Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 151
dicembre 1987 - gennaio 1988


Rivista Anarchica Online

Cari obiettori totali

A Marco Cerutti, già obiettore di coscienza totale, incarcerato nella prigione svizzera "La Stampa", per aver rifiutato l'inquadramento nella Protezione civile elvetica.
A Giuseppe Coniglio, obiettore di coscienza totale incarcerato nella Prigione militare di Palermo.
A tutti gli obiettori di coscienza totali.

Cari amici, con la presente vi esprimo la mia solidarietà: rispetto la vostra scelta di obiettori di coscienza totali, ritengo assurda la vostra carcerazione e penso che i Paesi che l'hanno praticata non possano essere definiti a pieno titolo democratici.
Io ho fatto scelte differenti dalle vostre: ho optato per quello che la legislazione italiana qualifica come "servizio civile sostitutivo". A conti fatti e dopo una esperienza diretta dubito che il servizio in questione assuma sempre, per la forma in cui esso è organizzato in Italia, un reale valore civile (e questo, badate bene, lo dico non tanto per la mia situazione - anch'essa comunque discutibile, sotto certi aspetti -, ma soprattutto tenendo conto della maggioranza degli altri casi a me noti).
Infatti anche prescindendo da tutte le difficoltà che il Ministero della difesa, a quindici anni dall'emanazione della legge 772/1972, crea a chi intende avvalersene, che senso ha svolgere un servizio civile che consiste - ed esempi come questo ce ne sono - nel pulire i bagni delle USSL? Che senso ha rifiutare l'autoritarismo dell'esercito se poi all'interno di alcuni enti gli obiettori si trovano ugualmente a subire logiche autoritarie? Come può avere un valore civile il servizio di obiettori - vedi purtroppo il caso di molti comuni - impiegati, in un palese contrasto con la legge, in sostituzione di personale che dovrebbe essere regolarmente assunto? Non è forse lesivo della dignità degli obiettori inquadrarli in una Protezione civile strutturata quasi in modo militare, come quella che si vorrebbe creare in Italia? (Un qualcosa di molto simile alla Protezione civile elvetica, la cui logica di fondo è militare e non civile).
Alla luce di queste considerazioni, vi chiederete come mai io non abbia rifiutato anche il servizio civile, optando per l'obiezione totale.
Devo prescindere - e forse su questo siamo in disaccordo - che se scegliendo il servizio civile ci si può trovare in situazioni assurde o degradanti, è anche vero che alcune assegnazioni (poche) sono coerenti con le convinzioni dell'obiettore e gli danno modo di arricchirsi interiormente oltreché di svolgere un'attività socialmente utile.
Anche se il panorama complessivo del servizio civile in Italia è sconsolante, io non ho perso la fiducia nella possibilità di un suo miglioramento e credo che in questo senso margini di azione - seppur minimi - siano aperti a tutti gli obiettori in servizio civile.
Lascio da parte il grosso problema delle motivazioni di fondo dell'obiezione di coscienza, al di là delle istanze antimilitariste comuni a tutti.
Mi limito a dire che la mia è una scelta di tipo non-violento a livello individuale, ma che onestamente non mi sento di condannare chi difende in armi la libertà del proprio popolo (del resto in questo caso il discorso non riguarda più l'esercito propriamente detto, ma strutture temporanee di autodifesa con un basso grado di gerarchizzazione e subordinazione interna).
Il punto, comunque, non è questo. Io ho scelto il servizio civile in quanto dovrebbe essere "civile" e non in quanto è "sostitutivo" (ahimè, com'è difficile motivare una scelta antimilitarista con questo linguaggio che ci viene imposto da una cultura che per secoli ha trovato nelle armi il suo veicolo di propagazione; ma sappiamo bene, del resto, che proprio la lingua costituisce spesso una forma di violenza).
Vorrei spiegarmi meglio: se accettassi il carattere sostitutivo del servizio civile ammetterei l'esistenza dell'esercito, perché assegnerei al mio servizio esclusivamente il significato di una possibilità accanto alle altre (leva obbligatoria o servizio militare non armato) e non quello di una reale alternativa al militarismo. Insomma, se accettassi il carattere sostitutivo del servizio civile mi troverai a legittimare - seppure dall'esterno - l'esercito e le sue logiche.
In ogni caso, come si può pretendere che un giovane creda nella funzione civile del suo servizio se non lo ha scelto liberamente; e qui liberamente vuol dire indipendentemente da ogni costrizione e non - come si sente affermare - perché: "piuttosto del militare, meglio il servizio civile". Credo che sia venuto il momento di sottolineare a chiare lettere, con buona pace dell'art. 52 della Costituzione Italiana, che nessuno ha il diritto di sottrarci un anno della nostra vita e che se qualcuno ha intenzione di impiegare una parte del suo tempo in attività di particolare rilevanza sul piano sociale e civile, lo deve fare in modo pienamente volontario (del resto se la realtà del volontariato in Italia è in espansione non è certo per l'esistenza di obblighi giuridici). E volontario, a mio avviso, deve essere anche l'impegno per una eventuale Difesa Popolare Nonviolenta.
Per questi motivi ritengo che ci debba essere pieno rispetto sia per chi - come me - sceglie il servizio civile, sia per chi - come voi - pratica l'obiezione totale.
Per l'unità di tutti gli antimilitaristi, un saluto fraterno.

Luca Manfrin (Venezia – Mestre)