Rivista Anarchica Online
È morto un cane
di A. di Solata
Sul primo numero della nostra
rivista (febbraio 1971), in margine ad un'intervista a Rachele Torri,
la prozia di Valpreda, pubblicammo questa testimonianza sul clima in
un commissariato poche ore dopo l'assassinio di Pinelli, scritta –
appunto – un anno dopo quei giorni drammatici.
" È morto un cane! Un cane di meno!" grida allegramente un graduato
di polizia, 50 anni circa, faccia cavallina, scendendo dalla sua 850,
nel cortile del commissariato, rivolto a qualche suo collega sulla
porta. Sta parlando di Pinelli. Dalla stanza, dove mi tengono fra un
interrogatorio e l'altro, lo vedo e lo sento e mangio lacrime di
dolore e di rabbia e vergogna per lui, per quest'uomo che gioisce per
l'assassinio di un altro uomo, di un padre di famiglia come lui, di
un lavoratore come potrebbe essere lui, il poliziotto, se a vent'anni
al suo paese anziché miseria e disoccupazione avesse trovato
la possibilità di guadagnarsi onestamente il pane... Un anno
fa. Era la mattina del 16 dicembre.
L'anarchico Giuseppe Pinelli s'era sfracellato nel cortile della
questura. Mentre tutti istintivamente pensavano e dicevano che era
stato ammazzato, i poliziotti si affannavano a difendersi infangando
Pinelli, diffamandolo nel modo più vigliacco e miserabile,
quando cioè non poteva più difendersi. "Era un
delinquente, ecc..." dice il brigadiere Panessa a Lello
Valitutti. "Il suo alibi è caduto
ecc..." dice il questore Guida ai giornalisti. "Gli anarchici del Circolo Ponte
della Ghisolfa sono feroci, pazzi, sanguinari..." dice un
commissario al padre di una ragazza, B.F., che in quei giorni
svolgeva mansioni di baby-sitter per un compagno. E lo invita a
proibire alla figlia di rimettere piede in casa di simili belve. "Pinelli potrebbe aver messo la
bomba della Banca Commerciale" lasciano intendere alcuni
pennivendoli del Corriere della Sera e di altri fogliacci
reazionari... Pino non poteva più difendersi
ma potevano difenderlo i compagni e gli amici che la campagna di
calunnie ed il clima di linciaggio morale avevano inferocito anziché
intimidito. E allora poliziotti e giornali devono
fare marcia indietro. Un anno dopo neppure il più
idiota degli sbirri avrebbe il coraggio di dire in pubblico che
Pinelli era implicato nella faccenda delle bombe. I magistrati di Milano e Roma, a gara,
hanno dichiarato nero su bianco che Pinelli era del tutto estraneo
agli attentati né mai c'era stato motivo di dubitarne. Da un anno la polizia (cioè lo
stato) è impegnata a dimostrare l'indimostrabile: che Pinelli
non è stato ammazzato. Un anno dopo, il 15 dicembre 1970,
tutta una pagina del quotidiano "Il Giorno" è presa
dalle firme di centinaia di cittadini, circoli, sezioni di partito,
associazioni, che ricordano Giuseppe Pinelli ammazzato come un cane. Sbirro che hai sbavato il tuo veleno
sul compagno Pinelli, vedremo un anno dopo la tua morte chi ti
ricorderà. Neppure quella disgraziata di tua moglie.
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