Rivista Anarchica Online
Traumatico Perù
di Fausta Bizzozzero
A colloquio con Maria Pia Dradi, di
ritorno dal Perù dove è stata per conto
dell'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo. Fame, miseria, terrorismo,
repressione statale, narcotraffico. La mobilitazione di base trova
nuovi canali , contro i mali di sempre. Il ruolo decisivo delle donne.
Ci sono persone, tra i tanti
incontri della vita, che lasciano un segno, e ci sono persone - la
maggior parte - che non ne lasciano affatto e diventano ombre sfocate
nei nostri ricordi. Mi sono chiesta spesso quali fossero gli
elementi, gli ingredienti, che mettono in azione questo strano
procedimento chimico nel nostro cervello e credo di averne
identificato almeno uno (perlomeno per quanto mi riguarda): la
passione. Credo cioè che essenzialmente solo le persone capaci
di grandi passioni - nel bene o nel male e al di là di vari
tipi di affinità - riescano ad interessarmi, ad incuriosirmi,
a stimolarmi. Insomma a lasciare un segno nella mia vita. Tali
passioni possono essere le più diverse, non è tanto
l'oggetto che conta, quanto lo stato d'animo, la capacità di
darsi completamente, senza riserve a una causa, a un'idea, a un
interesse, a non so cosa. Di persone così, in questo nostro
povero mondo appiattito e grigio, popolato di zombie di tutti i tipi,
ce ne sono pochissime, ahimè. Una di queste è Maria Pia
Dradi. L'ho incontrata sulle pagine di questa stessa rivista un anno
fa, nel corso di un'intervista in cui ci ha raccontato la sua
esperienza di lavoro nell'Amazzonia peruviana (ma allora di Amazzonia
non si parlava ancora...) con la tribù Chacahuita (cfr. "A"
155).
La reincontro ora, con la stessa
identica "grinta", di ritorno da un viaggio in Perù
per un lavoro che gli è stato assegnato dall'Associazione
Italiana Donne per lo Sviluppo. Tale associazione - l'unica in Italia
nel campo della cooperazione che si occupi del problema a livello
specificamente femminile - ha messo a punto una ricerca sulla
condizione della donna in 10 paesi del mondo (in Asia, Africa e
America Latina); nel continente latinoamericano la ricerca riguarda
Colombia e Perù e Maria Pia, ovviamente, si è occupata
di quest'ultimo.
Ma prima di entrare nel merito del
suo lavoro e della ricerca le chiedo un quadro della situazione
sociale-economica-politica del Perù, le chiedo le sue
impressioni dopo un anno e mezzo di assenza.
L'impatto è stato traumatico.
Nei primi dieci giorni non sapevo dov'ero, non riuscivo a riconoscere
il Perù che avevo lasciato. La situazione da un punto di vista
politico-economico è realmente tragica. Il governo attuale del
partito aprista (di tendenza socialdemocratica) guidato da Alan
Garcia ha fallito gli obiettivi fondamentali che si era dato al
momento della sua costituzione nel 1985: da un lato il miglioramento
reale delle condizioni di vita degli strati più disagiati
della popolazione, settori rurali soprattutto, e dall'altro la
pacificazione del paese. Dal 1980, come è noto, è in
azione il gruppo armato Sendero Luminoso (marxista-leninista-maoista,
ma a mio avviso con simpatie molto forti per l'esperienza polpotiana)
che dopo una fase di azioni dimostrative è passato all'attacco
fisico non solo dei rappresentanti dello stato o della destra ma
anche di esponenti della "Sinistra Unita". Sendero Luminoso
è nato nella Sierra, inizialmente ha avuto un grosso appoggio
da parte dei contadini che poi è scemato in quanto la politica
di Sendero Luminoso è feroce anche nei confronti di queste
popolazioni, li sta obbligando a produrre solo per la loro
sussistenza e sopprime fisicamente chi non accetta le sue direttive.
Circola anche la voce che S.L. stia arruolando con la forza gli
adolescenti campesinos.
La risposta governativa a tutto questo,
fin dall'inizio degli anni '80, è stata molto violenta e
l'esercito ha cominciato a fare razzie nella sierra da un lato
cercando di eliminare i "sovversivi" e dall'altro
attaccando anche le popolazioni con l'accusa di appoggiare o di far
parte di S.L.. Nel 1983, forse ricorderai l'assassinio di 8
giornalisti in un villaggio sperduto a 4.000 metri sulle Ande
peruviane: all'inizio si voleva incolpare la popolazione indigena ma
poi, anche se la cosa non è mai stata provata, si è
saputo che i responsabili erano questi reparti speciali dell'esercito
(fra l'altro addestrati dagli americani).
Quando Alan Garcia va al potere nel
1985 si propone di pacificare il paese attraverso l'unica strada
percorribile, cioè quella delle riforme sociali ed economiche,
poiché la rivolta ha come base la discriminazione razziale,
sociale ed economica che queste popolazioni vivono dall'epoca della
conquista.
Questi buoni propositi sono durati un
paio d'anni durante i quali effettivamente l'intervento dell'esercito
è diminuito, ma poi, a metà dello scorso anno, la crisi
economica - endemica per il Perù come per tutti i paesi del
Sud America - è esplosa e Garcia si è trovato senza
riserve valutarie.
È stata la catastrofe, in un
certo senso la resa dei conti di una politica che aveva cercato di
sanare un'economia disastrata con misure politico-sociali che forse
non hanno trovato l'appoggio necessario.
A questo punto il governo ha attuato
misure restrittive togliendo i sussidi ai prezzi dei beni di prima
necessità che precedentemente erano tenuti sotto controllo,
l'inflazione è esplosa, il dollaro è andato alle stelle
(l'inflazione ha raggiunto nel corso dell'88 il 1700 per cento e
quest'anno si dice che potrebbe raggiungere il 28/30.000 per cento).
I salari sono stati ovviamente svalutati e la crisi ha colpito non
solo gli strati da sempre al di sotto del minimo vitale ma anche la
piccola e media borghesia, molte industrie hanno chiuso, la
disoccupazione è aumentata e nelle zone rurali, ad esempio
della Sierra, i contadini si sono ritrovati senza acquirenti della
loro produzione agricola perché fino a quel momento gli
acquirenti erano gli uffici locali dello stato e gli uffici erano
chiusi. Quintali e quintali di prodotti agricoli sono marciti e, come
conseguenza, i contadini non sono stati più in grado di pagare
quei crediti che la Banca Agraria aveva loro concesso proprio in
seguito a una certa politica del governo di Alan Garcia.
Mi raccontava un amico che lavora nel
campo della cooperazione nel trapezio andino - che è la zona
più povera della Sierra - di aver visto scene di disperazione
di questi contadini perché da un lato non hanno avuto più
introiti non potendo vendere i loro prodotti, dall'altro i funzionari
della banca continuavano a richiedere loro i pagamenti. A questo
punto è intervenuto Sendero Luminoso dando la garanzia ai
contadini che non sarebbero più stati disturbati dai
rappresentanti della Banca. Ovviamente perché venivano fatti
fuori. È evidente
che in una situazione di tale gravità, di tale disperazione,
anche una linea a mio avviso esasperata e suicida per l'intero paese
riscuote consenso perché è l'ultima speranza, e anche
se non è un consenso vero, un'adesione, è comunque un
consenso tacito. E infatti Sendero Luminoso è cresciuto
moltissimo nell'ultimo anno e attualmente sembra che riesca a
controllare direttamente o indirettamente il 70-80% della Sierra
peruviana.
La risposta del governo è stata
repressione violenta: sono quasi quotidiane le scoperte di fosse
comuni e a metà dell'anno scorso è apparso un gruppo
che si denomina comando Rodrigo Franco (un aprista ammazzato in una
strana faida pare all'interno dello stesso partito di governo) che ha
cominciato ad uccidere esponenti della sinistra e delle forze
sindacali. Si tratta di un gruppo paramilitare paragonabile agli
Squadroni della morte argentini, a cui sembra non siano estranei
elementi dello stesso governo e che ha già al suo attivo la
morte di avvocati di sinistra (anche avvocati che difendevano Sendero
Luminoso); nel gennaio-febbraio di quest'anno, nel periodo in cui
sono rimasta in Perù, si sono verificate alcune morti che
potrebbero essere imputate a S.L., ma in realtà sono dubbie
persino per la stessa polizia , tra cui quella di Saul Cantoral,
presidente della Federazione dei minatori - che era reduce da una
lunga battaglia per il rispetto del contratto di lavoro, - e di
Consuelo Garcia, direttrice del Centro Filomena Tomaira Pacsi, un
centro che lavorava dal 1985 con le donne e i bambini dei minatori.
Per dare un'idea della misura del
fenomeno repressivo basti dire che secondo le fonti di Amnesty
International, della Commissione per i diritti umani del Perù
e di un dossier del deputato Bernales il numero dei detenuti
desaparecidos sarebbe di oltre 2.000.
Ecco, questa è la situazione.
Una situazione estremamente incerta e terribile, in cui nessuno può
dire cosa succederà nel prossimo anno. Il mandato di Alan
Garcia scade appunto nell'aprile prossimo e a novembre dovrebbero
esserci le elezioni amministrative e addirittura le prime elezioni
per la formazione dei governi regionali. Questo elemento della
regionalizzazione potrebbe essere estremamente positivo in una
situazione di pace perché porterebbe finalmente al
decentramento e al superamento di quel centralismo esasperato che è
stato causa di tanti mali, ma nel contesto attuale non si sa neppure
se si riuscirà ad andare alle elezioni!
Come si fa pesante il cuore di
fronte a tanta sofferenza, a tanta inimmaginabile inaudita violenza
che a fasi alterne ha segnato l'esistenza di questo paese (ma anche
degli altri latinoamericani) dalla conquista in poi. Le immagini di
Saul Cantoral e di Consuelo Garcia, sequestrati in pieno giorno a
Lima e ritrovati cadaveri alle undici della sera, sono qui davanti
agli occhi, come quelle dei campesinos costretti a cercare di
sopravvivere - neppure di vivere - destreggiandosi tra la presenza
dell'esercito, delle squadre speciali e di Sendero Luminoso. Una
conseguenza è la fuga dalle campagne verso la città:
come dimostrano i dati raccolti da Maria Pia per cui nel 1940 la
popolazione rurale costituiva il 65% mentre ora costituisce il 35%
rispetto alla popolazione urbana. Quando questa gente potrà
aspirare a vivere, ad autodeterminarsi?
Chiedo a Maria Pia di raccontarci i
risultati della sua ricerca sulle donne e le sue impressioni nel
periodo passato in Perù. So che la sua ricerca ha toccato
soprattutto le città, sia perché lo stato di "guerra"
interna diffusa rendeva sconsigliabile avventurarsi altrove, sia
perché recentemente anche i membri della cooperazione sono
diventati bersagli della violenza di Sendero Luminoso, che ha infatti
assassinato una coppia di francesi che lavorava per una o.n.g.
(organizzazione non governativa di cooperazione), poiché
ritiene che gli interventi cooperativi internazionali siano la
ciliegina dell'imperialismo occidentale e come tali vadano attaccati.
Sendero Luminoso, infatti, mi dice
Maria Pia, ha la pretesa di costituire l'unica alternativa reale ad
una situazione di dominio e di dipendenza dal capitalismo
internazionale, l'unica soluzione per tutti e soprattutto per le
popolazioni indigene e la cooperazione internazionale è
attaccata perché è vista come una nuova forma di
colonialismo.
Per tutti questi motivi mi aspettavo di
trovare una situazione di minore attività tra le
organizzazioni di base e invece sono rimasta esterrefatta nel vedere
come le donne siano veramente i pilastri, i veri attori sociali in
questo momento di gravissima crisi economica e sociale del paese. Ti
faccio l'esempio dei pueblos jovines di Lima. Lima è
circondata da una fascia di quartieri di baracche (quelle che in
Brasile vengono chiamate favelas) e le donne di questi quartieri -
alcuni dei quali hanno già più di dieci anni di vita -
si sono organizzate e loro stesse stanno prendendo in mano quelle
attività che prima venivano promosse dalle o.n.g.. Fino ad ora
le o.n.g. hanno sempre avuto la funzione di intermediari fra la fonte
di finanziamento che è esterna (viene dall'Europa o dagli
Stati Uniti) e l'attuazione dei progetti di sviluppo. Ecco, ora
invece e sempre di più sono gli stessi peruviani/e a voler
gestire in prima persona questi progetti che si inseriscono in un
quadro di sviluppo inteso in senso lato: ottenere il cambiamento
radicale attraverso una via di organizzazione, di presa di coscienza,
di movimenti di massa, di partecipazione di base. E tutto questo non
è funzionale alla linea di Sendero Luminoso, ovviamente, che
vuole la direzione di ogni cosa.
Le organizzazioni di base delle donne
sono i veri attori sociali perché sono loro che si sono
assunte sulle spalle il peso della crisi economica, hanno organizzato
le mense collettive nei vari quartieri che danno da mangiare a
100/200 famiglie due volte al giorno a prezzi bassissimi in una
situazione in cui si muore di fame, e si occupano di tutti i problemi
concreti legati all'esistenza in questi pueblos jovines: problemi
ambientali, igienici, luce, acqua, ecc... È
una vera attività popolare in cui la base stessa si
auto-organizza.
Ho intervistato la dirigente della
"Federacion de Mujeres" del "pueblo jovin" più
importante di Lima sia per il numero dei suoi abitanti (circa
400.000, quindi l'equivalente di una città vera e propria),
sia perché nei suoi 77 anni di vita ha svolto molte lotte di
cui si è parlato anche a livello internazionale, sia perché
la "Sinistra Unita" vi riscuote molti consensi.
Questa donna - una donna del popolo che
da anni svolge questa attività e quindi è cresciuta
molto come persona - mi diceva: "Sai qui gli uomini perdono il
lavoro, arrivano a casa, vanno a bere quei due soldi che sono rimasti
e poi ci tornano a casa ubriachi, per cui se noi non facciamo
qualcosa moriamo di fame noi, i nostri figli e tutti gli altri!".
E infatti io ho visto da parte maschile, pur senza voler
generalizzare, un grosso disagio psichico provocato dal trovarsi in
una situazione senza vie d'uscita.
Queste donne hanno quindi preso su di
sé una grossa responsabilità e, come dicevo prima,
hanno costituito queste mense collettive, hanno creato delle
strutture di confederazione delle varie mense di quartiere e hanno
presentato delle proposte al governo per gestire loro gli aiuti
alimentari internazionali. Il Perù infatti ha chiesto degli
aiuti alimentari e l'Italia è stato l'unico paese ad accettare
(forse perché abbiamo la coscienza sporca per altre cose)
mentre gli altri paesi hanno condizionato i loro possibili aiuti ad
un cambiamento della politica peruviana.
L'Italia ha accettato di inviare aiuti
una sola volta ed io ho saputo che queste organizzazioni di donne
sono gli interlocutori privilegiati, vale a dire che gli aiuti
passeranno anche attraverso i canali istituzionali governativi
peruviani ma queste organizzazioni popolari di donne sono state
riconosciute come quelle in grado di dare la garanzia che questi
aiuti arriveranno effettivamente a chi ne ha bisogno e non finiranno,
come normalmente accade, nelle tasche di questo o di quello.
Di solito si parla molto poco del Perù
e non si parla per niente di questa presenza significativa delle
donne che per importanza numerica e per il peso delle attività
volte - come sempre del resto - al benessere di tutto il gruppo
sociale, trascende, come fenomeno, il discorso specificamente
femminile.
Mi domando e le domando quale sia la
situazione della selva amazzonica in tutto questo disastro generale,
rispetto al problema della terra (invasioni di coloni, titoli di
proprietà, ecc.), alla crisi economica, a Sendero Luminoso e
alla presenza dell'esercito.
Fino ad un anno fa la situazione era
relativamente tranquilla a parte la zona della selva central dove si
era già manifestato un clima di violenza in quanto è la
zona più vicina alla costa con strade che permettono maggiori
possibilità di spostamento. Ma dall'anno scorso Sendero
Luminoso è riuscito a passare anche in altre zone di selva
pare - e lo sottolineo perché è praticamente
impossibile avere delle prove precise - con l'aiuto e l'avallo dei
narco-trafficanti.
L'unica zona che rimane ancora
abbastanza libera è il dipartimento di Loreto, cioè la
zona del Rio delle Amazzoni, dove non c'è presenza senderista
e quindi, di conseguenza neppure dell'esercito, sebbene ad Iquitos
(capitale dall'Amazzonia situata in questo dipartimento) ci siano già
dei nuclei. Proprio nei mesi in cui sono rimasta a Lima ci sono stati
momenti di grossa tensione in occasione di scioperi di contadini -
indigeni o meticci dell'Amazzonia produttori soprattutto di riso –
dovuti al mancato acquisto da parte dello stato dei loro prodotti. Ci
sono stati scioperi molto prolungati con grosse manifestazioni e c'è
stato all'inizio di febbraio l'intervento pesantissimo dell'esercito
e della polizia a Pucalpa (capoluogo di dipartimento) che hanno
sparato su una folla disarmata di produttori di riso uccidendo molte
persone. Altri fatti simili si sono verificati in altre piccole città
dell'Amazzonia.
Inoltre c'è il discorso del
narcotraffico. L'attuale governo si era impegnato in una campagna
contro i narco-trafficanti ma senza molti effetti. Il narcotraffico è
organizzatissimo, ha una flotta aerea che neppure lo stato possiede,
ha delle basi logistiche, ha degli appoggi internazionali enormi per
cui è molto difficile riuscire a smantellarlo con delle
semplici azioni militari. Attualmente poi c'è chi sostiene che
l'economia peruviana è retta dai dollari del narco-traffico,
sul mercato sono stati riversati milioni e milioni di dollari, la
politica di controllo del dollaro è fallita completamente e
adesso, a qualsiasi ora del giorno e della notte si possono trovare
per le strade di Lima i "cambisti", in genere giovani
studenti, che si sono creati un nuovo lavoro e ti cambiano i dollari.
Quindi da un lato il narco-traffico "puntella" l'economia
peruviana e dall'altro, sembra, "puntella" la guerriglia
con una strategia che è del tutto funzionale alle sue
esigenze: maggiore sfascio c'è e maggiori sono le possibilità
di combinare i suoi sporchi affari. Sembra anche che sia cambiato
l'atteggiamento di Sendero Luminoso, a livello teorico, rispetto al
problema della coca, per cui non impedirebbe più ai contadini
di coltivarla - pur ritenendola uno strumento del capitale
internazionale - poiché darebbe ai contadini maggiori
possibilità di sopravvivenza rispetto ad altri prodotti
agricoli.
Per quanto riguarda il problema della
terra esiste una legge, del 1974, che poneva le basi per il
riconoscimento del diritto di proprietà delle popolazioni
indigene sui loro territori, ma a tutt'oggi moltissime comunità
indigene non sono riuscite ad ottenere questi titoli di proprietà
e ci sono continui conflitti con commercianti, proprietari terrieri,
con coloro che sfruttano il legname e la fauna ittica dei fiumi
invadendo territori indios in modo occulto. Il problema è
quindi aperto. Questo per quanto riguardala zona dove io ho vissuto,
mentre nella "selva central", più vicina a Lima e
alla costa la situazione è ancora peggiore in quanto c'è
il conflitto fra i coloni - contadini poveri della costa che si sono
trasferiti nella selva spinti anche dalla propaganda governativa
precedente a Alan Garcia secondo la quale l'Amazzonia è un
territorio immenso da colonizzare le cui risorse sono inesauribili! -
e gli indios. Si tratta, in molti casi, di una guerra fra poveri, di
difficile soluzione. Negli ultimi tempi le organizzazioni indigene a
livello nazionale stanno portando avanti con forza questa
rivendicazione dell'applicazione della legge e del riconoscimento non
solo dei diritti di proprietà delle terre ma anche del diritto
di usare le risorse naturali in quanto gli unici a garantire un uso
corretto di tali risorse possono essere solo loro, visto che solo
loro conoscono da millenni il fragilissimo ecosistema della selva, in
cui hanno sempre vissuto.
Per quanto riguarda la sierra sono
state promulgate nel 1987 due leggi per le comunità indigene
delle Ande: una sulla assegnazione dei titoli di proprietà -
rispettando la forma comunitaria, cioè la terra viene data
alla comunità, non ai singoli - che cerca di regolarizzare una
situazione di conflitti che si trascinava da tempo; l'altra è
una legge generale delle comunità contadine che stabilisce
l'importanza della cultura indigena e quindi anche il fatto che ogni
comunità si organizzi secondo le proprie modalità.
È, o potrebbe essere, l'inizio
del riconoscimento di una certa autonomia, pur all'interno di un
quadro generale dello stato peruviano. Ma nello stesso tempo lo stato
ha introdotto una serie di novità, di modernizzazioni che sono
in conflitto con l'economia nativa e che non possono essere acquisite
in modo indolore, come ad esempio l'introduzione del concetto di
"impresa comunale", che però presuppone il rispetto
della logica dell'economia di mercato e quindi cozza contro il
sistema di produzione collettivo ed egualitario delle comunità
indigene. Quindi da un lato lo stato riconosce l'importanza di queste
culture ma dall'altro cerca di trasformarle secondo criteri
"occidentali" e di omologarle.
Malgrado tutto, comunque, nel panorama
latinoamericano, da un punto di vista legislativo le leggi peruviane
sulle comunità indigene sono forse le più avanzate, ma
i problemi nascono soprattutto nella applicazione di tali leggi - che
spesso, come sempre, non sono sufficientemente chiare - per cui i
contadini, i comuneros, non sanno come fare per ottenere praticamente
ciò che la legge gli riconosce in teoria.
Per questo uno dei compiti che svolgono
le o.n.g. è proprio quello di dare assistenza legale alle
comunità indigene per aiutarle ad ottenere che vengano
rispettati i loro diritti.
Sull'onda del convegno di Altamira
- che ha visto riunite moltissime federazioni indigene - si è
fatto un gran parlare dell'Amazzonia e per la prima volta i
mass-media hanno dato grande risalto alle tematiche ambientali ad
essa collegate. Cosa pensi di questo improvviso interesse?
In linea di massima sono contenta che
se ne parli, anche se mi sembra che si parli più del problema
degli alberi della foresta che non degli individui che vivono lì,
mentre in realtà i due problemi sono inscindibilmente legati.
Una cosa positiva è stata la possibilità di incontrarsi
di tutte le federazioni indigene che ha costituito un livello
organizzativo superiore a quelli preesistenti permettendo scambi e
confronti sicuramente utilissimi. Mi chiedo però se tutto
questo gran clamore - pur giustissimo - non sia servito anche a
stornare l'attenzione da problemi ambientali ecologici nostri, il
nostro mare e i nostri fiumi in condizioni allucinanti, l'acqua che
beviamo, ecc... Inoltre ci sono da considerare le
reazioni della sinistra brasiliana, molto condivise in tutto il Sud
America, di fronte alla presa di posizione dei movimenti ecologisti
europei e alla decisione del Fondo Monetario Internazionale di
bloccare i crediti al Brasile; ci si accusa di voler attuare una
nuova forma di colonialismo, ci si dice che non possiamo, noi
occidentali, dopo aver rovinato l'intero pianeta, dire loro cosa
debbono fare, che sono proprio le grandi multinazionali ad aver
rovinato, direttamente o indirettamente, anche l'Amazzonia e che non
si può non tenere conto della situazione di milioni e milioni
di persone (come i siringueiros) che vivono, anch'essi, in Amazzonia.
Ora, io credo che la situazione sia molto complessa e che la ragione
o le ragioni non siano, come sempre, solo da una parte, ma che sia
necessario tener presente le molteplici esigenze in gioco.
Bisognerebbe invece rimuovere le cause, ai vari livelli, dai più
alti ai più bassi, che hanno portato a questa situazione e che
si possono ricondurre al modello di sviluppo occidentale.
Se non si rimette in discussione questo
modello di sviluppo e non si sceglie una strada totalmente "altra"
nessun tipo di soluzione vera è possibile a questi enormi
problemi, ma è difficile immaginare una tale eventualità
visto che i paesi del terzo mondo stanno rincorrendo proprio quel
modello e vogliono ripercorrere le stesse strade già percorse
da noi, e visto anche che nel mondo occidentale nessuno sembra avere
la minima intenzione di invertire la rotta.
Non c'è molto da aggiungere
poiché sono completamente d'accordo con la sua analisi. È
arrivato il momento di salutarci, ciascuna di noi correndo contro il
tempo, come sempre. Tra pochi mesi partirà per una nuova
destinazione e per un nuovo incarico ai confini tra Cile e Terra del
Fuoco dove lavorerà con la tribù Mapuche. Buon lavoro,
Maria Pia.
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