Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 169
dicembre 1989 - gennaio 1990


Rivista Anarchica Online

Coprifuoco popolare
di Pablo Kala

Da tre anni è in corso, nel Nord Orissa (India), un'eccezionale lotta popolare di massa basata sulle tecniche della non-violenza e della non-cooperazione.

Nel Nord Orissa, sulla costa indiana del golfo del Bengala, è in atto un conflitto praticamente ignorato dai mass media internazionali e che si protrae ormai da tre anni tra il governo centrale ed i contadini e pescatori locali.
Nei villaggi della zona di Balipal e Bhograi, regione conosciuta come il granaio dell'Orissa per via della sua grande fertilità e abbondanti raccolti, 100.000 persone circa rischiano di essere scacciate dalle loro case e dalle loro terre. La causa dell'imminente sfratto è il National Testing Range istituito dal governo, una base militare del costo previsto di 840 milioni di dollari, destinata al collaudo ed al lancio di satelliti, missili spaziali e da guerra.

Accesso negato
Con la determinazione a resistere allo sfratto e ad impedire la costruzione del Testing Range, gli abitanti dei villaggi hanno organizzato un movimento di resistenza che adotta le tattiche della non-violenza e della non-cooperazione. Il movimento è composto essenzialmente da contadini, salariati agricoli e mezzadri, con il sostegno di alcuni medi e piccoli proprietari terrieri. Vi è anche un "fronte esterno" composto da sindacati, gruppi di studenti, circoli di scrittori e partiti politici di opposizione (il governo dello stato è retto dal Partito del Congresso) che sostiene il movimento.
Per pacificare la resistenza locale al progetto, il governo ha proposto uno schema di "Riconversione e Compensazione" teso a ricollocare gli abitanti in "villaggi modello" e impiantare industrie per fornire impieghi alternativi; ovvero trasformare i contadini e pescatori tradizionali in operai poco o niente qualificati, distruggendo così la loro cultura e le loro comunità. Lo scetticismo e la resistenza al piano di "Riconversione" sono rafforzati dalla coscienza del fatto che, delle 30.000 persone che hanno perduto la casa a causa del progetto della Diga Rengali del 1977, 22.000 devono ancora essere "riconvertite".
Gli abitanti hanno istituito un "Janata Curfew" (coprifuoco popolare), che non consente ad alcun rappresentante governativo di accedere alla zona. A questo scopo si sono istituiti dei posti di guardia barricando le vie di accesso alla zona con canne di bambù, e si sono scavate trincee per fermare gli eventuali veicoli governativi che tentino di avvicinarsi. I posti di guardia sono guarniti 24 ore su 24, si soffia nelle conchiglie e si battono i thalis (piastre di metallo) per avvertire gli abitanti che vi sono veicoli che si avvicinano.
Quando suona l'allarme, migliaia di donne, bambini e uomini si recano alle barricate per formare blocchi stradali umani. Nel febbraio 1988, ad esempio, 24 magistrati accompagnati da 3.000 poliziotti armati cercarono di forzare il blocco, ma una muraglia umana di 20.000 persone glielo impedì. Si è anche creato un "maran sena" (squadrone suicida) per impedire ad ogni costo l'ingresso ai veicoli governativi in caso di emergenza.
La zona è stata di fatto abbandonata dallo stato nel corso degli ultimi 33 mesi. Gli abitanti hanno rifiutato di pagare le tasse. Hanno istituito tribunali popolari per deliberare sulle dispute interne. Il movimento ha anche organizzato scioperi, stampato manifesti, tenuto comizi pubblici, condotto manifestazioni e dipinto slogan sui muri nel tentativo di far conoscere la sua battaglia.
Nell'aprile del 1988 si sono inviate squadre a demolire i "villaggi modello" che il governo dello stato di Orissa stava facendo costruire, in quanto il governo aveva dichiarato che gli sfratti sarebbero iniziati solo dopo il completamento dei "villaggi modello" stessi.

La repressione del governo
In risposta alla resistenza, il governo ha istituito un blocco economico non ufficiale, impedendo che la zona venisse fornita di beni quali il cherosene e lo zucchero. Inoltre, come deterrente, ha imposto multe ai carri da buoi ed ai veicoli a motore della zona carichi di foglie di betel, noci di cocco e anacardi e diretti al mercato. Nella seconda metà del maggio 1988 sono stati assegnati alla zona 8.000 poliziotti armati e la repressione contro gli attivisti locali si è fatta più dura.
Nel corso degli ultimi 2 anni, più di 100 attivisti sono stati arrestati. In una intervista, gli attivisti Bhograi hanno riferito le loro esperienze di arresti, torture e fermi protrattasi per più delle 21 ore previste dalla legge indiana.
"Sono stato arrestato 6 volte a causa del mio lavoro contro il National Testing Range e sono stato picchiato (dalla polizia) diverse volte", racconta Jagabandhu Ghose, uno degli organizzatori.
Shankar, un pescatore, fa eco all'esperienza del suo amico: "Sono stato arrestato senza mandato e trattenuto dalla polizia per 6 giorni, e questo è contro la legge" dice. Per quanto riguarda la tattica futura della resistenza, Ghose sostiene che - nonostante le provocazioni della polizia - la resistenza non-violenta continuerà. Quando gli abbiamo chiesto quale potrebbe essere la risposta se le azioni dello stato divenissero più violente, però, ci ha detto: "Se il governo diviene violento, chi può tenere sotto controllo la risposta e le azioni del movimento?".
Il governo indiano sembra intenzionato ad installare il National Testing Range. Il Testing Range è parte di un progetto militare che si estende su tutto lo stato di Orissa e prevede basi navali ed aeronautiche, stazioni radar, un'industria di munizioni ed uno stabilimento di assemblaggio di aerei da combattimento MIG.
Secondo V.S. Arunachalam, consigliere scientifico del Ministero della Difesa, la funzione base del Test Range è costituire un terreno per i collaudi di volo che consentano la progettazione e la realizzazione di missili, velivoli senza pilota e missili balistici. Verrà anche utilizzato per fare pratica di lancio di missili a lungo raggio (fino a 5.000 Km), eseguire prove dinamiche di attrezzature elettroniche da guerra, e collaudare mezzi di controllo del percorso e dell'efficienza dei missili.

Pronti a dare la vita
Il Primo Ministro Rajiv Gandhi sostiene che il progetto si inserisce nel programma spaziale del governo. Nel 1986 egli ha detto: "La fattibilità del nostro progetto per un satellite polare (PSLV: Polar Satellite Launch Vehicle), come pure i nostri progetti per missili terra-aria ed altri missili tattici, migliorerà di molto con l'acquisizione di queste zone".
Esperti della difesa hanno fatto notare che il PSLV può essere modificato e trasformato in un missile balistico a medio raggio. Dal 1974, anno in cui fu fatto esplodere un ordigno nucleare nel deserto di Pokhran, l'India ha accumulato poco alla volta riserve di plutonio dalle scorie di uranio provenienti dai suoi reattori nucleari.
Rifiutandosi di firmare il trattato di non-proliferazione nucleare o di sottomettersi alla piena salvaguardia del trattato, l'India mantiene l'opzione della bomba nucleare ma manca di un sistema di lancio.
L'apprensione che l'India stia realizzando tale sistema è suscitata dal fatto che la divisione Bharat Dynamics del Dipartimento della Difesa è coinvolta in un progetto di costruzione di missili in collaborazione con l'Unione Sovietica. I missili (a corto e medio raggio, missili a guida integrata quali gli SS20 e SS30 e anche, a tempo debito, missili balistici intercontinentali) dovrebbero essere collaudati nel National Testing Range.
Al momento in cui stiamo scrivendo queste note, la zona permane in uno stato di tesa incertezza, in quanto non si è ancor giunti alla fase finale della lotta.
Tuttavia uno dei portavoce del movimento, Sasadhar Pradhan, sostiene che neppure così si porrebbe fine alla lotta. "Siamo pronti a dare la nostra vita di fronte ai carri armati" ha detto. "Però, se avvenisse un fatto di tale portata, la protesta non si limiterebbe alla sola India. Il mondo intero condannerebbe il governo indiano, dicendo che questi messaggeri di pace hanno costruito il campo per i missili sui cadaveri degli innocenti contadini di Orissa".

(traduzione di Marco Bonello dal periodico anarchico americano The fifth estate – Detroit).