Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 157
estate 1988


Rivista Anarchica Online

C'è taoismo e taoismo

Caro Rick Bosco,
grazie per la tua lettera (Essere taoista, per me "A" 155). Essa ricorda un assunto fondamentale della filosofia e della pratica anarchica: il rifiuto dell'autoritarismo sotto qualsiasi forma esso si manifesti, e di conseguenza il rigetto dell'arroganza dogmatica.
Non penso che Murray Bookchin abbia peccato in tal senso. Credo piuttosto che egli volesse riferirsi alla religione taoista (Tao Kiao) e non al pensiero taoista originale (Tao Kia), spesso confusi per via della quasi identica denominazione, anche se separati da mezzo millennio.
È vero che la religione taoista, come le altre, tende a rafforzare le istanze autoritarie e reazionarie riproponendo tra l'altro, un pantheon presieduto da una suprema triade composta dall'Imperatore di Giada affiancato da Tao Kun e da Lao Tzu, il mitico autore del primo grande classico taoista, il Tao te Ching.
Nel pensiero dei tre primi filosofi taoisti (Lao Tzu, Kuang Ku e Lieh Tzu), che vissero tra il quarto e terzo secolo prima della nostra era, il non volere (wu-wei) contrastare e modificare l'ordine naturale dell'universo, comportava l'obbligo per il governante di non esercitare la sua autorità se non in chiave organizzativa: egli doveva lasciare la più ampia libertà al popolo, emanare poche leggi e stabilire pochi divieti.
L'avvento della religione taoista, predicata verso il II secolo dell'era volgare da Kang Tao Ling innestava un rovesciamento delle premesse iniziali. L'ordine al quale non bisognava opporsi non era più quello naturale, bensì quello imperiale.
Il principio della non-violenza - o "inazione", per riprendere il termine taoista - veniva ad essere applicato unilateralmente e comportava l'obbligo di non opporsi ai soprusi dell'imperatore, così come, nelle religioni monoteiste, è peccato contrastare la volontà dell'onnipotente.
In Occidente i regnanti divennero presto i "difensori delle fede", in modo analogo in Cina, soprattutto durante la dinastia T'Ang (618-907) gli imperatori furono spesso taoisti e comunque favorirono il taoismo. Inoltre il Tao venne contaminato dal moralismo confuciano, basato sul rigoroso rispetto delle gerarchie familiari, sociali e religiose.
Per tornare alla filosofia taoista le tue considerazioni sono esatte, e ci sarebbe anzi altro da aggiungere. Le pulsioni libertarie nell'esoterismo orientale sono molto forti (ebbi l'occasione di accennarvi in un articolo pubblicato su Volontà dell'aprile-giugno 1985).
Per approfondire il taoismo ti raccomando la lettura delle pagine ad esso dedicate nell'opera monumentale diretta da Joseph Needham: Science and Civilization in China, e in particolare nei volumi II, V:2 e V:4, in corso di pubblicazione anche da Einaudi.
Un paio di precisazioni: Julius Evola non appartiene alla nouvelle droite francese, questa lo ha adottato dopo la sua morte. Era un saggista italiano neo-nazista. Non di meno la sua traduzione del Tao te Ching (Ed. Mediterranee) è una delle migliori esistenti, anche se la sua introduzione, come giustamente rilevi, stravolge il pensiero taoista.
Il libro di Allan Watts è interessante ma piuttosto superficiale. Il riferimento a Kropotkin, per quanto legittimo, non basta a trasformarlo in un testo chiave.
Il taoismo è comunemente considerato una dottrina filosofica a carattere mistico. Occorre precisare che mistico, in questo caso, va preso nel suo significato originario che deriva dal greco mustes: iniziato ai misteri pagani e cioè alla fondamentale unità del cosmo. In termini taoisti, la via (il Tao) consiste nel fluire con il Tao che è chiaro e scuro, maschile e femminile. Questa visione si ispira al concetto taoista dell'armonia ritmica (K'i-yun) che lega i termini di una dualità (yang-yin, ad esempio) per cui essi si trasformano incessantemente l'uno nell'altro. Il taoismo insomma è un misticismo materialista non-teista e libertario, là dove invece il marxismo è divenuto un misticismo fideistico che implica una teologia filosofica e politica.
Cordiali saluti,

Arturo Schwarz (Milano)