigiose, serie e documentate del pacifismo internazionale.
Peace News,
periodicità quindicinale, una copia 50 pence, abbonamento
annuo per l'Italia 14 sterline (via aerea, 15
sterline), indirizzo: Peace News, 8 Elm Avenue, Nottingham NG3-4CF,
Regno Unito. Telefono: (0602) 503587.
I governi, siano
dittature fasciste o democrazie rappresentative, esistono per imporre
certe regole di comportamento, possono fare leggi giudicabili buone o
cattive, ma la legge significa obbligare la gente a comportarsi in un
certo modo, che lo voglia o no. Prendiamo l'omicidio per esempio. La
maggior parte della gente crede che l'omicidio sia immorale (anche se
il loro concetto esclude la guerra e l'assassinio legale). Così, che
c'è di male ad avere una legge che lo proibisce? La mia prima
obiezione è che la legge ha poca efficacia. Gli omicidi avvengono
malgrado le leggi. La maggior parte degli assassinii vengono commessi
da persone impaurite od arrabbiate che non si curano affatto di ciò
che dice la legge. Penso che se l'omicidio diventasse legale domani
non ci sarebbe un drammatico aumento di omicidi, la morale è più
potente. La seconda
obiezione riguarda la punizione che inevitabilmente accompagna la
legge. In Gran Bretagna fortunatamente abbiamo abolito la pena
capitale (almeno per gli omicidi) e non uccidiamo più chi uccide, ma
penso che la prigione sia quasi altrettanto violenta poiché priva
una persona della propria libertà, dignità e responsabilità: il
pacifismo deve comprendere l'opposizione a tutte le forme di
violenza, prigione inclusa. Perfino pene minori, ammende o servizi
comunitari, sono una forma di violenza perché costringono qualcuno a
fare qualcosa contro la propria volontà. Esistono solo perché
esiste la prigione. Qualsiasi pena in definitiva si appoggia sulla
violenza, del resto se ci si rifiuta di pagare un'ammenda lo stato
non ha altra alternativa che la prigione. Uno dei più grossi
pericoli delle leggi è che si sostituiscono all'azione. È
convinzione comune, particolarmente tra i governi, che il modo
migliore per risolvere un problema sia fare una legge al riguardo. Credono che sia
possibile abolire con un tratto di penna grosse questioni, come il
razzismo o l'inquinamento. Ci si dimentica così del problema salvo
riconoscere molti anni dopo che la legge non ha risolto nulla, e
quindi riesaminarla per migliorarla. È
una grossa scusante per sfuggire alle proprie responsabilità ed
evitare di affrontare le questioni direttamente. Fino ad ora ho
considerato solo governi benevoli che facciano leggi d'interesse
collettivo e che ricevano un ampio consenso, anche se non conosco
alcun governo del genere. Forse i Sandinisti in Nicaragua ci sono
andati vicino (ma come può un pacifista dare un sostegno critico ad
un governo che impone la censura e la coscrizione?). Prima o poi
tutti i governi sembrano cedere alla tentazione di proteggere i
propri interessi o quelli dei gruppi di potere piuttosto che quelli
dell'intera società. Ovviamente il più
forte argomento dei pacifisti contro i governi è che essi (o i
pretesi governi) fanno le guerre. Senza governo ci sarebbero solo
lotte e faide che coinvolgerebbero pochi individui, non esisterebbe
la coscrizione, non ci sarebbero le imposte per le spese militari.
Sono i governi che incoraggiano le persone (solitamente uomini) ad
uccidere altri uomini che non hanno mai incontrato e contro cui non
hanno risentimenti personali. Non voglio dire che
una società anarchica sarebbe totalmente non-violenta, sarebbe
un'utopia irrealistica. La violenza individuale ci sarebbe ancora
anche se, forse, in una società basata sulla responsabilità
individuale e sulla libertà si farebbero più sforzi per prevenirla
e sarebbe più facile evitare situazioni violente. Ci sarebbero anche
le pene ovviamente, ma sarebbero decise dalla collettività, (in
qualche caso potrebbero essere anche più severe di oggi; uno
stupratore di bambini potrebbe anche essere linciato). Anche il
razzismo e il sessismo forse sopravviverebbero anche se con
un'influenza minore non avendo più la legittimazione del potere. Naturalmente i
pacifisti desiderano prevenire la violenza ad ogni livello,
enfatizzano il rifiuto e la rinuncia individuale alle forme di lotta
violenta, per questo i pacifisti si oppongono anche alla violenza di
stato. Ma per opporsi alla violenza di stato ci si deve opporre allo
stato, perché lo stato è violenza. Aboliamo
l'esercito, la polizia, il tribunale, le prigioni, le tasse, le
scuole, il matrimonio e, credo, avremo una società meno violenta.
(traduzione
di Maria Teresa Romiti)
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