Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Gallio, Zimmerlin and Ostrowski
Rubrica tutta dedicata alle musiche
difficili. Difficili da trovare, difficili da sentire (specialmente
alla radio...), difficili da proporre.
Iniziamo con CHRISTOPH GALLIO,
sassofonista sulla trentina, autodidatta, che ha suonato, tra gli
altri, con Michael Lytle e George Cartwright, e fa
attualmente parte del jazz group DAY AND TAXI con Lindsay Cooper.
Dopo aver pubblicato qualcosa su cassetta e su vinile (un mini-lp
piuttosto interessante intitolato "Fishland"), eccolo alle
prese con una uscita in grande stile: un compact disc che contiene la
lunga suite, "Certainty sympathy".
Non penso si possa parlare di
"atmosfere" riferendosi a questo lavoro, quanto piuttosto
ad una raccolta di immagini e momenti sonori. La suite si divide in
frammenti che brillano di luce propria anche se ascoltati
separatamente. La musica, o meglio le musiche perdono
l'orientamento, per poi ritrovarsi vive, rinnovate, pulsanti. Un
lavoro composito, curioso, apprezzabile. La voce del sax è
sorprendentemente reale, un po' sporca, abrasiva, e si sa trasformare
velocemente: grossa, lugubre, esile, leggera, chiara.
Oltre al sax alto e al sax soprano
suonati da Christoph Gallio, in questo disco troviamo Alfred
Zimmerlin (violoncellista e music/etnologo, collaboratore tra gli
altri di Paul Lytton e Radu Malfatti nonché attuale membro
della Celebration Orchestra di Tony Oxley) ed una vecchia conoscenza
quale Matthew Ostrowski del John Zorn Ensemble e dei
Krackhouse (mago dell'elettronica e dei sintetizzatori, conduttore di
trasmissioni sperimentali a WNFU-FM a New York City...ed un
curriculum professionale chilometrico fitto di nomi quali Robert
Ashely e David Behrman).
Violoncello (suonato in modo poco
ortodosso, nonostante la seriosità degli studi dell'esecutore)
ed elettronica si fondono alle evoluzioni del sax come polvere
cosmica. In particolare, si ritorna volentieri a un certo gusto
improvviso che non si trova facilmente nelle registrazioni di questo
genere adesso in voga. Il cd è autoprodotto ed edito da
Percaso Productions di Zurigo. In Svizzera la distribuzione e
curata da Rec Rec, tanto per restare in tema di alta qualità.
Peccato che questo disco non sia, per ora, distribuito in Italia.
Prendetevela col vostro indie-shop di fiducia...
Brian Agro
Stessi problemi di distribuzione nel
nostro paese per un altro compact disc, edito dalla stessa etichetta,
Percaso, si tratta di "A hole in the ice", una
raccolta di composizioni per pianoforte scritte dal giovane musicista
canadese BRIAN AGRO ed eseguite da Katharina Weber (di studi
seri, ora insegnante al Conservatorio di Berna). La produzione è
a cura di quel Christoph Gallio di cui vi ho appena parlato.
Per fortuna, siamo lontani dallo stile new age alla George Winston,
suggestivo finché volete ma alle lunghe stancante.
La registrazione e l'intera
realizzazione sono di notevole livello qualitativo.
Nonostante i suoi studi siano stati
orientati verso altre attività (si è laureato in
Economia), Agro si è dedicato al pianoforte sin dai sei anni
d'età. Egli ha composto degli oggettini musicali d'una certa
consistenza, delicati e piacevoli all'ascolto, ma non privi di un
certo spessore emotivo. Nel compact disc sono raccolte composizioni
che vanno dal 1980 al 1988, tutte piuttosto brevi.
Questo "Buco nel ghiaccio"
regge benissimo ascolti ripetuti senza diventare noioso: per un disco
di piano solo, visti i tempi, è una bella conquista.
Cramps
Ricordate la Cramps Records,
l'etichetta discografica "alternativa" che negli anni
Settanta ha pubblicato (e non senza coraggio, bisogna ammetterlo)
alcune tra le opere più controcorrente della nuova musica
italiana e non solo? Il "taglio" e la tendenza erano
esplicitamente "militanti e di sinistra": erano su
etichetta Cramps gli stupefacenti Area, le geometrie prefusion
di Arti & Mestieri; le imprese temerarie e invendibili di
Juan Hidalgo e Walter Marchetti. Senza dimenticare che
in catalogo, accanto alle canzoni femministe e allo stravolgimento
elettronico-free dell'Internazionale, figuravano l'Eugenio Finardi e
l'Alberto Camerini!
Vista l'irreperibilità dei
dischi, oggetto oggi del più sfrenato collezionismo, la label
Artis di Vicenza ha pensato - e bene - di digitalizzare i
vecchi nastri e pubblicare su compact disc alcuni titoli "storici".
Le prime uscite sono state il debut-album degli AREA "Arbeit
macht frei", poi la raccolta di intuizioni (...come chiamarle
soltanto "musiche"?) di JOHN CAGE che a quel tempo
inaugurava la collana Nova Musicha, e "Cantare la voce" del
grande DEMETRIO STRATOS.
Al momento in cui leggerete queste
pagine, dovrebbe essere in circolazione anche "Caution Radiation
area", il secondo lp degli Area (quello con "Lobotomia").
Questo disco di John Cage, quando venne pubblicato, causò un
certo scalpore qui in Italia perché comprendeva, fra gli
altri, il brano "4'33", (del 1952): letteralmente quattro
minuti e trentatré secondi di Silenzio (con la "s"
maiuscola, attenzione !).
Si "sente" infatti il
pianista, che immagino vestito di un tight dal taglio perfetto,
sedersi, alzare il copri-tastiera, eseguire una pausa:
rimettere a posto il copri-tastiera dopo quattro minuti e mezzo,
alzarsi e andarsene. Senza star qui a divagare sulla reale o presunta
rivoluzionarietà concettuale di "Silenzio" e delle
altre opere anti-musicali (o meglio, anti-tradizionali) di John Cage,
non bisogna dimenticare che, oltre a quei famosi quattro minuti e
mezzo di silenzio qui ce ne sono altri 40, divenuti dei punti di
riferimento di estrema importanza per grande parte della nuova musica
del periodo successivo. Ottima idea è stata quella di allegare
a qualcuno dei compact disc un libretto: in questo troviamo una
biografia di Cage e le guide ragionate a ciascuna delle composizioni
presenti a cura di Gianni E. Simonetti. Il titolo più interessante, per
quanto concerne questo primo gruppo di uscite, è proprio
"Cantare la voce" di Demetrio Stratos, la sua seconda
avventura discografica come solista dopo L'esplosivo "Metrodola"
(pure di imminente ristampa su compact disc).
Questo disco non si spiega: si ascolta,
si medita. Pubblicato in questa veste tecnologicamente superiore in
occasione del decennale che rivela gli aspetti più impegnati e
complicati del canto "altro". Dopo un lungo periodo passato a
bagnomaria nel beat italiano, Stratos diede vita ad un'esperienza
musicale assolutamente atipica: con Giulio Capiozzo, Paolo Tofani,
Victor Buanello, Patrizio Fariselli e
Patrick Djivas formò gli Area.
La caratteristica principale della
formazione era quella di presentarsi aperta alle collaborazioni più
diverse: con il nome di Area suonarono, tra gli altri, l'allora
giovanissimo Massimo Urbani, il contrabbassista/violoncellista
Ares Tavolazzi, lo sperimentatore Paul Lytton, il grande
sassofonista Steve Lacy. Con "Arbeit macht frei" la
musica pop italiana subì uno scossone tremendo: gli Area si
proponevano come il primo gruppo popolare internazionale, usavano
lingue straniere e inventate insieme all'italiano, quando addirittura
non deformavano il senso delle parole, dei messaggi, degli stimoli.
La loro musica è parte fondamentale della cultura di una bella
fetta di trentenni/trentacinquenni di adesso, che sentono strizzare
il cuore al riff di "Luglio, Agosto, settembre nero", o al
ritornello di "Gioia e rivoluzione" (Il mio mitra è un
contrabbasso che ti spara sulla faccia quel che penso della vita...). C'era un rapporto diverso con questa
colonna sonora della vita di quel periodo.
Un rapporto che nessun altra musica è
riuscita a ristabilire.
Senza dubbio, può rendere felici
l'opportunità di riascoltare i mitici Area in versione hi-fi,
senza quell'odioso fruscio che accompagna i loro iper-suonati vecchi
dischi (e una buona occasione per ri-registrarli su cassetta).
Lo stesso, è lodevolissima
l'iniziativa di proporre le sperimentazioni vocali di Demetrio
Stratos, le sue diplo/triplofonie, i suoi gorgheggi impossibili.
Resta, comunque, un po' d'amaro in bocca. La sensazione sottile e
sgradevole che qualcosa sia cambiato in questi anni e che forse non
lo sia abbastanza.
Comunque sia, "Old records never
die", come canta Ian Hunter. Ne sono certo.
Qualche perplessità invece, e
grossa, sulla natura esclusivamente culturale di questi recuperi dal
passato prossimo della memoria... La distribuzione è affidata a
Indie, via Goldoni 42/d, 30170 Mestre Venezia.
|