Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 169
dicembre 1989 - gennaio 1990


Rivista Anarchica Online

Noi eleutheriani
a cura di Edizioni Elèuthera

Tre anni di navigazione nelle acque incerte ed agitate della piccola editoria, ventisette titoli in catalogo, molti progetti e qualche bilancio: i promotori delle Edizioni Elèuthera si presentano in questa auto-intervista. Per saperne di più, contattateli scrivendo a Elèuthera, cas. post. 17026, 20170 Milano.

Poco più di tre anni fa siete partiti con questo nuovo progetto editoriale. Adesso avete circa 27 titoli in catalogo. È possibile tentare un primo bilancio della vostra vita?

Diciamo che più che un bilancio possiamo fare il punto della situazione, nel senso che siamo ancora in una fase di costruzione del progetto, una fase aperta in cui non ci è stato ancora possibile verificare appieno tutte le premesse dalle quali siamo partiti. Innanzi tutto va sottolineato che Eleuthera non è saltata fuori dal cappello di un prestigiatore ma è maturata all'interno di un progetto editorial-culturale che affonda ben indietro le sue radici. Ci riferiamo in generale all'attività quasi ventennale della cooperativa Editrice A ed al lavoro teorico ed organizzativo del Centro studi libertari di Milano. Ma più in specifico ci riferiamo all'attività delle Edizioni Antistato che hanno preceduto temporalmente e logicamente la nascita di Eleuthera.

Ma a guardare il catalogo delle Edizioni Antistato (che hanno sospeso le pubblicazioni nel 1985) e quello di Eleuthera si notano differenze anche notevoli nella scelta di titoli e autori...

Certamente, mentre le Edizioni Antistato davano la priorità ai classici del pensiero anarchico ed alla ricostruzione storica dell'anarchismo, Eleuthera dà la priorità all'oggi, alla cultura contemporanea. Ed è una scelta non casuale ma meditata. Le Edizioni Antistato rispondevano (prevalentemente, ma non esclusivamente) all'esigenza - non solo nostra ma di un movimento che risorgeva dopo anni di stasi - di riacquistare una memoria teorica e storica che era andata perduta. Successivamente però l'oggi - e il domani! - è tornato di prepotenza in primo piano. Si è allora affermato come interesse prioritario il bisogno di definire una nuova identità anarchica che, pur traendo dalla tradizione i valori e le idee forza del suo essere e del suo agire, contemporaneamente è in cerca di nuovi modi, di nuove espressioni. Ed è appunto con questa prospettiva che nasce Eleuthera.

Tuttavia alcuni autori del vostro catalogo (come anche qualche tematica) sembrano rientrare solo tangenzialmente in questa ricerca.

Benché il progetto di delineare un nuovo anarchismo sia già di per se stesso ambizioso, non è l'unico obiettivo che ci siamo posti. Questa ricerca non la vediamo infatti svilupparsi in un vuoto sociale, culturale e politico, ma all'interno di una interrelazione vivace (e salutare!) con quei movimenti e quelle espressioni libertarie che con modalità e prospettive diverse contribuiscono allo sviluppo di una cultura se non conseguentemente antigerarchica come quella anarchica certamente con forti accentuazioni non gerarchiche (e mi riferisco qui a talune espressioni del movimento ecologico o del movimento femminista o di quello nonviolento o addirittura a certa revisione epistemologica della cultura occidentale). Una lettura "intelligente" della nostra produzione editoriale va quindi fatta tenendo presente questo duplice obiettivo: da una parte l'elaborazione di un pensiero anarchico contemporaneo, dall'altra il suo inserimento nel contesto dì una più ampia cultura libertaria. Ecco quindi il perché di autori e tematiche che possono apparire a prima vista bizzarri o marginali, ma che ritrovano una loro coerenza all'interno del progetto globale. Fermo restando però che la distanza, l'estraneità che si può sentire con alcuni approcci, con alcune formulazioni, è più che legittima, anzi fa parte del gioco: non si sta proponendo alcuna ortodossia monolitica ma un ventaglio di contributi quanto mai ampio e talvolta persino contraddittorio, che ha però come denominatore comune il senso di appartenere ad una cultura libertaria, non-gerarchica.

Nel vostro catalogo sono compresi i numeri della rivista "Volontà" usciti dal 1987. A parte il fatto che "Volontà" dal 1980 fa parte della cooperativa Editrice A, come mai questo connubio con una pubblicazione periodica?

Questo dipende da una profonda trasformazione editoriale di "Volontà" (una delle tante che questa vecchia e prestigiosa rivista ha subito negli oltre quarant'anni di pubblicazione). Dall'87, appunto, "Volontà" si è trasformata in una collana di antologie monografiche, dove ogni "numero" appare come un insieme coordinato di saggi su un unico tema. È quindi un ibrido che combina insieme alcune caratteristiche di rivista con alcune caratteristiche di libro. Questo ha consentito una presenza (in libreria ma non solo) ben più lunga della "scadenza" naturale attribuita ai numeri di una pubblicazione periodica. Ma ha anche consentito, il che è più importante, di affrontare ogni tema in modo molto più complessivo e approfondito rispondendo meglio all'obiettivo di essere quel "laboratorio di ricerche anarchiche" proposto dal suo sottotitolo. Un laboratorio però aperto a contributi anche estranei all'anarchismo (benché sempre contigui), a contributi "eretici", come è d'altronde nella tradizione di "Volontà" sin dalla gestione di Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria. Le scelte editoriali di "Volontà" sono dunque molto in sintonia con quelle di Eleuthera e questo ci ha consentito di sfruttare le sinergie (per ricorrere ad un termine molto in voga) che derivano dal muoversi con una stessa prospettiva.

Dando un'occhiata ai nomi che avete pubblicato si nota una prevalenza di autori stranieri. È casuale o si tratta di una scelta?

Senz'altro di una scelta. Ci siamo coscientemente posti l'obiettivo di una internazionalizzazione (o se si preferisce di una sprovincializzazione) della cultura libertaria italiana. Anzi il nostro catalogo non è così internazionale come vorremmo ed alcune aree culturali (come la Germania o i Paesi dell'Est) sono ancora assenti. Abbiamo forse privilegiato la cultura nordamericana, alla quale abbiamo attinto e attingeremo a piene mani dato i suoi notevolissimi contributi.

A proposito, perché avete scelto un nome un po' criptico come Eleuthera?

Perché è un nome che consente più letture. Infatti Eleuthera vuol dire "libera" in greco. Ma è anche il nome di un isola delle Antille così denominata da una setta di eretici inglesi (gli eleutheriani, appunto) che nel Settecento sono scappati dall'Europa in seguito alle persecuzioni religiose fondando una comunità di "liberi ed uguali" (e proprio da questa storia abbiamo tratto il nostro logotipo). Insomma abbiamo scelto un nome che non apparisse come un'etichetta, affidando il messaggio più ai contenuti che ad un marchio.

Nel portare avanti questo progetto qual è il lettore tipo cui vi rivolgete?

Non è certo un lettore casuale (ed in questo contravveniamo ad ogni buona regola di marketing!). Innanzi tutto è quel lettore che si riconosce nell'area culturale libertaria, che si riconosce in questa tensione di ricerca che muove anche il progetto editoriale. Quindi un lettore che non consuma passivamente il prodotto-libro ma che lo inserisce in un processo di crescita individuale e collettiva. E ancora non è il lettore che cerca comode sicurezze, risposte facili, ma quello che cerca il confronto, la riflessione, l'approfondimento. È dunque il lettore che cerca soluzioni nuove lontano dai percorsi istituzionali e dai conformismi (anche di sinistra).

Nello scorrere il vostro catalogo si notano tematiche molto diverse: dall'ecologia (a cui sembra che diate particolare rilievo) alla pedagogia, dall'antropologia al segno. Quali sono i criteri su cui fondate le vostre scelte editoriali?

Quanto mai ampi. Abbiamo un approccio programmaticamente multidisciplinare perché tale è la configurazione della cultura libertaria, la cui critica non gerarchica taglia trasversalmente l'intero spettro del sapere più o meno convenzionale. Diciamo che stiamo avanzando con un procedimento "a mosaico" invece di privilegiare un processo "lineare". Ecco anche perché abbiamo introdotto una collana di letteratura utopica che affianca la prevalente produzione saggistica.

Cosa intendete per letteratura utopica?

Potremmo forse definirla "fantapolitica" o "fantasociologia", l'ideazione cioè di mondi fantastici, di utopie che si cimentano con le proiezioni immaginarie dei nostri sogni e dei nostri desideri. E che tuttavia si misurano anche con un'esigenza di razionalità che dia forme e contorni più precisi a questi sogni e questi desideri. Abbiamo inaugurato la collana proprio con un breve romanzo di Ursula Le Guin, una scrittrice che ben rappresenta questo sforzo, paradossale ma fertile, di "indagare l'utopia".

Come siete organizzati al vostro interno e che difficoltà trovate nell'inserirvi in un circuito commerciale?

La nostra è una dimensione artigianale (ancora largamente volontaria) nella quale ci troviamo perfettamente a nostro agio, sia perché ci consente un impegno commisurato alle nostre (ridotte) energie lavorative e finanziarie, sia perché ci consente un lavoro integrato che prevede per ognuno molteplici funzioni, evitando la parcellizzazione. Questo non toglie che nel momento in cui entriamo in contatto con il circuito commerciale ci troviamo di fronte a problemi considerevoli, soprattutto per editori "off-off" come noi.
Il rivendicare un'identità ben specifica, anzi il proporre questa identità attraverso una politica editoriale ben definita si scontra inevitabilmente con le chiusure, culturali e non, di un mercato editoriale che risponde largamente ad altre esigenze ed è sempre più dominato dal "big business"!
Si sta infatti affermando una logica da supermercato che tende ad equiparare il libro ad un qualsiasi altro prodotto commerciabile, con tanto di "scadenza" come una scatola di pelati. Anzi peggio, perché la "scadenza" di un libro oggi s'aggira attorno ai 3-4 mesi di vita in libreria. Il nostro tentativo è (insieme a molti altri piccoli editori) di sfuggire a questa logica culturale insensata, che risponde a motivazioni tutte economiche, e di creare un ambito in cui ogni libro sia un evento culturale e non un prodotto di rapido e disattento consumo.

Esistono possibilità concrete per uscire da questa logica o quantomeno per non esserne totalmente schiacciati? La distribuzione "militante" (come veniva definita una volta) non può essere una risposta al problema?

Be' questa è una delle sfide che ci stanno davanti. La presenza in libreria è per il momento irrinunciabile (anche se si tratta di una presenza mirata) perché la libreria è ancora il luogo deputato all'acquisto dei libri. Ma il discorso distributivo non deve esaurirsi qui. In effetti negli ultimissimi anni si stanno aprendo possibilità di circuiti alternativi che meglio rispondono alle nostre esigenze. Sono circuiti che cercano il lettore in quelle situazioni dove si esprimono più ampi interessi sociali e culturali (dalle fiere ai convegni, dai mercati alle feste popolari). In parte sono ambiti di vendita piuttosto tradizionali per la piccola editoria di base, o quantomeno lo erano negli anni '70. Il fatto nuovo è che dopo il congelamento sociale e culturale di buona parte degli anni '80 questi ambiti sono nuovamente diventati praticabili e questo solo perché è in atto un più generale risveglio di interesse, una voglia di fare per cambiare che ha riacceso il dibattito culturale.
Questa rinata vivacità ha certamente coinvolto anche quello che possiamo definire il circuito più militante, cioè la diffusione editoriale al di fuori di qualsiasi struttura distributiva, legata piuttosto all'azione sociale, alla presenza politica. Anche in quest'ambito, seppure con maggiore discontinuità, è possibile verificare una costante ripresa dell'interesse e dell'impegno. Il nostro augurio è che in un futuro non troppo lontano si riesca a ricostruire una solida rete che consenta una presenza capillare ed una notevole autonomia dal mercato librario. Infine, una delle possibilità che abbiamo nelle nostre mani è la vendita per corrispondenza che ci permette di arrivare in tutti quei centri minori dove la distribuzione commerciale non arriva perché altrimenti "non ci sta nei costi"! Stiamo costruendo un indirizzario a livello nazionale che ci consente di informare in maniera continuativa sulle nostre novità le persone interessate. Insomma una sorta di "Club dei lettori" di Eleuthera.

Per finire, quali sono i vostri programmi futuri?

L'obiettivo è quello di stabilizzarci, insieme a "Volontà", sui 10 titoli l'anno. A parte la saggistica (che rimarrà comunque il nostro interesse prioritario) e la letteratura utopica, pensiamo di inaugurare nel prossimo futuro una collana di libri/intervista con alcuni personaggi della cultura libertaria internazionale che con i loro scritti, le loro esperienze, le loro lotte hanno contribuito a rendere sempre più concreta e definita la critica radicale alla gerarchia e al dominio. Non è certo compito da poco ridare fiato e vigore all'editoria libertaria, né è un compito che possiamo assumerci da soli.
Però è in questa direzione che intendiamo muoverci, continuando ad aggiungere sempre nuovi tasselli a quel mosaico che stiamo lentamente costruendo e che per sua natura è destinato a rimanere aperto, come aperto è il mosaico della libertà.