Rivista Anarchica Online
A Parigi, intanto...
di Jean-Claude Barbier / Jean-Paul Clipet / Michèle Forestier
170 studenti, 24 docenti, 700 mq di
spazio, sottostante un liceo. Finanziamenti pubblici intermittenti.
Eppure il Centro sperimentale autogestito di Parigi è una
realtà. Con molte realizzazioni positive al suo attivo, ma
anche tanti problemi da risolvere
Queste note non hanno come scopo
quello di sintetizzare la storia della nascita e dei primi mesi
d'esistenza del liceo autogestito, ma essenzialmente quello di
presentare ai militanti del Sindacato Scuola della CFDT i problemi
che il nostro progetto e l'avvio del funzionamento del liceo ci
pongono attualmente. Prima di ciò, tuttavia, è bene
presentare brevemente i principi e le caratteristiche di fondo, non
sia altro che per correggere le affermazioni talvolta erronee della
stampa!
Principi e caratteristiche
1. Il progetto a cui il
Ministero dà il suo "via" nel mese di luglio '82 è
il risultato del lavoro di un'equipe di docenti che si è
andata formando progressivamente lungo tutto l'anno scolastico
1981/82, a cui si sono aggiunti, a partire dal marzo '82, un numero
considerevole di studenti e alcuni loro genitori. L'apertura
"ufficiale" del 6 settembre '82 è così il
frutto di una lotta comune, che aveva subito una prima sconfitta
all'inizio dell'82 (un rifiuto del Ministero fondato sulla necessità
d'attendere i "risultati" di Saint Nazaire...) e che s'è
protratto durante le vacanze estive in vista dell'attribuzione di un
locale. Abbiamo così voluto un istituto del Sistema Educativo
Nazionale che accoglie 150 studenti quest'anno e 200 l'anno prossimo,
e 24 docenti, tutti sulla base del volontariato. Gli studenti si
preparano per il bac (equivalente del nostro diploma superiore -
n.d.c.) per loro scelta nel momento in cui lo ritengono opportuno e,
con i docenti, organizzano collettivamente la vita quotidiana al
liceo e i differenti modi d'apprendimento. Il fine del liceo, al di
là del bac, è dunque l'apprendimento dell'autogestione
in un luogo d'insegnamento e di vita che appartiene a tutti ed è
gestito da tutti senza responsabili privilegiati (nessun direttore,
ispettore, Commissione esecutiva, né personale amministrativo
né di servizio) né "capo storico":
l'Assemblea Generale è l'organo supremo decisionale. È
implicito che questo apprendimento è un processo che dovrà,
in una certa misura, essere eternamente re-iniziato! 2. Attualmente, siamo 170
studenti e 24 docenti (e nessun salariato in più!). Siamo
alloggiati in una mezzala sottostante un liceo esistente e disponiamo
di 700 mq. che erano liberi al nostro arrivo. Il consistente
finanziamento promesso dal Ministero (500.000 Franchi sino al
dicembre 1983) non è stato sempre erogato! La settimana
scorsa, un residuo dei fondi del Provveditorato ci ha dato una
boccata d'ossigeno ma è grazie ad una associazione di sostegno
(Legge 1901) che abbiamo potuto decollare; questa autogestione
"forzata" sul piano economico ci ha certamente spinti,
all'inizio, a inventare molto sul piano materiale, ma oggi ci sta
portando all'asfissia, soprattutto se la situazione dovesse durare
troppo a lungo (documentazione, materiale di riproduzione...). 3. La concretizzazione del
principio secondo cui gli studenti sono padroni dei temi e dei ritmi
del loro lavoro si traduce nell'assenza di classi e di impiego del
tempo annuale e nella costituzione di quelli che chiamiamo "atelier",
gruppi liberamente formati su temi proposti da docenti o studenti;
un'assemblea generale, in settembre, ha varato alcuni atelier e altri
sono stati creati dopo. Questa modalità di lavoro privilegia
il lavoro autonomo e l'elaborazione di temi di studio al di là
dei vincoli dei programmi. L'idea è quella che, in un primo
momento, l'atelier si convoca per fissare i suoi obiettivi, la sua
durata, le sue fonti documentative e la sua periodicità; tra
le riunioni gli studenti lavorano soli o a gruppi, durante le
riunioni i docenti intervengono per garantire la continuità e
la sintesi dei lavori e fornire i chiarimenti e le informazioni
richieste o giudicate necessarie. In pratica, ovviamente, le cose si
complicano e si pongono una serie di problemi; il nostro lavoro può
essere paragonato, in effetti, a un immenso cantiere! In una certa
misura, questa situazione è stata voluta, l'idea stessa
d'autogestione; ma la questione è quella della coscienza e del
ritmo della sua costruzione...
Interrogativi
1. La strutturazione interna
della comunità e la divisione dei poteri. Alla riapertura si sono riattivate 7
commissioni composte da docenti e studenti (volontari, nessuna
elezione): finanze, amministrazione, pubbliche relazioni,
acquisizione del materiale, programmazione, coordinamento dei
progetti, accettazione. Salvo le ultime due, esse continuano a
funzionare tutt'oggi; il principio ribadito dall'assemblea generale è
quello della loro autonomia: hanno carta bianca sino a nuovo ordine,
sotto riserva di un rendiconto della loro attività davanti
all'assemblea generale. Immediatamente, si è fatta strada una
tendenza di vanificazione di fatto dell'assemblea generale in favore
delle commissioni: i rendiconti sono poco ascoltati e rivestono un
carattere tecnico e poco motivante per l'assemblea generale. Si è così posto il
problema centrale del potere: se per alcuni, l'assemblea generale è
il solo organo legittimo di potere, per altri essa non può
decidere tutto; ma come deve esercitarsi il suo controllo sulle
commissioni, la cui composizione potrebbe sbilanciarsi, se non vi si
presta attenzione, a favore dei docenti? Le assemblee generali settimanali, si
svolgono spesso in condizioni sperimentali: dibattito difficile da
organizzare per mancanza di procedure universalmente accettate, per
cui verifiche (voti, quorum...), difficoltà a prendere
decisioni; i conflitti sono spesso passionali e le prese di posizione
spesso motivate dall'adesione a modelli di comportamento fortemente
valorizzati e non per libera riflessione (e ciò riguarda sia
studenti che docenti). In breve, l'assemblea generale è ancora
da costruire. Agli inizi di ottobre, si attivano dei
"gruppi di riferimento" di una dozzina di individui che
raccolgono arbitrariamente tutti i membri del liceo ed il cui scopo
è di permettere la discussione e la libera espressione in condizioni
più serene rispetto all'assemblea generale; eventualmente si
trasmettono le loro proposte all'assemblea. 2. L'importanza dei problemi
tecnici e di funzionamento. La gestione quotidiana, per esempio, è
assicurata da un gruppo di 8-10 persone prese in ordine alfabetico
(docenti compresi) per una settimana; l'eredità del passato,
la mancanza in certi casi d'abitudine (bisogna svuotare
l'aspirapolvere, mettere un sacchetto...), la difficoltà
d'organizzare una discussione collettiva (quali sono le priorità?)
fanno si che questo gruppo si ritrovi spesso ridotto a 4 o 5...
inoltre, ha il compito di tenere le chiavi, cioè l'apertura e
la chiusura: spesso si ricorre al bidello del liceo di sopra che
eccezionalmente ci presta le sue chiavi... Lo stesso apprendimento della gestione
amministrativa e finanziaria, che come tutti i compiti ruotano e
vengono spesso coperti anche da studenti, è difficile. In
questo ultimo caso, il compito è complicato dal fatto che il
nostro liceo non ha statuto proprio ma è giuridicamente
annesso al liceo "F. Villon". O i responsabili del
Provveditorato e del Ministero sono stati poco precisi nella
definizione delle nostre rispettive competenze; da qui una reticenza
o anche un rifiuto della direzione e dell'intendenza del liceo Villon
quando sembra loro che gli si vuol fare indossare una veste
imbarazzante... La nostra autonomia pedagogica non è
arricchita di una totale autonomia finanziaria poiché il
"nostro" fondo è controllato a livello dei mandati
di pagamento e della registrazione contabile. 3. Il ruolo del collettivo
docenti. È forse il solo gruppo
"costituito" in anticipo giacché si riunisce una
volta a settimana; alcuni studenti vi vedono un "comitato
esecutivo" che maschera il suo nome... Pertanto molti studenti
sono perfettamente in grado di criticare e contestare le iniziative
dei docenti giudicate negativamente. Il realtà il gruppo dei
docenti ricerca sempre una "propria" pedagogia
dell'autogestione: qual'è infatti il ruolo dei docenti, in
quale misura essi devono avere una "linea" di condotta
comune, ecc... Inoltre le regole interne al collettivo non sono tutte
precisate: tempo di lavoro, ripartizione degli incarichi (si dice che
siamo tutti "ricercatori, insegnanti, gestori") che restano
diseguali. Anche qui, le pratiche sono "provvisorie". 4. La gestione dei vincoli
esterni. Come fare affinché
l'autogestione sia più estesa possibile mentre noi siamo un
servizio pubblico con responsabilità di fronte allo Stato - ed
ai genitori -, in particolare per il fatto che esiste un esame? Si è così aperta una
discussione dopo quella sui contenuti degli atelier: bisogna
privilegiare gli atelier tematici (esempio di seminari esistenti: il
14° quartiere, il mito di Don Giovanni, gli anni '50 in Europa,
l'attualità...) oppure i gruppi di lavoro più
incentrati sulle materie dei programmi (es. matematica, spagnolo...);
il che pone un secondo interrogativo: bisogna dare priorità
alla preparazione al bac o mirare di più all'approfondimento
delle conoscenze e dei saper-fare, a costo di distaccarsi dai vincoli
scolastici? Qui la discussione è accesa, soprattutto tra
docenti (accordo deficitario con gli studenti su questo tema?): per
gli uni, la logica delle materie rischia di farci scivolare nel solco
del tradizionale rapporto di insegnamento, per gli altri lo
scardinamento della struttura classe/materia è un antidoto
sufficiente e l'approccio per disciplina resta talvolta necessario
per l'acquisizione del rigore nelle metodologie e nei saperi. Meglio ancora, si può superare
questa discussione elaborando una pedagogia plausibile del "progetto"
interdisciplinare (esempio di seminario: il bello, la campagna) che
integrerebbe di volta in volta le scelte volontarie degli studenti e
la costruzione dei loro saperi in maniera non "incasellata"
intorno ad una problematica in rapporto con la realtà sociale
e tecnica che determinerebbe la scelta delle teorie, dei metodi e
degli strumenti? 5. La gestione sindacale. La sua specificità non è
ancora apparsa come tale per via dell'urgenza, ma gli aderenti alla
sezione sindacale vedono tutto il loro lavoro come un contributo
"originale" al lavoro del sindacato, in sintonia con le
grandi opzioni del SGEN-CFDT sulla trasformazione della scuola.
D'altronde, gran parte di noi si è conosciuta e si è
aggregata nel piccolo gruppo di partenza dopo uno stage sindacale a
Creteil nel gennaio '82 ("Cambiare la scuola")! Comunque, ci chiediamo come possiamo
restare coerenti con il programma del sindacato; come possiamo
integrare le pratiche sindacali esistenti dato che in qualche modo
stiamo creando tutto quello che siamo? Comunque sia, la nostra azione
acquista senso in una prospettiva di generalizzazione, qualunque sia
la forma: perciò abbiamo bisogno degli altri, principalmente
per pensare "come"; qua, contiamo sul sindacato! Infine, vi invitiamo a venire a
vederci! Giacché un testo, per quanto preciso sia, su quanto
stiamo facendo non potrà mai illustrare ciò che
realmente accade; inoltre, questo testo è stato scritto
rapidamente e potrà essere superato entro un mese!
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