Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 151
dicembre 1987 - gennaio 1988


Rivista Anarchica Online

Noi del CAPS
di Stefano Fabbri d'Errico

La sigla significa "Coordinamento Autogestito Precari e Supplenti". È un organismo di lotta nato in un settore lasciato scoperto dagli stessi COBAS. Che cosa si propongono e come vedono la situazione: ne parliamo con alcuni di loro.

Come è nato il CAPS?

Graziella – Il Coordinamento Autogestito Precari e Supplenti è nato a Roma nel novembre dello scorso anno, quando è iniziato il fermento nel mondo della scuola e gli insegnanti hanno preso ad organizzarsi sia nei Comitati di Base che in altre strutture sorte un po' ovunque. La spinta iniziale è venuta dal malcontento creatosi per l'introduzione dell'ora di religione. Proprio nei corsi gestiti dal Vicariato è spontaneamente nata la protesta che ha dato il via ad un momento di lotta allargato sulla condizione generale di sfruttamento cui è sottoposta questa categoria di insegnanti. La realtà di lavoro dei precari della scuola infatti è molto pesante: mancano le tutele più elementari, come ad esempio il diritto al pagamento della malattia prima di 90 giorni di servizio, alla liquidazione che spetta invece a tutti coloro che hanno un contratto a termine, al pagamento delle ferie estive.

Perché il Vicariato ha organizzato tali corsi?

Anna - Per un primo aggiornamento dei supplenti onde accordare loro un'abilitazione (temporanea per altro) all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari e materne. Comunque altro non si tratta che di una farsa, perché in effetti gli incarichi annuali per questa materia vengono assegnati solo a coloro che risultino anche solo iscritti all'istituto religioso "Caimari", pur se sprovvisti del titolo di studio magistrale necessario per la scuola di base. Di conseguenza vengono scavalcate le graduatorie statali di cui fanno parte insegnanti precari che da anni prestano la loro opera nella scuola.

Un vero scherzo da preti.

Anna - L'intesa Craxi-Casaroli, oltre ad aver reso possibile l'introduzione dell'insegnamento confessionale della religione cattolica nelle scuole statali, ha aperto così la strada ad una manovra clientelare in grande stile da parte del Vaticano. Basti ricordare che per l'iscrizione al "Caimari" erano richiesti i nominativi di almeno tre parroci di propria conoscenza. Nel pieno della "bagarre" sull'ora di religione, questa manovra è stata denunciata unicamente dal CAPS, nel silenzio assoluto di partiti e sindacati.

Come è strutturata l'organizzazione?

Angelo - Sulla base dell'autogestione, si autofinanzia, rifiuta il concetto di delega e stabilisce i propri programmi d'intervento nelle assemblee generali che si tengono settimanalmente.

Dino - Le decisioni si prendono in comune, cercando sempre di arrivare alla massima omogeneità possibile, ma nel rispetto massimo della pluralità delle opinioni.

Graziella -Il Coordinamento, nelle forme che si è dato, ha risposto alla grande richiesta di partecipazione riscontratasi poi anche nel movimento della scuola in generale. Questo essere presenti in prima persona nella gestione delle lotte da parte dei precari che vi aderiscono, ha reso possibile al CAPS di interpretare correttamente le reali esigenze della categoria.

Che estensione ha il CAPS?

Angelo - Grazie al capillare lavoro svolto nelle scuole siamo presenti in decine di circoli didattici; fra l'altro abbiamo raccolto 1400 firme a sostegno della nostra piattaforma e diffuso 10.000 volantoni contenenti le rivendicazioni immediate. In pochi mesi abbiamo raggiunto la somma di oltre due milioni e mezzo di sottoscrizioni.
Il lavoro più grande è stato quello di stilare un documento, poi riprodotto in 1000 copie, frutto di una approfondita riflessione collettiva sulla realtà della scuola, cui in effetti ognuno ha dato il suo contributo. Questo stampato, venduto anche nelle assemblee nazionali dei Comitati di Base, ha reso possibile la diffusione del CAPS anche in altre parti d'Italia, ed ora siamo presenti a Napoli, Bari, Brindisi e Lecce. Nella nostra breve storia abbiamo organizzato partecipate assemblee cittadine in sale pubbliche, numerosi presidi al provveditorato ed al Ministero della Pubblica Istruzione e partecipato con i nostri striscioni alle manifestazioni dei CdB.

Che giudizio date dei sindacati?

Graziella - L'arma della divisione è sempre stata l'unica risposta dei sindacati, così come dell'amministrazione, alle esigenze dei precari, ciclicamente imposta con "leggi tampone", come la "270" e la "326", che hanno concesso l'immissione in ruolo solo a ristretti settori lasciando crescere a dismisura il precariato, la cui esistenza è sempre più funzionale al mercato del lavoro.

Quali sono le differenze fondamentali tra il precariato delle elementari e materne e quello delle superiori?

Dino - I precari della primaria sono senz'altro i più colpiti. I tagli apportati alle supplenze dalle varie "finanziarie" hanno fatto sì che in breve tempo la situazione sia diventata drammatica. A differenza delle superiori, ad esclusione del solo personale di sostegno, per noi non esistono più gli incarichi annuali del provveditore, in quanto le cattedre rimaste scoperte prima dell'apertura dell'anno scolastico vengono assegnate alla "Dotazione di Organico Aggiuntivo", cioè al personale appena immesso in ruolo, impropriamente usato come "tappabuchi", dequalificato e "precarizzato". Noi il più delle volte veniamo chiamati di giorno in giorno e non ci accordano quasi mai i festivi. I giorni di lezione sono in tutto 200 e prima dell'apertura delle mense sono i titolari a sostituire gli assenti. A causa di questi motivi la stragrande maggioranza dei supplenti non riesce a raggiungere il tetto di 180 giorni, richiesto per ottenere il massimo del punteggio e la validità giuridica dell'anno di servizio. Perciò chiediamo l'abbassamento del monte-giorni a 150, come era prima dei "decreti delegati" del '74.

E per quanto riguarda l'idoneità e l'abilitazione?

Anna - Il diploma magistrale costituisce di per sé titolo abilitante, quindi la prassi di non esaurire le graduatorie dei vincitori di concorso - e la biennalizzazione forzata delle prove - è una truffa portata ai danni di tutti gli idonei. Infatti per noi, già abilitati, lo stato non può mettere a concorso altro che il ruolo, tanto che la stessa "270" vieta, unicamente per le elementari, l'espletamento di concorsi a zero posti.

Graziella - È sempre stata favorita l'emigrazione forzata dal Centro-Sud verso il Nord dove, grazie alle maggiori disponibilità di organico le graduatorie dei concorsi vengono esaurite, permettendo l'assunzione di tutti coloro che hanno superato le prove. Le summenzionate leggi "270" e "326" - che hanno permesso l'assunzione di personale con solo servizio - non hanno fatto che ingenerare spinte corporative soprattutto nel precariato "d'importazione" del Nord: una logica da "servizio militare scolastico obbligatorio"; la naja dell'emigrazione per il lavoro esaltata dal "nonnismo" di certi "precari". Chi non ha chiuso uno o due anni di servizio non sarebbe un precario, bensì un "disoccupato intellettuale".
Al Sud le strutture sono fatiscenti ed il "tempo pieno" assai poco diffuso, in ordine ad un'altissima evasione della scuola dell'obbligo ed alle croniche carenze dell'edilizia scolastica. Occorre porre con forza questi problemi e tra le altre cose esigere l'immediata attuazione dei "nuovi programmi" per le scuole elementari.

Angelo - Si tenga in conto che nella graduatoria ad incarichi e supplenze non esistono, unicamente per le elementari, elenchi separati fra idonei e non; quindi l'idoneità non favorisce neanche la possibilità di acquisire servizio. Del resto il servizio di per sé non garantisce professionalità.

E i "Cobas" che dicono?

Dino - Abbiamo lavorato molto assieme ai "Cobas" e anzi, molti di noi sono stati tra i promotori dei Comitati di Base nelle proprie scuole. Tuttavia abbiamo sempre mantenuto la nostra autonomia critica, ritenendo fondamentale l'esistenza di una struttura specifica per il precariato elementare e delle materne, in quanto solo in questa sede abbiamo avuto la possibilità di far maturare i contenuti peculiari del nostro settore.
I precari organizzati nei CdB, in larghissima maggioranza provenienti dalle scuole superiori, per lungo tempo non hanno saputo impostare un intervento adatto a far passare parole d'ordine e proposte specifiche, tanto è vero che lo sciopero del 27 aprile scorso indetto per chiamare ad una giornata di lotta unitaria insegnanti di ruolo e supplenti per una sanatoria del precariato, è nato da una proposta del CAPS, discussa ed approvata a Napoli, da un'assemblea nazionale dei "Cobas". Questo "codismo" della "commissione precari" dei CdB ha determinato una situazione di stallo tale che il numero dei suoi aderenti è sempre rimasto estremamente ristretto.

Graziella -I CdB sono nati in massima parte nelle scuole superiori e fondamentalmente rispondono alle aspettative dell'insegnante laureato medio. Anche tra i precari passa la stessa logica e le problematiche di elementari e materne non sono state mai recepite sino in fondo, in parte per una conoscenza superficiale della realtà della scuola primaria, ma anche per un "politicantismo" d'accatto che, sotto il pretesto di trovare un'unità a tutti i costi, presta il fianco alle tendenze filo-sindacali che mirano proprio a soddisfare solo esigenze corporative. Dopo mesi durante i quali non si sono volute sentire ragioni, la "commissione precari" dei CdB ha creduto di poter "mediare" equiparando la prima idoneità ad un anno di servizio e riservando alle eventuali successive idoneità solo il 50% del valore della prima. Così non si fa invece che divaricare sempre più le differenze tuttora esistenti tra idonei e precari con solo servizio, a solo vantaggio di questi ultimi e continuando a discriminare invece i primi. Quindi per l'ennesima volta la "mediazione" passerebbe sulla pelle dei precari del Sud e di tutto il settore della scuola primaria per i motivi accennati in precedenza.

Silvia - Le rivendicazioni prettamente sindacali per il diritto al lavoro e per migliorare le condizioni nelle quali si esplica, non devono comunque far passare in secondo piano quella che è invece la questione fondamentale. Proprio il nostro essere precari, "girovaghi" della scuola, ci ha maggiormente fatto toccare con mano la realtà di una didattica senza prospettive perché costruita essenzialmente su basi autoritarie, una realtà quindi da mettere in discussione costantemente.