Rivista Anarchica Online
Noi eleutheriani
a cura di Edizioni Elèuthera
Tre anni di navigazione nelle acque
incerte ed agitate della piccola editoria, ventisette titoli in
catalogo, molti progetti e qualche bilancio: i promotori delle
Edizioni Elèuthera si presentano in questa auto-intervista. Per saperne di più,
contattateli scrivendo a Elèuthera, cas. post. 17026, 20170
Milano.
Poco più di tre anni fa siete
partiti con questo nuovo progetto editoriale. Adesso avete circa 27
titoli in catalogo. È possibile tentare un primo bilancio
della vostra vita?
Diciamo che più che un bilancio
possiamo fare il punto della situazione, nel senso che siamo ancora
in una fase di costruzione del progetto, una fase aperta in cui non
ci è stato ancora possibile verificare appieno tutte le
premesse dalle quali siamo partiti. Innanzi tutto va sottolineato che
Eleuthera non è saltata fuori dal cappello di un prestigiatore
ma è maturata all'interno di un progetto editorial-culturale
che affonda ben indietro le sue radici. Ci riferiamo in generale
all'attività quasi ventennale della cooperativa Editrice A ed
al lavoro teorico ed organizzativo del Centro studi libertari di
Milano. Ma più in specifico ci riferiamo all'attività
delle Edizioni Antistato che hanno preceduto temporalmente e
logicamente la nascita di Eleuthera.
Ma a guardare il
catalogo delle Edizioni Antistato (che hanno sospeso le pubblicazioni
nel 1985) e quello di Eleuthera si notano differenze anche notevoli
nella scelta di titoli e autori...
Certamente, mentre le Edizioni
Antistato davano la priorità ai classici del pensiero
anarchico ed alla ricostruzione storica dell'anarchismo, Eleuthera dà
la priorità all'oggi, alla cultura contemporanea. Ed è
una scelta non casuale ma meditata. Le Edizioni Antistato
rispondevano (prevalentemente, ma non esclusivamente) all'esigenza -
non solo nostra ma di un movimento che risorgeva dopo anni di stasi -
di riacquistare una memoria teorica e storica che era andata perduta.
Successivamente però l'oggi - e il domani! - è tornato
di prepotenza in primo piano. Si è allora affermato come
interesse prioritario il bisogno di definire una nuova identità
anarchica che, pur traendo dalla tradizione i valori e le idee forza
del suo essere e del suo agire, contemporaneamente è in cerca
di nuovi modi, di nuove espressioni. Ed è appunto con questa
prospettiva che nasce Eleuthera.
Tuttavia alcuni autori del vostro
catalogo (come anche qualche tematica) sembrano rientrare solo
tangenzialmente in questa ricerca.
Benché il progetto di delineare
un nuovo anarchismo sia già di per se stesso ambizioso, non è
l'unico obiettivo che ci siamo posti. Questa ricerca non la vediamo
infatti svilupparsi in un vuoto sociale, culturale e politico, ma
all'interno di una interrelazione vivace (e salutare!) con quei
movimenti e quelle espressioni libertarie che con modalità e
prospettive diverse contribuiscono allo sviluppo di una cultura se
non conseguentemente antigerarchica come quella anarchica certamente
con forti accentuazioni non gerarchiche (e mi riferisco qui a talune
espressioni del movimento ecologico o del movimento femminista o di
quello nonviolento o addirittura a certa revisione epistemologica
della cultura occidentale). Una lettura "intelligente"
della nostra produzione editoriale va quindi fatta tenendo presente
questo duplice obiettivo: da una parte l'elaborazione di un pensiero
anarchico contemporaneo, dall'altra il suo inserimento nel contesto
dì una più ampia cultura libertaria. Ecco quindi il
perché di autori e tematiche che possono apparire a prima
vista bizzarri o marginali, ma che ritrovano una loro coerenza
all'interno del progetto globale. Fermo restando però che la
distanza, l'estraneità che si può sentire con alcuni
approcci, con alcune formulazioni, è più che legittima,
anzi fa parte del gioco: non si sta proponendo alcuna ortodossia
monolitica ma un ventaglio di contributi quanto mai ampio e talvolta
persino contraddittorio, che ha però come denominatore comune
il senso di appartenere ad una cultura libertaria, non-gerarchica.
Nel vostro catalogo sono compresi i
numeri della rivista "Volontà" usciti dal 1987. A
parte il fatto che "Volontà" dal 1980 fa parte della
cooperativa Editrice A, come mai questo connubio con una
pubblicazione periodica?
Questo dipende da una profonda
trasformazione editoriale di "Volontà" (una delle
tante che questa vecchia e prestigiosa rivista ha subito negli oltre
quarant'anni di pubblicazione). Dall'87, appunto, "Volontà"
si è trasformata in una collana di antologie monografiche,
dove ogni "numero" appare come un insieme coordinato di
saggi su un unico tema. È quindi un ibrido che combina insieme
alcune caratteristiche di rivista con alcune caratteristiche di
libro. Questo ha consentito una presenza (in libreria ma non solo)
ben più lunga della "scadenza" naturale attribuita
ai numeri di una pubblicazione periodica. Ma ha anche consentito, il
che è più importante, di affrontare ogni tema in modo
molto più complessivo e approfondito rispondendo meglio
all'obiettivo di essere quel "laboratorio di ricerche
anarchiche" proposto dal suo sottotitolo. Un laboratorio però
aperto a contributi anche estranei all'anarchismo (benché
sempre contigui), a contributi "eretici", come è
d'altronde nella tradizione di "Volontà" sin dalla
gestione di Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria. Le scelte editoriali
di "Volontà" sono dunque molto in sintonia con
quelle di Eleuthera e questo ci ha consentito di sfruttare le
sinergie (per ricorrere ad un termine molto in voga) che derivano dal
muoversi con una stessa prospettiva.
Dando un'occhiata ai nomi che avete
pubblicato si nota una prevalenza di autori stranieri. È
casuale o si tratta di una scelta?
Senz'altro di una scelta. Ci siamo
coscientemente posti l'obiettivo di una internazionalizzazione (o se
si preferisce di una sprovincializzazione) della cultura libertaria
italiana. Anzi il nostro catalogo non è così
internazionale come vorremmo ed alcune aree culturali (come la
Germania o i Paesi dell'Est) sono ancora assenti. Abbiamo forse
privilegiato la cultura nordamericana, alla quale abbiamo attinto e
attingeremo a piene mani dato i suoi notevolissimi contributi.
A proposito, perché avete
scelto un nome un po' criptico come Eleuthera?
Perché è un nome che
consente più letture. Infatti Eleuthera vuol dire "libera"
in greco. Ma è anche il nome di un isola delle Antille così
denominata da una setta di eretici inglesi (gli eleutheriani,
appunto) che nel Settecento sono scappati dall'Europa in seguito alle
persecuzioni religiose fondando una comunità di "liberi
ed uguali" (e proprio da questa storia abbiamo tratto il nostro
logotipo). Insomma abbiamo scelto un nome che non apparisse come
un'etichetta, affidando il messaggio più ai contenuti che ad
un marchio.
Nel portare avanti questo progetto
qual è il lettore tipo cui vi rivolgete?
Non è certo un lettore casuale
(ed in questo contravveniamo ad ogni buona regola di marketing!).
Innanzi tutto è quel lettore che si riconosce nell'area
culturale libertaria, che si riconosce in questa tensione di ricerca
che muove anche il progetto editoriale. Quindi un lettore che non
consuma passivamente il prodotto-libro ma che lo inserisce in un
processo di crescita individuale e collettiva. E ancora non è
il lettore che cerca comode sicurezze, risposte facili, ma quello che
cerca il confronto, la riflessione, l'approfondimento. È
dunque il lettore che cerca soluzioni nuove lontano dai percorsi
istituzionali e dai conformismi (anche di sinistra).
Nello scorrere il vostro catalogo si
notano tematiche molto diverse: dall'ecologia (a cui sembra che diate
particolare rilievo) alla pedagogia, dall'antropologia al segno.
Quali sono i criteri su cui fondate le vostre scelte editoriali?
Quanto mai ampi. Abbiamo un approccio
programmaticamente multidisciplinare perché tale è la
configurazione della cultura libertaria, la cui critica non
gerarchica taglia trasversalmente l'intero spettro del sapere più
o meno convenzionale. Diciamo che stiamo avanzando con un
procedimento "a mosaico" invece di privilegiare un processo
"lineare". Ecco anche perché abbiamo introdotto una
collana di letteratura utopica che affianca la prevalente produzione
saggistica.
Cosa intendete per letteratura
utopica?
Potremmo forse definirla
"fantapolitica" o "fantasociologia", l'ideazione
cioè di mondi fantastici, di utopie che si cimentano con le
proiezioni immaginarie dei nostri sogni e dei nostri desideri. E che
tuttavia si misurano anche con un'esigenza di razionalità che
dia forme e contorni più precisi a questi sogni e questi
desideri. Abbiamo inaugurato la collana proprio con un breve romanzo
di Ursula Le Guin, una scrittrice che ben rappresenta questo sforzo,
paradossale ma fertile, di "indagare l'utopia".
Come siete organizzati al vostro
interno e che difficoltà trovate nell'inserirvi in un circuito
commerciale?
La nostra è una dimensione
artigianale (ancora largamente volontaria) nella quale ci troviamo
perfettamente a nostro agio, sia perché ci consente un impegno
commisurato alle nostre (ridotte) energie lavorative e finanziarie,
sia perché ci consente un lavoro integrato che prevede per
ognuno molteplici funzioni, evitando la parcellizzazione. Questo non
toglie che nel momento in cui entriamo in contatto con il circuito
commerciale ci troviamo di fronte a problemi considerevoli,
soprattutto per editori "off-off" come noi.
Il rivendicare un'identità ben
specifica, anzi il proporre questa identità attraverso una
politica editoriale ben definita si scontra inevitabilmente con le
chiusure, culturali e non, di un mercato editoriale che risponde
largamente ad altre esigenze ed è sempre più dominato
dal "big business"!
Si sta infatti affermando una logica da
supermercato che tende ad equiparare il libro ad un qualsiasi altro
prodotto commerciabile, con tanto di "scadenza" come una
scatola di pelati. Anzi peggio, perché la "scadenza"
di un libro oggi s'aggira attorno ai 3-4 mesi di vita in libreria. Il
nostro tentativo è (insieme a molti altri piccoli editori) di
sfuggire a questa logica culturale insensata, che risponde a
motivazioni tutte economiche, e di creare un ambito in cui ogni libro
sia un evento culturale e non un prodotto di rapido e disattento
consumo.
Esistono possibilità concrete
per uscire da questa logica o quantomeno per non esserne totalmente
schiacciati? La distribuzione "militante" (come veniva
definita una volta) non può essere una risposta al problema?
Be' questa è una delle sfide che
ci stanno davanti. La presenza in libreria è per il momento
irrinunciabile (anche se si tratta di una presenza mirata) perché
la libreria è ancora il luogo deputato all'acquisto dei libri.
Ma il discorso distributivo non deve esaurirsi qui. In effetti negli
ultimissimi anni si stanno aprendo possibilità di circuiti
alternativi che meglio rispondono alle nostre esigenze. Sono circuiti
che cercano il lettore in quelle situazioni dove si esprimono più
ampi interessi sociali e culturali (dalle fiere ai convegni, dai
mercati alle feste popolari). In parte sono ambiti di vendita
piuttosto tradizionali per la piccola editoria di base, o quantomeno
lo erano negli anni '70. Il fatto nuovo è che dopo il
congelamento sociale e culturale di buona parte degli anni '80 questi
ambiti sono nuovamente diventati praticabili e questo solo perché
è in atto un più generale risveglio di interesse, una
voglia di fare per cambiare che ha riacceso il dibattito culturale.
Questa rinata vivacità ha
certamente coinvolto anche quello che possiamo definire il circuito
più militante, cioè la diffusione editoriale al di
fuori di qualsiasi struttura distributiva, legata piuttosto
all'azione sociale, alla presenza politica. Anche in quest'ambito,
seppure con maggiore discontinuità, è possibile
verificare una costante ripresa dell'interesse e dell'impegno. Il
nostro augurio è che in un futuro non troppo lontano si riesca
a ricostruire una solida rete che consenta una presenza capillare ed
una notevole autonomia dal mercato librario. Infine, una delle
possibilità che abbiamo nelle nostre mani è la vendita
per corrispondenza che ci permette di arrivare in tutti quei centri
minori dove la distribuzione commerciale non arriva perché
altrimenti "non ci sta nei costi"! Stiamo costruendo un
indirizzario a livello nazionale che ci consente di informare in
maniera continuativa sulle nostre novità le persone
interessate. Insomma una sorta di "Club dei lettori" di
Eleuthera.
Per finire, quali sono i vostri
programmi futuri?
L'obiettivo è quello di
stabilizzarci, insieme a "Volontà", sui 10 titoli
l'anno. A parte la saggistica (che rimarrà comunque il nostro
interesse prioritario) e la letteratura utopica, pensiamo di
inaugurare nel prossimo futuro una collana di libri/intervista con
alcuni personaggi della cultura libertaria internazionale che con i
loro scritti, le loro esperienze, le loro lotte hanno contribuito a
rendere sempre più concreta e definita la critica radicale
alla gerarchia e al dominio. Non è certo compito da poco
ridare fiato e vigore all'editoria libertaria, né è un
compito che possiamo assumerci da soli.
Però è in questa
direzione che intendiamo muoverci, continuando ad aggiungere sempre
nuovi tasselli a quel mosaico che stiamo lentamente costruendo e che
per sua natura è destinato a rimanere aperto, come aperto è
il mosaico della libertà.
|