Rivista Anarchica Online
Occhio al clero
di Massimo Panizza
Alle spalle delle attuali tendenze
alla privatizzazione, c'è una lunga e tormentata storia della
scuola pubblica in Italia. I rischi di un incremento delle
strutture di tipo confessionale e di una restaurazione dei
presupposti stessi della riforma Gentile.
Per fare un punto sulla situazione
attuale della scuola, ove, aldilà dei disagi manifestati dai
lavoratori in sede di rinnovo contrattuale, si sta aprendo la strada
a riforme istituzionali dal mio punto di vista preoccupanti, occorre
ripercorrere brevemente le fasi storiche principali vissute
dall'istruzione in Italia nell'ultimo secolo.
Sostanzialmente è possibile
analizzare i sistemi scolastici che si sono succeduti in questo
periodo secondo la loro struttura interna. Volendolo fare da un punto
di vista critico, il compito si presenta complesso, anche perché
numerose sono state le trasformazioni e molteplici i fattori che le
hanno determinate.
Una delle teorie cui si deve fare
riferimento per spiegare le variazioni nel sistema scolastico è
la cosiddetta teoria funzionale, che prevede la dipendenza
dell'andamento dell'istruzione dalle necessità dell'economia.
Sicuramente la complessa organizzazione del lavoro che produce uno
stato capitalista determina un innalzamento del livello di
qualificazione e quindi una richiesta d'istruzione. È
stato ampiamente dimostrato però che questa teoria da sola non
serve per spiegare tale andamento, anzi in taluni periodi storici si
può produrre addirittura un effetto contrario se il sistema
economico è caratterizzato da una consistente disoccupazione
giovanile: in questo caso la scuola diventa un serbatoio ove si
esplica quella domanda di promozione sociale alla quale è
preposta.
Volendo dunque prendere le distanze
dagli effetti economici che in Italia, anche per il ritardo
dell'unità statuale, hanno spesso rappresentato la variabile
dipendente dall'istruzione, si può sottolineare invece una
dipendenza dello sviluppo della stessa dai rapporti di forza tra i
vari gruppi (classi e ceti) nelle lotte di mantenimento o
miglioramento delle posizioni nel sistema di stratificazione sociale.
I meccanismi della disuguaglianza
A questo punto è possibile porre
dei limiti a questa analisi concentrando l'attenzione su quegli
aspetti legati all'istruzione che mi preme mettere in luce. Le
tensioni sociali spontanee e a livello di forze politiche
istituzionali che si sono create intorno alla scuola non hanno mai
messo in discussione il principio su cui si basa il funzionamento di
questa istituzione nella società capitalistica e più in
generale in una qualsiasi società ove il tipo di lavoro opera
una differenziazione sociale. Mi riferisco per esempio a quelle
società ove il socialismo praticato non ha affatto superato le
ruolizzazioni sociali, organizzate secondo meccanismi di dominio:
uomo-uomo, uomo-donna, uomo-natura...
In questo senso si consuma l'ambiguità
fra la spinta "ugualitaria", diritto allo studio per tutti
e l'accettazione del concetto di "promozione" cui è
finalizzato tutto il sistema di valutazione. L'operazione fatta è
stata quella di offrire a tutti l'opportunità di riscattarsi
attraverso l'istruzione senza intaccare i meccanismi che producono
disuguaglianza sociale. Questa ambiguità non è mai
stata messa in giusta luce e, a seconda dell'andamento ciclico
dell'opinione pubblica, è stata vissuta all'interno della
scuola secondo un orientamento selettivo e meritocratico o secondo un
orientamento avalutativo, permissivistico che sposta fuori dalla
scuola la selezione sociale, senza che di fatto all'interno si sia
operato un recupero delle situazioni di svantaggio. Nell'uno e
nell'altro caso la scuola del diritto allo studio per tutti opera nel
rispetto di quelle condizioni di disuguaglianza sociale che vigono al
suo esterno.
Per l'insegnante che volesse operare al
di fuori di questa logica le possibilità d'intervento sono
strettamente legate all'intraprendenza individuale. Questo significa
farsi carico della situazione reale, superando rigidità e
posizioni spesso solo ideologiche e agendo per una trasformazione dei
momenti scolastici in momenti sempre gestibili in prima persona dagli
studenti e volti alla crescita di persone autenticamente umane,
capaci di inserirsi nella società con personale spirito
critico; individui che secondo le loro aspirazioni diventeranno
medici, insegnanti, cuochi, e che in ogni caso disporranno degli
strumenti per distinguere un bravo medico, un bravo insegnante, un
bravo cuoco... In altre parole individui consapevoli e capaci di
realizzarsi autonomamente anche in una società discriminante,
imparando a far valere i propri diritti e ad incidere nella società
pur da una posizione marginale.
Ad ogni modo il sistema fondato sulla
promozione sociale digerisce altrettanto bene i metodi autoritari e
selettivi e quelli permissivi: in entrambi i casi la scuola non forma
all'indipendenza culturale: lo "status quo" è salvo.
Tornando al discorso più
generale, messo in evidenza che il diritto allo studio non
costituisce di per sé una condizione di uguaglianza sociale, è
pur vero che all'interno di una dinamica tra classi può
consentire più o meno, a seconda di come è strutturata
la scuola, la promozione sociale. E proprio in questi termini si
possono leggere le trasformazioni dell'istituzione scolastica fino
alle attuali tendenze.
Prescindendo dalla scuola primaria, che
è marginalmente interessata da un'analisi volta ad individuare
la minore o maggiore "promozione sociale", occorre
distinguere a tale proposito tra strutture della scuola secondaria
inferiore e superiore.
Per quanto riguarda la secondaria
inferiore la sua struttura è variata per la maggiore o minore
apertura. Intendendo "chiusi" quei sistemi ove coesistono,
accanto a scuole propedeutiche a studi superiori e universitari,
sistemi che non permettono il passaggio ai livelli superiori e
"aperti" quelli privi di scuole di questo genere.
Per fare degli esempi, il sistema più
aperto nel nostro paese, vigente tuttora, è quello istituito
alla fine del 1962 (scuola media inferiore unica), ma era
relativamente aperto anche quello della legge Casati (precedente alla
riforma Gentile del 1923). Chiuso era invece il sistema nato dalla
riforma Gentile e ancora più chiuso quello che non riuscirono
a realizzare Bottai con la "Carta della scuola" e Gonella
con il suo disegno di legge del 1951.
Apparato ideologico
A livello secondario superiore la
struttura interna è variata nel tempo per la maggiore o minore
"professionalizzazione". Un sistema scolastico
professionalizzato prevede accanto a scuole propedeutiche
all'università, altre scuole che non permettono l'accesso
all'università e che si propongono invece la formazione di
quadri intermedi. Un sistema scolastico deprofessionalizzato prevede
l'accesso agli studi universitari da qualsivoglia scuola secondaria
che perde quindi parte della funzione di formazione dei quadri
intermedi.
Il sistema più
deprofessionalizzato è quello tuttora vigente nato alla fine
del 1969 (ma sono esistiti altri processi di
deprofessionalizzazione). Il più professionalizzato è
quello creato dalla riforma Gentile.
I processi attraverso i quali le varie
componenti sociali hanno influenzato queste trasformazioni non
risultano tuttavia sempre gli stessi. Ad esempio le classi dominanti
non si sono sempre e solo opposte allo sviluppo dell'istruzione, ma
in alcuni periodi (uno di questi corrisponde alla fine degli anni
'50) ne hanno favorito l'espansione e per motivi funzionali
all'economia e per motivi politici legati al trasferimento di valori.
La consapevolezza sull'importanza di questo secondo aspetto, la
scuola come apparato ideologico dello stato, risale addirittura alla
formazione dello stato nazionale quando si dibatté se fosse
maggiormente efficace un controllo legato all'analfabetismo della
popolazione oppure ad una diffusione dell'istruzione sia primaria che
secondaria per formare un gruppo di funzionari competenti e
ideologicamente fidati.
Questa seconda concezione allora
prevalse e il sistema scolastico Casati ebbe una struttura piuttosto
aperta. D'altronde nei sistemi chiusi sono sempre presenti accanto a
scuole propedeutiche, scuole a fondo cieco proprio con lo scopo di
improntare ideologicamente l'utenza. Viceversa sarebbe sufficiente
per limitare la promozione sociale una forte selezione basata sulla
meritocrazia. Questo per sottolineare che un sistema fortemente
meritocratico, ma aperto, è meno ipocrita di un sistema chiuso
perché non si propone di ideologizzare secondo i valori
dominanti.
Negli anni '70 si osserva, quantomeno
come tendenza politica, maggiore attenzione nei confronti di una
scolarizzazione più diffusa e uniforme. Le numerose esperienze
sperimentali negli istituti tecnici e professionali fiorite un po'
ovunque mostrano al di là delle peculiarità specifiche
a ciascuna di esse, l'importanza dell'aspetto formativo quale punto
di forza nell'educazione di un giovane, qualunque sia la sua
attitudine e il campo di specializzazione o la professione che
sceglierà. Com'è noto, questo si è concretizzato
in una dilatazione dell'area comune (materie più formative)
rispetto all'area di indirizzo più professionalizzante. Per
usare una terminologia più immediata si potrebbe parlare di
"liceizzazione" di istituti tecnici e professionali. In
questi ultimi anni si assiste ad una inversione di tendenza. Il
Ministero si mostra sempre più riluttante nel concedere
progetti di sperimentazione dove l'aspetto formativo caratterizza in
maniera determinante la sperimentazione. Ad esempio, nel liceo
sperimentale a più indirizzi tecnici dove ho fatto parte
quest'anno della commissione agli esami di maturità (Borgo San
Lorenzo - Firenze - Liceo Giotto Ulivi) si può osservare,
confrontando l'evoluzione dei progetti, proprio il progressivo
restringersi dell'area comune rispetto all'area di indirizzo dovuto
ai vincoli imposti da Roma. Nella stessa sperimentazione di cui
faccio parte (all'IPSIA di Lissone) una delle critiche portate dal
Presidente della Commissione di maturità 1986/87 (operante a
livello ispettivo nella sperimentazione da molti anni) era in
relazione alla limitata adesione alla maturità tecnica
corrispondente di geometra (insufficienza nelle materie
professionalizzanti).
D'altra parte leggendo il cosiddetto
"Progetto '92", progetto di sperimentazione assistita negli
istituti professionali di stato, si osserva come la scuola
professionale sia nel mirino del Ministero. Infatti da liceo a tutti
gli effetti (come l'apertura degli accessi universitari del '69
stabilì) verrebbe ritrasformata in una scuola triennale a
fondo cieco con la possibilità di corsi biennali
post-qualifica organizzati dalle regioni.
Che cosa c'è dietro la
privatizzazione
Contemporaneamente si parla di
destatalizzare l'istruzione; ne parlano gli imprenditori che si
lamentano di una scuola sempre più separata dal mondo del
lavoro e sempre più inadeguata alla esigenze e alla
accelerazione del post industriale. E ne parlano le forze politiche,
socialisti in testa, che vedono nella privatizzazione e quindi nella
libera concorrenza la strada per una possibile ristrutturazione
dell'istruzione in Italia.
Il processo di privatizzazione
porterebbe inevitabilmente ad un incremento di strutture scolastiche
di tipo confessionale e ad una restaurazione in chiave più
moderna degli stessi presupposti Gentiliani certo più
funzionali alle esigenze dell'imprenditoria sensibile ad discorso
educativo solo per intervenire direttamente alla formazione dei
propri quadri con le strategie più adeguate al massimo
rendimento con il minimo spreco. Queste tendenze lasciano intendere
l'attuale volontà politica di rendere la scuola funzionale al
sistema economico.
"Il nostro sistema economico
deve creare individui che siano adeguati alle sue necessità.
Individui che cooperino senza difficoltà, che vogliano
consumare sempre di più. Il nostro sistema deve produrre
individui dai gusti standardizzati, facilmente influenzabili o dai
desideri agevolmente prevedibili. Il nostro sistema ha bisogno di
individui che credono di essere liberi e indipendenti, ma che, ciò
nonostante, si comportino così come ci si aspetta che essi si
comportino, uomini che si inseriscano senza attriti nella macchina
sociale, che possano essere guidati senza forza, comandati senza
capi, e indirizzati senza altra ambizione che non sia quella di fare
le cose "come si deve".
L'autorità non è
scomparsa, né ha perso alcunché della sua forza, ma si
è trasformata nell'autorità anonima della persuasione e
della suggestione. In altre parole, per adattarsi l'uomo moderno ha
bisogno di illudersi che tutto venga fatto con il suo consenso e di
non rendersi conto di come il consenso gli venga strappato con un
sottile processo di manipolazione.
Il consenso gli viene
estorto a livello inconscio, dietro le sue spalle"
(Erich Fromm).
È
sempre troppo "costoso" pensare alla scuola come ad un
mezzo e a un fine allo stesso tempo: conoscere per conoscere. È
sempre troppo rischioso.
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