Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Confini da abbattere
Il nome di Ferdinand Richard non è
certo nuovo su queste pagine: organizzatore del MIMI Festival di St.
Remy de Provence (vedi "A" 139 o "A" 148),
secondo la biografia ufficiale studia letteratura dal '69 al '73 e
contrabbasso dal '70 al '72 all'Università di Grenoble; entra
a far parte di Etron Fou Leloublan nel '73 e resta nel gruppo sino
allo scioglimento, avvenuto l'anno scorso, come cantante, bassista,
autore e manager. Durante i tredici anni di attività,
Etron Fou Leloublan ha pubblicato sei album, e suonato dal vivo in
concerto più di 400 volte in tutta l'Europa e nel Nordamerica. Fra le numerosissime collaborazioni ai
progetti di altri artisti, possiamo ricordare quella con Fred Frith
(ad esempio, l'album "Speechless" edito dall'americana
Ralph nell'81) e la famosa compilation "Miniatures" a cura
di Morgan Fisher, contenente cinquantuno brevissimi frammenti (edita
da Pipe e Cherry Red nell'80 e recentemente ristampata a cura di
Supporti Fonografici). Come solista, Ferdinand ha realizzalo
due album, "En forme" praticamente introvabile, e "En
avant", che contiene otto canzoni col testo scritto ed
interpretato in otto lingue diverse. Da anni, infine, egli è
membro di Gestalt and Jive, ensemble di nuova improvvisazione fondato
e diretto da Alfred Harth (due album all'attivo). Ferdinand Richard
e Bruno Meillier, in duo come BRUNIFERD, hanno compiuto
recentemente un breve tour in Italia. Anche Bruno, che suona il sassofono ed
il flauto, ha una biografia artistica di tutto rispetto: 31 anni, è
stato il fondatore nel '79 del gruppo Les I, col quale
collabora tuttora, ed animatore di molte altre formazioni (fra cui il
gruppo newyorchese Zero Pop, col quale compie ardite
rivisitazioni della musica popolare). Bruno è continuamente in
viaggio tra le due parti dell'Oceano Atlantico, e divide tra New York
City e la Francia attività e progetti che comprendono, oltre
alla musica, altre espressioni artistiche quali la danza, la pittura,
il cinema ed il teatro. Quelli di Bruniferd in Italia sono
stati appuntamenti bizzarri o lunari, intrisi di una certa stranezza
ed atipicità scarna e tutta loro, che li hanno resi attraenti
e sospetti al tempo stesso. Attraenti, poiché senza dubbio
i due sanno ben giocare le loro carte di consumati performer, avendo
molti anni d'attività alle spalle ed avendo macinato migliaia
di chilometri "on the road". Poi, perché fa sempre
un immenso piacere il ritrovarsi di fronte a dei musicisti simpatici
ed alla mano, che ci sanno fare sul serio senza comportarsi da
virtuosi inaccessibili o, peggio, da fanfaroni tenuti assieme dalla
colla della pubblicità. Sospetti, anche, perché in
questi tempi di ipersofisticazione elettronica usata male, i
Bruniferd vanno decisamente controcorrente non solo nelle intenzioni
(cosa del resto piuttosto comune nei proclami di gruppo e di
etichette cosiddette indipendenti...), ma anche nella pratica. Decidendo di presentarsi al pubblico
soltanto in due, con una strumentazione ridotta ai minimi termini
(soltanto il basso ed il sassofono), e senza l'ausilio di
marchingegni elettronici di sorta, i Bruniferd si rendono disponibili
a tenere i propri concerti addirittura anche senza amplificazione, in
qualsiasi piazza ed occasione, anche le più inconsuete. Nonostante questa estrema flessibilità
del gruppo, bisogna constatare che il loro viaggio in Italia ha
proposto "musica per pochi", e non soltanto per le poche
date e per la scarsa pubblicità fatta al tour. Una lunga chiacchierata con Ferdinand
e Bruno ha messo in rilievo i grandi cambiamenti di mentalità
rispetto alla musica alternativa avvenuti nel corso degli ultimi
anni: "...Una volta un concerto o un
disco di questo tipo erano considerati un'occasione da scoprire.
C'era un sentimento di amore e di condivisione che teneva uniti in
qualche modo i musicisti e la gente. Ora tendenza
comune è quella di consumare la cultura,
piuttosto che spendere energia per produrla, o magari
per avvicinarsi ad essa. Si preferisce far da
spettatori, lasciando che le cose accadano, scivolino via, senza
intervenire. Nell'Europa dell'Est, invece, il rapporto
che la gente ha con queste forme d'arte è rimasto immutato nel
tempo. Anzi, si può dire che la solidarietà
e l'interesse si sono rafforzati...". Da quindici anni l'ambizione di
Ferdinand Richard è quella di creare uno spazio nuovo e
particolare per il suo strumento, la chitarra basso, accordandolo in
modo strano, e utilizzando gli accordi al posto delle singole note di
accompagnamento, assieme a tutte le possibilità dinamiche ed
armoniche dello strumento. Direi che la sua non è tanto
"nostalgia" per un passato (anche se prossimo)
relativamente glorioso, quanto una riflessione amara sul potere
schiacciante dei mass-media, che continuano a negare a lui così
come a tanti altri artisti qualsiasi spazio, perché
impossibili da controllare. Come si fa, allora, a continuare a
lavorare testardamente nei ritagli di spazio dimenticati dalla
cultura ufficiale? Si può continuare a far vivere quest'arte
naturale, nemmeno lontana parente di quella cosa informe pure
chiamata "musica", che esce giorno e notte da radio e
televisione? Ed è ancora possibile mettere dentro ad un disco
una così grande carica umana ed intellettuale, così
tante speranze, sogni ed illusioni? Proviamo, adesso, per una volta sola
magari, a dar ascolto ai Bruniferd. Nel loro album d'esordio, ne sono
certo, ritroveremo qualche piccola tessera che appartiene al nostro
intimo. Attenzione, però: potremmo scoprire con vergogna che
in questi anni abbiamo intrappolato nella logica del telecomando e
delle radio pseudolibere la parte di noi stessi che ci piaceva di
più... Come succede nello spettacolo dal
vivo, le canzoni dell'lp "Bruniferd" sono introdotte dai
testi "...quasi poesie brevi, recitate prima che la musica
incominci, quasi un'illustrazione per ogni canzone (…). Al di
là di qualsiasi interpretazione patriottica o sciovinista, la
produzione del gruppo è dichiaratamente e chiaramente
francese, o come tale dev'essere riconosciuta nei paesi stranieri,
dove la diversa lingua non costituisce una barriera insormontabile,
come dimostrato più volte nel corso di numerosi concerti...". E dove Tin Tin riesce a scappare dai
contorni stretti della bande dessinée per incontrarsi di
nascosto con lo spirito di Ornette Coleman (da sentire, qui, la
personalissima elaborazione di " Chronology" ), inizia e
finisce inaspettatamente Bruniferd. L'alternativa, ora più che mai,
è muoversi realmente e abbattere i confini.
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