Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 169
dicembre 1989 - gennaio 1990


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Gallio, Zimmerlin and Ostrowski

Rubrica tutta dedicata alle musiche difficili. Difficili da trovare, difficili da sentire (specialmente alla radio...), difficili da proporre.
Iniziamo con CHRISTOPH GALLIO, sassofonista sulla trentina, autodidatta, che ha suonato, tra gli altri, con Michael Lytle e George Cartwright, e fa attualmente parte del jazz group DAY AND TAXI con Lindsay Cooper. Dopo aver pubblicato qualcosa su cassetta e su vinile (un mini-lp piuttosto interessante intitolato "Fishland"), eccolo alle prese con una uscita in grande stile: un compact disc che contiene la lunga suite, "Certainty sympathy".
Non penso si possa parlare di "atmosfere" riferendosi a questo lavoro, quanto piuttosto ad una raccolta di immagini e momenti sonori. La suite si divide in frammenti che brillano di luce propria anche se ascoltati separatamente. La musica, o meglio le musiche perdono l'orientamento, per poi ritrovarsi vive, rinnovate, pulsanti. Un lavoro composito, curioso, apprezzabile. La voce del sax è sorprendentemente reale, un po' sporca, abrasiva, e si sa trasformare velocemente: grossa, lugubre, esile, leggera, chiara.
Oltre al sax alto e al sax soprano suonati da Christoph Gallio, in questo disco troviamo Alfred Zimmerlin (violoncellista e music/etnologo, collaboratore tra gli altri di Paul Lytton e Radu Malfatti nonché attuale membro della Celebration Orchestra di Tony Oxley) ed una vecchia conoscenza quale Matthew Ostrowski del John Zorn Ensemble e dei Krackhouse (mago dell'elettronica e dei sintetizzatori, conduttore di trasmissioni sperimentali a WNFU-FM a New York City...ed un curriculum professionale chilometrico fitto di nomi quali Robert Ashely e David Behrman).
Violoncello (suonato in modo poco ortodosso, nonostante la seriosità degli studi dell'esecutore) ed elettronica si fondono alle evoluzioni del sax come polvere cosmica. In particolare, si ritorna volentieri a un certo gusto improvviso che non si trova facilmente nelle registrazioni di questo genere adesso in voga. Il cd è autoprodotto ed edito da Percaso Productions di Zurigo. In Svizzera la distribuzione e curata da Rec Rec, tanto per restare in tema di alta qualità. Peccato che questo disco non sia, per ora, distribuito in Italia. Prendetevela col vostro indie-shop di fiducia...

Brian Agro

Stessi problemi di distribuzione nel nostro paese per un altro compact disc, edito dalla stessa etichetta, Percaso, si tratta di "A hole in the ice", una raccolta di composizioni per pianoforte scritte dal giovane musicista canadese BRIAN AGRO ed eseguite da Katharina Weber (di studi seri, ora insegnante al Conservatorio di Berna). La produzione è a cura di quel Christoph Gallio di cui vi ho appena parlato. Per fortuna, siamo lontani dallo stile new age alla George Winston, suggestivo finché volete ma alle lunghe stancante.
La registrazione e l'intera realizzazione sono di notevole livello qualitativo.
Nonostante i suoi studi siano stati orientati verso altre attività (si è laureato in Economia), Agro si è dedicato al pianoforte sin dai sei anni d'età. Egli ha composto degli oggettini musicali d'una certa consistenza, delicati e piacevoli all'ascolto, ma non privi di un certo spessore emotivo. Nel compact disc sono raccolte composizioni che vanno dal 1980 al 1988, tutte piuttosto brevi.
Questo "Buco nel ghiaccio" regge benissimo ascolti ripetuti senza diventare noioso: per un disco di piano solo, visti i tempi, è una bella conquista.

Cramps

Ricordate la Cramps Records, l'etichetta discografica "alternativa" che negli anni Settanta ha pubblicato (e non senza coraggio, bisogna ammetterlo) alcune tra le opere più controcorrente della nuova musica italiana e non solo? Il "taglio" e la tendenza erano esplicitamente "militanti e di sinistra": erano su etichetta Cramps gli stupefacenti Area, le geometrie prefusion di Arti & Mestieri; le imprese temerarie e invendibili di Juan Hidalgo e Walter Marchetti. Senza dimenticare che in catalogo, accanto alle canzoni femministe e allo stravolgimento elettronico-free dell'Internazionale, figuravano l'Eugenio Finardi e l'Alberto Camerini!
Vista l'irreperibilità dei dischi, oggetto oggi del più sfrenato collezionismo, la label Artis di Vicenza ha pensato - e bene - di digitalizzare i vecchi nastri e pubblicare su compact disc alcuni titoli "storici". Le prime uscite sono state il debut-album degli AREA "Arbeit macht frei", poi la raccolta di intuizioni (...come chiamarle soltanto "musiche"?) di JOHN CAGE che a quel tempo inaugurava la collana Nova Musicha, e "Cantare la voce" del grande DEMETRIO STRATOS.
Al momento in cui leggerete queste pagine, dovrebbe essere in circolazione anche "Caution Radiation area", il secondo lp degli Area (quello con "Lobotomia").
Questo disco di John Cage, quando venne pubblicato, causò un certo scalpore qui in Italia perché comprendeva, fra gli altri, il brano "4'33", (del 1952): letteralmente quattro minuti e trentatré secondi di Silenzio (con la "s" maiuscola, attenzione !).
Si "sente" infatti il pianista, che immagino vestito di un tight dal taglio perfetto, sedersi, alzare il copri-tastiera, eseguire una pausa: rimettere a posto il copri-tastiera dopo quattro minuti e mezzo, alzarsi e andarsene. Senza star qui a divagare sulla reale o presunta rivoluzionarietà concettuale di "Silenzio" e delle altre opere anti-musicali (o meglio, anti-tradizionali) di John Cage, non bisogna dimenticare che, oltre a quei famosi quattro minuti e mezzo di silenzio qui ce ne sono altri 40, divenuti dei punti di riferimento di estrema importanza per grande parte della nuova musica del periodo successivo. Ottima idea è stata quella di allegare a qualcuno dei compact disc un libretto: in questo troviamo una biografia di Cage e le guide ragionate a ciascuna delle composizioni presenti a cura di Gianni E. Simonetti.
Il titolo più interessante, per quanto concerne questo primo gruppo di uscite, è proprio "Cantare la voce" di Demetrio Stratos, la sua seconda avventura discografica come solista dopo L'esplosivo "Metrodola" (pure di imminente ristampa su compact disc).
Questo disco non si spiega: si ascolta, si medita. Pubblicato in questa veste tecnologicamente superiore in occasione del decennale che rivela gli aspetti più impegnati e complicati del canto "altro".
Dopo un lungo periodo passato a bagnomaria nel beat italiano, Stratos diede vita ad un'esperienza musicale assolutamente atipica: con Giulio Capiozzo, Paolo Tofani, Victor Buanello, Patrizio Fariselli e Patrick Djivas formò gli Area.
La caratteristica principale della formazione era quella di presentarsi aperta alle collaborazioni più diverse: con il nome di Area suonarono, tra gli altri, l'allora giovanissimo Massimo Urbani, il contrabbassista/violoncellista Ares Tavolazzi, lo sperimentatore Paul Lytton, il grande sassofonista Steve Lacy. Con "Arbeit macht frei" la musica pop italiana subì uno scossone tremendo: gli Area si proponevano come il primo gruppo popolare internazionale, usavano lingue straniere e inventate insieme all'italiano, quando addirittura non deformavano il senso delle parole, dei messaggi, degli stimoli. La loro musica è parte fondamentale della cultura di una bella fetta di trentenni/trentacinquenni di adesso, che sentono strizzare il cuore al riff di "Luglio, Agosto, settembre nero", o al ritornello di "Gioia e rivoluzione" (Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia quel che penso della vita...).
C'era un rapporto diverso con questa colonna sonora della vita di quel periodo.
Un rapporto che nessun altra musica è riuscita a ristabilire.
Senza dubbio, può rendere felici l'opportunità di riascoltare i mitici Area in versione hi-fi, senza quell'odioso fruscio che accompagna i loro iper-suonati vecchi dischi (e una buona occasione per ri-registrarli su cassetta).
Lo stesso, è lodevolissima l'iniziativa di proporre le sperimentazioni vocali di Demetrio Stratos, le sue diplo/triplofonie, i suoi gorgheggi impossibili. Resta, comunque, un po' d'amaro in bocca. La sensazione sottile e sgradevole che qualcosa sia cambiato in questi anni e che forse non lo sia abbastanza.
Comunque sia, "Old records never die", come canta Ian Hunter. Ne sono certo.
Qualche perplessità invece, e grossa, sulla natura esclusivamente culturale di questi recuperi dal passato prossimo della memoria...
La distribuzione è affidata a Indie, via Goldoni 42/d, 30170 Mestre Venezia.