Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 151
dicembre 1987 - gennaio 1988


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Confini da abbattere

Il nome di Ferdinand Richard non è certo nuovo su queste pagine: organizzatore del MIMI Festival di St. Remy de Provence (vedi "A" 139 o "A" 148), secondo la biografia ufficiale studia letteratura dal '69 al '73 e contrabbasso dal '70 al '72 all'Università di Grenoble; entra a far parte di Etron Fou Leloublan nel '73 e resta nel gruppo sino allo scioglimento, avvenuto l'anno scorso, come cantante, bassista, autore e manager.
Durante i tredici anni di attività, Etron Fou Leloublan ha pubblicato sei album, e suonato dal vivo in concerto più di 400 volte in tutta l'Europa e nel Nordamerica.
Fra le numerosissime collaborazioni ai progetti di altri artisti, possiamo ricordare quella con Fred Frith (ad esempio, l'album "Speechless" edito dall'americana Ralph nell'81) e la famosa compilation "Miniatures" a cura di Morgan Fisher, contenente cinquantuno brevissimi frammenti (edita da Pipe e Cherry Red nell'80 e recentemente ristampata a cura di Supporti Fonografici).
Come solista, Ferdinand ha realizzalo due album, "En forme" praticamente introvabile, e "En avant", che contiene otto canzoni col testo scritto ed interpretato in otto lingue diverse. Da anni, infine, egli è membro di Gestalt and Jive, ensemble di nuova improvvisazione fondato e diretto da Alfred Harth (due album all'attivo). Ferdinand Richard e Bruno Meillier, in duo come BRUNIFERD, hanno compiuto recentemente un breve tour in Italia.
Anche Bruno, che suona il sassofono ed il flauto, ha una biografia artistica di tutto rispetto: 31 anni, è stato il fondatore nel '79 del gruppo Les I, col quale collabora tuttora, ed animatore di molte altre formazioni (fra cui il gruppo newyorchese Zero Pop, col quale compie ardite rivisitazioni della musica popolare). Bruno è continuamente in viaggio tra le due parti dell'Oceano Atlantico, e divide tra New York City e la Francia attività e progetti che comprendono, oltre alla musica, altre espressioni artistiche quali la danza, la pittura, il cinema ed il teatro.
Quelli di Bruniferd in Italia sono stati appuntamenti bizzarri o lunari, intrisi di una certa stranezza ed atipicità scarna e tutta loro, che li hanno resi attraenti e sospetti al tempo stesso.
Attraenti, poiché senza dubbio i due sanno ben giocare le loro carte di consumati performer, avendo molti anni d'attività alle spalle ed avendo macinato migliaia di chilometri "on the road". Poi, perché fa sempre un immenso piacere il ritrovarsi di fronte a dei musicisti simpatici ed alla mano, che ci sanno fare sul serio senza comportarsi da virtuosi inaccessibili o, peggio, da fanfaroni tenuti assieme dalla colla della pubblicità.
Sospetti, anche, perché in questi tempi di ipersofisticazione elettronica usata male, i Bruniferd vanno decisamente controcorrente non solo nelle intenzioni (cosa del resto piuttosto comune nei proclami di gruppo e di etichette cosiddette indipendenti...), ma anche nella pratica.
Decidendo di presentarsi al pubblico soltanto in due, con una strumentazione ridotta ai minimi termini (soltanto il basso ed il sassofono), e senza l'ausilio di marchingegni elettronici di sorta, i Bruniferd si rendono disponibili a tenere i propri concerti addirittura anche senza amplificazione, in qualsiasi piazza ed occasione, anche le più inconsuete.
Nonostante questa estrema flessibilità del gruppo, bisogna constatare che il loro viaggio in Italia ha proposto "musica per pochi", e non soltanto per le poche date e per la scarsa pubblicità fatta al tour.
Una lunga chiacchierata con Ferdinand e Bruno ha messo in rilievo i grandi cambiamenti di mentalità rispetto alla musica alternativa avvenuti nel corso degli ultimi anni: "...Una volta un concerto o un disco di questo tipo erano considerati un'occasione da scoprire. C'era un sentimento di amore e di condivisione che teneva uniti in qualche modo i musicisti e la gente. Ora tendenza comune è quella di consumare la cultura, piuttosto che spendere energia per produrla, o magari per avvicinarsi ad essa. Si preferisce far da spettatori, lasciando che le cose accadano, scivolino via, senza intervenire. Nell'Europa dell'Est, invece, il rapporto che la gente ha con queste forme d'arte è rimasto immutato nel tempo. Anzi, si può dire che la solidarietà e l'interesse si sono rafforzati...".
Da quindici anni l'ambizione di Ferdinand Richard è quella di creare uno spazio nuovo e particolare per il suo strumento, la chitarra basso, accordandolo in modo strano, e utilizzando gli accordi al posto delle singole note di accompagnamento, assieme a tutte le possibilità dinamiche ed armoniche dello strumento. Direi che la sua non è tanto "nostalgia" per un passato (anche se prossimo) relativamente glorioso, quanto una riflessione amara sul potere schiacciante dei mass-media, che continuano a negare a lui così come a tanti altri artisti qualsiasi spazio, perché impossibili da controllare.
Come si fa, allora, a continuare a lavorare testardamente nei ritagli di spazio dimenticati dalla cultura ufficiale? Si può continuare a far vivere quest'arte naturale, nemmeno lontana parente di quella cosa informe pure chiamata "musica", che esce giorno e notte da radio e televisione? Ed è ancora possibile mettere dentro ad un disco una così grande carica umana ed intellettuale, così tante speranze, sogni ed illusioni?
Proviamo, adesso, per una volta sola magari, a dar ascolto ai Bruniferd. Nel loro album d'esordio, ne sono certo, ritroveremo qualche piccola tessera che appartiene al nostro intimo. Attenzione, però: potremmo scoprire con vergogna che in questi anni abbiamo intrappolato nella logica del telecomando e delle radio pseudolibere la parte di noi stessi che ci piaceva di più...
Come succede nello spettacolo dal vivo, le canzoni dell'lp "Bruniferd" sono introdotte dai testi "...quasi poesie brevi, recitate prima che la musica incominci, quasi un'illustrazione per ogni canzone (…). Al di là di qualsiasi interpretazione patriottica o sciovinista, la produzione del gruppo è dichiaratamente e chiaramente francese, o come tale dev'essere riconosciuta nei paesi stranieri, dove la diversa lingua non costituisce una barriera insormontabile, come dimostrato più volte nel corso di numerosi concerti...".
E dove Tin Tin riesce a scappare dai contorni stretti della bande dessinée per incontrarsi di nascosto con lo spirito di Ornette Coleman (da sentire, qui, la personalissima elaborazione di " Chronology" ), inizia e finisce inaspettatamente Bruniferd.
L'alternativa, ora più che mai, è muoversi realmente e abbattere i confini.