Rivista Anarchica Online
C'è taoismo e taoismo
Caro Rick Bosco, grazie per la tua lettera (Essere
taoista, per me "A" 155). Essa ricorda un assunto
fondamentale della filosofia e della pratica anarchica: il rifiuto
dell'autoritarismo sotto qualsiasi forma esso si manifesti, e di
conseguenza il rigetto dell'arroganza dogmatica.
Non penso che Murray Bookchin abbia
peccato in tal senso. Credo piuttosto che egli volesse riferirsi alla
religione taoista (Tao Kiao) e non al pensiero taoista
originale (Tao Kia), spesso confusi per via della quasi identica
denominazione, anche se separati da mezzo millennio.
È
vero che la religione taoista, come le altre, tende a rafforzare le
istanze autoritarie e reazionarie riproponendo tra l'altro, un
pantheon presieduto da una suprema triade composta dall'Imperatore di
Giada affiancato da Tao Kun e da Lao Tzu, il mitico autore del primo
grande classico taoista, il Tao te Ching. Nel pensiero dei tre primi filosofi
taoisti (Lao Tzu, Kuang Ku e Lieh Tzu), che vissero tra il quarto e
terzo secolo prima della nostra era, il non volere (wu-wei)
contrastare e modificare l'ordine naturale dell'universo, comportava
l'obbligo per il governante di non esercitare la sua autorità
se non in chiave organizzativa: egli doveva lasciare la più
ampia libertà al popolo, emanare poche leggi e stabilire pochi
divieti.
L'avvento della religione taoista,
predicata verso il II secolo dell'era volgare da Kang Tao Ling
innestava un rovesciamento delle premesse iniziali. L'ordine al quale
non bisognava opporsi non era più quello naturale, bensì
quello imperiale.
Il principio della non-violenza - o
"inazione", per riprendere il termine taoista - veniva ad
essere applicato unilateralmente e comportava l'obbligo di non
opporsi ai soprusi dell'imperatore, così come, nelle religioni
monoteiste, è peccato contrastare la volontà
dell'onnipotente.
In Occidente i regnanti divennero
presto i "difensori delle fede", in modo analogo in Cina,
soprattutto durante la dinastia T'Ang (618-907) gli imperatori furono
spesso taoisti e comunque favorirono il taoismo. Inoltre il Tao venne
contaminato dal moralismo confuciano, basato sul rigoroso rispetto
delle gerarchie familiari, sociali e religiose.
Per tornare alla filosofia
taoista le tue considerazioni sono esatte, e ci sarebbe anzi altro da
aggiungere. Le pulsioni libertarie nell'esoterismo orientale sono
molto forti (ebbi l'occasione di accennarvi in un articolo pubblicato
su Volontà dell'aprile-giugno 1985).
Per approfondire il taoismo ti
raccomando la lettura delle pagine ad esso dedicate nell'opera
monumentale diretta da Joseph Needham: Science and Civilization in
China, e in particolare nei volumi II, V:2 e V:4, in corso di
pubblicazione anche da Einaudi.
Un paio di precisazioni: Julius Evola
non appartiene alla nouvelle droite francese, questa lo ha
adottato dopo la sua morte. Era un saggista italiano neo-nazista. Non
di meno la sua traduzione del Tao te Ching (Ed. Mediterranee)
è una delle migliori esistenti, anche se la sua introduzione,
come giustamente rilevi, stravolge il pensiero taoista.
Il libro di Allan Watts è
interessante ma piuttosto superficiale. Il riferimento a Kropotkin,
per quanto legittimo, non basta a trasformarlo in un testo chiave.
Il taoismo è comunemente
considerato una dottrina filosofica a carattere mistico. Occorre
precisare che mistico, in questo caso, va preso nel suo significato
originario che deriva dal greco mustes: iniziato ai misteri
pagani e cioè alla fondamentale unità del cosmo. In
termini taoisti, la via (il Tao) consiste nel fluire con il Tao che è
chiaro e scuro, maschile e femminile. Questa visione si ispira al
concetto taoista dell'armonia ritmica (K'i-yun) che lega i termini di
una dualità (yang-yin, ad esempio) per cui essi si trasformano
incessantemente l'uno nell'altro. Il taoismo insomma è un
misticismo materialista non-teista e libertario, là dove
invece il marxismo è divenuto un misticismo fideistico che
implica una teologia filosofica e politica.
Cordiali saluti,
Arturo Schwarz (Milano)
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