Rivista Anarchica Online
Max, un
refrattario
di Paolo Finzi
Mentre stiamo
"chiudendo" questo numero della rivista, ci giunge dagli
Stati Uniti la notizia della morte del compagno Raffaele Schiavina,
noto anche con lo pseudonimo "Max Sartin". Nato in provincia
di Ferrara oltre 90 anni fa, Schiavina emigrò giovanissimo
negli Stati Uniti, impegnandosi nelle lotte sociali e nelle attività
di propaganda e di agitazione portate avanti dall'allora foltissima
emigrazione anarchica di lingua italiana. Stretto collaboratore di
Luigi Galleani (figura di punta degli anarchici italiani in Nord
America - cfr. "A" 96), si occupò
dell'amministrazione del periodico anarchico "La Cronaca
Sovversiva". Più volte
inquisito e perseguitato, venne infine espulso nel 1919 e, insieme
con altri militanti anarchici di lingua italiana (tra cui lo stesso
Galleani, Sanchini, ecc.), forzatamente rimpatriato su di un
piroscafo. Stabilitosi con Galleani a Torino, insieme ridettero vita
alla "Cronaca Sovversiva". Anche tramite questo giornale i
due assicurarono il loro contributo al movimento anarchico, in quel
periodo così denso di lotte, di speranze e di illusioni. Su temi, da sempre
controversi in ambito libertario, del sindacalismo e
dell'organizzazione, Galleani e Schiavina non rinunciarono ad
esprimere il loro particolare punto di vista, divergente da quello
della grande maggioranza del movimento. In particolare, coerenti con
il loro rifiuto di strutture organizzative permanenti, rimasero fuori
da quel processo di aggregazione che, stimolato da Errico Malatesta,
Luigi Fabbri ed altri, portò in quegli anni alla costituzione
dell'Unione Anarchica Italiana. Costretto, dopo
l'avvento del fascismo, ad emigrare in Francia, proseguì il
suo impegno militante. Particolarmente significativo fu il suo
contributo nella pluriennale campagna pro-Sacco e Vanzetti, che ebbe
in lui uno dei più infaticabili promotori su scala
internazionale. Rientrato negli
Stati Uniti clandestinamente (a causa dell'espulsione del '19),
assunse nel 1928 la responsabilità de "L'Adunata dei
Refrattari", che dall'inizio degli anni '20 dava voce a gran
parte delle migliaia di militanti anarchici di lingua italiana sparsi
in Nord America. Da quel momento la
sua vita si intrecciò indissolubilmente con la vita di questo
periodico, di cui mantenne la responsabilità redazionale fino
alla sua definitiva cessazione, nel 1972. Le persecuzioni
contro gli anarchici stranieri da parte delle autorità
federali; le attività provocatorie e violente degli emissari
fascisti all'estero; la solidarietà con le vittime della
reazione mussoliniana in Italia e nel mondo (compresa la
rivendicazione dei falliti attentati contro il duce, uno dei quali
compiuto da un "anarchico venuto dall'America", Michele
Schirru); la denuncia del bolscevismo e dello stalinismo; la
solidarietà con la Spagna rivoluzionaria e libertaria; questi
e tanti altri temi hanno caratterizzato le attività del
movimento anarchico di lingua italiana negli USA ed in Canada, e di
conseguenza "L'Adunata dei Refrattari". È questa una
storia che, in massima parte, non è mai stata scritta e,
probabilmente, mai lo sarà. Non passerà alla storia,
come ne è sempre rimasta ai margini. Ma c'è stata, ed è
stata scritta da centinaia, migliaia di uomini, donne, militanti, che
nell'"Adunata dei Refrattari" e nel suo redattore hanno
ritrovato per decenni il loro punto di riferimento, il loro organo di
espressione, la trama del loro movimento. Proseguendo
idealmente l'opera di Galleani (morto in Italia, al domicilio coatto,
nel '31), Schiavina fu sempre sostenitore di una concezione
dell'anarchismo che solo sbrigativamente si può definire
"anti-organizzatrice". Uomo di pensiero e di riflessione,
polemista acceso, sostenne dalle colonne de "L'Adunata dei
Refrattari" numerose polemiche con esponenti di altri movimenti
ed anche con anarchici. Quindici anni fa,
sulla soglia degli 80 anni, Schiavina dovette chiudere il giornale.
Era la dolorosissima, ma inevitabile presa d'atto che quella grande
esperienza ideale, sociale ed umana rappresentata dall'emigrazione
anarchica italiana in Nord America si stava spegnendo. Ora, a quindici
anni di distanza, la notizia della sua morte rende ancora più
acuta la consapevolezza della parabola vissuta da quel movimento. Noi
sappiamo, però, che non è stata invano. Non lo è
stata la storia sofferta e militante di quel nostro spezzone di
movimento oltreoceano. Non lo è stata nemmeno la lunga
traiettoria militante di Schiavina. Nel momento in cui
rendiamo l'estremo omaggio a questo compagno, vogliamo ricordare
tutti quelli - e sono davvero tanti - di cui non conosciamo il nome,
il cui nome forse mai ha avuto una qualche risonanza, ma che
ugualmente hanno contribuito – per usare un'espressione cara a
quella generazione militante - a tener accesa la fiaccola di un
ideale. Il nostro.
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