Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 157
estate 1988


Rivista Anarchica Online

Occhio al clero
di Massimo Panizza

Alle spalle delle attuali tendenze alla privatizzazione, c'è una lunga e tormentata storia della scuola pubblica in Italia. I rischi di un incremento delle strutture di tipo confessionale e di una restaurazione dei presupposti stessi della riforma Gentile.

Per fare un punto sulla situazione attuale della scuola, ove, aldilà dei disagi manifestati dai lavoratori in sede di rinnovo contrattuale, si sta aprendo la strada a riforme istituzionali dal mio punto di vista preoccupanti, occorre ripercorrere brevemente le fasi storiche principali vissute dall'istruzione in Italia nell'ultimo secolo.
Sostanzialmente è possibile analizzare i sistemi scolastici che si sono succeduti in questo periodo secondo la loro struttura interna. Volendolo fare da un punto di vista critico, il compito si presenta complesso, anche perché numerose sono state le trasformazioni e molteplici i fattori che le hanno determinate.
Una delle teorie cui si deve fare riferimento per spiegare le variazioni nel sistema scolastico è la cosiddetta teoria funzionale, che prevede la dipendenza dell'andamento dell'istruzione dalle necessità dell'economia. Sicuramente la complessa organizzazione del lavoro che produce uno stato capitalista determina un innalzamento del livello di qualificazione e quindi una richiesta d'istruzione. È stato ampiamente dimostrato però che questa teoria da sola non serve per spiegare tale andamento, anzi in taluni periodi storici si può produrre addirittura un effetto contrario se il sistema economico è caratterizzato da una consistente disoccupazione giovanile: in questo caso la scuola diventa un serbatoio ove si esplica quella domanda di promozione sociale alla quale è preposta.
Volendo dunque prendere le distanze dagli effetti economici che in Italia, anche per il ritardo dell'unità statuale, hanno spesso rappresentato la variabile dipendente dall'istruzione, si può sottolineare invece una dipendenza dello sviluppo della stessa dai rapporti di forza tra i vari gruppi (classi e ceti) nelle lotte di mantenimento o miglioramento delle posizioni nel sistema di stratificazione sociale.

I meccanismi della disuguaglianza
A questo punto è possibile porre dei limiti a questa analisi concentrando l'attenzione su quegli aspetti legati all'istruzione che mi preme mettere in luce. Le tensioni sociali spontanee e a livello di forze politiche istituzionali che si sono create intorno alla scuola non hanno mai messo in discussione il principio su cui si basa il funzionamento di questa istituzione nella società capitalistica e più in generale in una qualsiasi società ove il tipo di lavoro opera una differenziazione sociale. Mi riferisco per esempio a quelle società ove il socialismo praticato non ha affatto superato le ruolizzazioni sociali, organizzate secondo meccanismi di dominio: uomo-uomo, uomo-donna, uomo-natura...
In questo senso si consuma l'ambiguità fra la spinta "ugualitaria", diritto allo studio per tutti e l'accettazione del concetto di "promozione" cui è finalizzato tutto il sistema di valutazione. L'operazione fatta è stata quella di offrire a tutti l'opportunità di riscattarsi attraverso l'istruzione senza intaccare i meccanismi che producono disuguaglianza sociale. Questa ambiguità non è mai stata messa in giusta luce e, a seconda dell'andamento ciclico dell'opinione pubblica, è stata vissuta all'interno della scuola secondo un orientamento selettivo e meritocratico o secondo un orientamento avalutativo, permissivistico che sposta fuori dalla scuola la selezione sociale, senza che di fatto all'interno si sia operato un recupero delle situazioni di svantaggio. Nell'uno e nell'altro caso la scuola del diritto allo studio per tutti opera nel rispetto di quelle condizioni di disuguaglianza sociale che vigono al suo esterno.
Per l'insegnante che volesse operare al di fuori di questa logica le possibilità d'intervento sono strettamente legate all'intraprendenza individuale. Questo significa farsi carico della situazione reale, superando rigidità e posizioni spesso solo ideologiche e agendo per una trasformazione dei momenti scolastici in momenti sempre gestibili in prima persona dagli studenti e volti alla crescita di persone autenticamente umane, capaci di inserirsi nella società con personale spirito critico; individui che secondo le loro aspirazioni diventeranno medici, insegnanti, cuochi, e che in ogni caso disporranno degli strumenti per distinguere un bravo medico, un bravo insegnante, un bravo cuoco... In altre parole individui consapevoli e capaci di realizzarsi autonomamente anche in una società discriminante, imparando a far valere i propri diritti e ad incidere nella società pur da una posizione marginale.
Ad ogni modo il sistema fondato sulla promozione sociale digerisce altrettanto bene i metodi autoritari e selettivi e quelli permissivi: in entrambi i casi la scuola non forma all'indipendenza culturale: lo "status quo" è salvo.
Tornando al discorso più generale, messo in evidenza che il diritto allo studio non costituisce di per sé una condizione di uguaglianza sociale, è pur vero che all'interno di una dinamica tra classi può consentire più o meno, a seconda di come è strutturata la scuola, la promozione sociale. E proprio in questi termini si possono leggere le trasformazioni dell'istituzione scolastica fino alle attuali tendenze.
Prescindendo dalla scuola primaria, che è marginalmente interessata da un'analisi volta ad individuare la minore o maggiore "promozione sociale", occorre distinguere a tale proposito tra strutture della scuola secondaria inferiore e superiore.
Per quanto riguarda la secondaria inferiore la sua struttura è variata per la maggiore o minore apertura. Intendendo "chiusi" quei sistemi ove coesistono, accanto a scuole propedeutiche a studi superiori e universitari, sistemi che non permettono il passaggio ai livelli superiori e "aperti" quelli privi di scuole di questo genere.
Per fare degli esempi, il sistema più aperto nel nostro paese, vigente tuttora, è quello istituito alla fine del 1962 (scuola media inferiore unica), ma era relativamente aperto anche quello della legge Casati (precedente alla riforma Gentile del 1923). Chiuso era invece il sistema nato dalla riforma Gentile e ancora più chiuso quello che non riuscirono a realizzare Bottai con la "Carta della scuola" e Gonella con il suo disegno di legge del 1951.

Apparato ideologico
A livello secondario superiore la struttura interna è variata nel tempo per la maggiore o minore "professionalizzazione". Un sistema scolastico professionalizzato prevede accanto a scuole propedeutiche all'università, altre scuole che non permettono l'accesso all'università e che si propongono invece la formazione di quadri intermedi. Un sistema scolastico deprofessionalizzato prevede l'accesso agli studi universitari da qualsivoglia scuola secondaria che perde quindi parte della funzione di formazione dei quadri intermedi.
Il sistema più deprofessionalizzato è quello tuttora vigente nato alla fine del 1969 (ma sono esistiti altri processi di deprofessionalizzazione). Il più professionalizzato è quello creato dalla riforma Gentile.
I processi attraverso i quali le varie componenti sociali hanno influenzato queste trasformazioni non risultano tuttavia sempre gli stessi. Ad esempio le classi dominanti non si sono sempre e solo opposte allo sviluppo dell'istruzione, ma in alcuni periodi (uno di questi corrisponde alla fine degli anni '50) ne hanno favorito l'espansione e per motivi funzionali all'economia e per motivi politici legati al trasferimento di valori. La consapevolezza sull'importanza di questo secondo aspetto, la scuola come apparato ideologico dello stato, risale addirittura alla formazione dello stato nazionale quando si dibatté se fosse maggiormente efficace un controllo legato all'analfabetismo della popolazione oppure ad una diffusione dell'istruzione sia primaria che secondaria per formare un gruppo di funzionari competenti e ideologicamente fidati.
Questa seconda concezione allora prevalse e il sistema scolastico Casati ebbe una struttura piuttosto aperta. D'altronde nei sistemi chiusi sono sempre presenti accanto a scuole propedeutiche, scuole a fondo cieco proprio con lo scopo di improntare ideologicamente l'utenza. Viceversa sarebbe sufficiente per limitare la promozione sociale una forte selezione basata sulla meritocrazia. Questo per sottolineare che un sistema fortemente meritocratico, ma aperto, è meno ipocrita di un sistema chiuso perché non si propone di ideologizzare secondo i valori dominanti.
Negli anni '70 si osserva, quantomeno come tendenza politica, maggiore attenzione nei confronti di una scolarizzazione più diffusa e uniforme. Le numerose esperienze sperimentali negli istituti tecnici e professionali fiorite un po' ovunque mostrano al di là delle peculiarità specifiche a ciascuna di esse, l'importanza dell'aspetto formativo quale punto di forza nell'educazione di un giovane, qualunque sia la sua attitudine e il campo di specializzazione o la professione che sceglierà. Com'è noto, questo si è concretizzato in una dilatazione dell'area comune (materie più formative) rispetto all'area di indirizzo più professionalizzante. Per usare una terminologia più immediata si potrebbe parlare di "liceizzazione" di istituti tecnici e professionali. In questi ultimi anni si assiste ad una inversione di tendenza. Il Ministero si mostra sempre più riluttante nel concedere progetti di sperimentazione dove l'aspetto formativo caratterizza in maniera determinante la sperimentazione. Ad esempio, nel liceo sperimentale a più indirizzi tecnici dove ho fatto parte quest'anno della commissione agli esami di maturità (Borgo San Lorenzo - Firenze - Liceo Giotto Ulivi) si può osservare, confrontando l'evoluzione dei progetti, proprio il progressivo restringersi dell'area comune rispetto all'area di indirizzo dovuto ai vincoli imposti da Roma. Nella stessa sperimentazione di cui faccio parte (all'IPSIA di Lissone) una delle critiche portate dal Presidente della Commissione di maturità 1986/87 (operante a livello ispettivo nella sperimentazione da molti anni) era in relazione alla limitata adesione alla maturità tecnica corrispondente di geometra (insufficienza nelle materie professionalizzanti).
D'altra parte leggendo il cosiddetto "Progetto '92", progetto di sperimentazione assistita negli istituti professionali di stato, si osserva come la scuola professionale sia nel mirino del Ministero. Infatti da liceo a tutti gli effetti (come l'apertura degli accessi universitari del '69 stabilì) verrebbe ritrasformata in una scuola triennale a fondo cieco con la possibilità di corsi biennali post-qualifica organizzati dalle regioni.

Che cosa c'è dietro la privatizzazione
Contemporaneamente si parla di destatalizzare l'istruzione; ne parlano gli imprenditori che si lamentano di una scuola sempre più separata dal mondo del lavoro e sempre più inadeguata alla esigenze e alla accelerazione del post industriale. E ne parlano le forze politiche, socialisti in testa, che vedono nella privatizzazione e quindi nella libera concorrenza la strada per una possibile ristrutturazione dell'istruzione in Italia.
Il processo di privatizzazione porterebbe inevitabilmente ad un incremento di strutture scolastiche di tipo confessionale e ad una restaurazione in chiave più moderna degli stessi presupposti Gentiliani certo più funzionali alle esigenze dell'imprenditoria sensibile ad discorso educativo solo per intervenire direttamente alla formazione dei propri quadri con le strategie più adeguate al massimo rendimento con il minimo spreco. Queste tendenze lasciano intendere l'attuale volontà politica di rendere la scuola funzionale al sistema economico.
"Il nostro sistema economico deve creare individui che siano adeguati alle sue necessità. Individui che cooperino senza difficoltà, che vogliano consumare sempre di più. Il nostro sistema deve produrre individui dai gusti standardizzati, facilmente influenzabili o dai desideri agevolmente prevedibili. Il nostro sistema ha bisogno di individui che credono di essere liberi e indipendenti, ma che, ciò nonostante, si comportino così come ci si aspetta che essi si comportino, uomini che si inseriscano senza attriti nella macchina sociale, che possano essere guidati senza forza, comandati senza capi, e indirizzati senza altra ambizione che non sia quella di fare le cose "come si deve".
L'autorità non è scomparsa, né ha perso alcunché della sua forza, ma si è trasformata nell'autorità anonima della persuasione e della suggestione. In altre parole, per adattarsi l'uomo moderno ha bisogno di illudersi che tutto venga fatto con il suo consenso e di non rendersi conto di come il consenso gli venga strappato con un sottile processo di manipolazione.
Il consenso gli viene estorto a livello inconscio, dietro le sue spalle" (Erich Fromm).
È sempre troppo "costoso" pensare alla scuola come ad un mezzo e a un fine allo stesso tempo: conoscere per conoscere. È sempre troppo rischioso.