Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 169
dicembre 1989 - gennaio 1990


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Un'adunata di teneri refrattari

Se, tramite un'operazione non priva di grossolanità, volessimo e potessimo "estrarre" le idee di un regista dai suoi film - quasi una per una, come fossero tessere di un mosaico -, da Peter Weir ricaveremmo: l'incanto di una terra che bisogna saper prendere per il verso giusto (la sua Australia, come campione della terra di ciascuno, in "Pic-nic ad Hangig Rock", ne "L'ultima onda"), il rispetto per le culture degli uomini (anche quando questi uomini non fanno più Storia e fanno poco notizia - ne "L'ultima onda", in "Un anno vissuto pericolosamente", in "Mosquito Coast"), la condanna della violenza organizzata e delle sue giustificazioni istituzionali (ne "Gli anni spezzati", altrimenti detto "Gallipolis"), la denuncia di quanto gli interessi nazionali e privati si alleino alla faccia degli interessi popolari (in "Un anno vissuto pericolosamente") e l'ammonimento, anche caustico e mordace, a non cercare fughe ormai impossibili verso ecosistemi alternativi: il mondo è questo, gli uomini sono questi, le cose sono andate così e così ed è con tutto ciò - e solo con tutto ciò - che possiamo e dobbiamo fare i conti (in "Mosquito Coast").
Tutte opinioni più che rispettabili, ed a maggior ragione rispettate quando - come nel caso di Peter Weir - l'abilita del narratore sa anche avvalersi di immagini preziose, di musiche ben selezionate allo scopo d'accompagnarle dolcemente, di visi partecipi e di corpi sapientemente accreditati ad epoche e vicende.
Nell'ultimo film di Weir - questo "L'attimo fuggente" che nell'edizione originale suonava, meno facilone e più descrittivo, "La società dei poeti estinti" - si confermano le proprietà formali (che poi, proprio formali e basta, non sono mai) e si approfondisce a tal punto la struttura genetica delle idee-guida da far pensare ad un risultato di certa e gagliarda maturità. All'analisi è sottoposta la natura della tradizione - nella correlazione dei sistemi produttivi definiti storicamente come "famiglia" e "scuola" -, per evidenziarne la rigida funzionalità nei confronti della trasmissione ideologica del potere. Progresso è scarto dalla norma, deroga imprevista e faticosa, agra trasgressione, amara violenza a sé e ad altri: alla consolazione dei più in ciò che si conserva o che si finge tale per convenienza, risponde il sacrificio di qualcuno, la rabbia di un gesto creativo e le lacrime ingoiate da chi ha perso che, soltanto in un estremo rantolo di generosità, si sa ritrovare coeso in una consapevole minoranza. Grazie, allora, a questi pochi, perché se no - oppressi nella stanca ripetizione di ciò che ci consola ed al contempo ci inebetisce - la Vita non ci meriterebbe. Grazie a questi giovani "poeti" che ogni tanto saltan fuori sfuggendo alle maglie della ragione e fregandosene degli anatemi dell'autorità; grazie a quelli che sanno "cogliere l'attimo": senza di loro saremmo sempre al punto di prima e ci vergogneremmo di noi stessi.
Vicenda semplice, quella cui Weir ricorre per dare corpo a tutto ciò, e sciorinata con tutta la delicatezza di cui c'era necessità e di cui è capace, senza tuttavia "perdere l'attimo" in cui il tono va indurito di quel tanto perché il proiettile superi la nostra pellicola protettiva: l'universo concentrato e chiuso di un college esclusivo - dove si preparano le cosiddette "classi dirigenti" -, i ragazzi, l'insegnante nuovo, le regole gradualmente falcidiate, l'autorità di simulacri viventi e di scienze che frana rivelando menzogneri e menzogne, meschini calcoli di potere che vengono spazzati via da una deflagrazione nella notte, la codardia dei più, la rivolta del debole, un briciolo di solidarietà che si oppone al sardonico trionfo della reazione. Tutto qui, e non è poco: sufficiente a inscrivere il nome di Weir nel novero di coloro cui sarà giusto stringere la mano. Recitato benissimo dai ragazzi, che danno fragilità e tenerezza di persone e coraggio di sentimenti ai loro personaggi, animato intelligentemente da Robin William nei panni non comodissimi del professore; fra nebbioline notturne e sussulti del cuore suggeriti da soluzioni d'intensa musicalità, "L'attimo fuggente" ci rammenterà a lungo la latenza di un rischio che riguarda tutti noi, nei quali - che lo si sappia o no - alberga un "poeta" in via d'estinzione.