Rivista Anarchica Online
Coprifuoco popolare
di Pablo Kala
Da tre anni è in corso, nel
Nord Orissa (India), un'eccezionale lotta popolare di massa basata
sulle tecniche della non-violenza e della non-cooperazione.
Nel Nord Orissa, sulla costa indiana
del golfo del Bengala, è in atto un conflitto praticamente
ignorato dai mass media internazionali e che si protrae ormai da tre
anni tra il governo centrale ed i contadini e pescatori locali. Nei villaggi della zona di Balipal e
Bhograi, regione conosciuta come il granaio dell'Orissa per via della
sua grande fertilità e abbondanti raccolti, 100.000 persone
circa rischiano di essere scacciate dalle loro case e dalle loro
terre. La causa dell'imminente sfratto è il National Testing
Range istituito dal governo, una base militare del costo previsto di
840 milioni di dollari, destinata al collaudo ed al lancio di
satelliti, missili spaziali e da guerra.
Accesso negato
Con la determinazione a resistere allo
sfratto e ad impedire la costruzione del Testing Range, gli abitanti
dei villaggi hanno organizzato un movimento di resistenza che adotta
le tattiche della non-violenza e della non-cooperazione. Il movimento
è composto essenzialmente da contadini, salariati agricoli e
mezzadri, con il sostegno di alcuni medi e piccoli proprietari
terrieri. Vi è anche un "fronte esterno" composto da
sindacati, gruppi di studenti, circoli di scrittori e partiti
politici di opposizione (il governo dello stato è retto dal
Partito del Congresso) che sostiene il movimento.
Per pacificare la resistenza locale al
progetto, il governo ha proposto uno schema di "Riconversione e
Compensazione" teso a ricollocare gli abitanti in "villaggi
modello" e impiantare industrie per fornire impieghi
alternativi; ovvero trasformare i contadini e pescatori tradizionali
in operai poco o niente qualificati, distruggendo così la loro
cultura e le loro comunità. Lo scetticismo e la resistenza al
piano di "Riconversione" sono rafforzati dalla coscienza
del fatto che, delle 30.000 persone che hanno perduto la casa a causa
del progetto della Diga Rengali del 1977, 22.000 devono ancora essere
"riconvertite".
Gli abitanti hanno istituito un "Janata
Curfew" (coprifuoco popolare), che non consente ad alcun
rappresentante governativo di accedere alla zona. A questo scopo si
sono istituiti dei posti di guardia barricando le vie di accesso alla
zona con canne di bambù, e si sono scavate trincee per fermare
gli eventuali veicoli governativi che tentino di avvicinarsi. I posti
di guardia sono guarniti 24 ore su 24, si soffia nelle conchiglie e
si battono i thalis (piastre di metallo) per avvertire gli abitanti
che vi sono veicoli che si avvicinano.
Quando suona l'allarme, migliaia di
donne, bambini e uomini si recano alle barricate per formare blocchi
stradali umani. Nel febbraio 1988, ad esempio, 24 magistrati
accompagnati da 3.000 poliziotti armati cercarono di forzare il
blocco, ma una muraglia umana di 20.000 persone glielo impedì.
Si è anche creato un "maran sena" (squadrone suicida) per
impedire ad ogni costo l'ingresso ai veicoli governativi in caso di
emergenza.
La zona è stata di fatto
abbandonata dallo stato nel corso degli ultimi 33 mesi. Gli abitanti
hanno rifiutato di pagare le tasse. Hanno istituito tribunali
popolari per deliberare sulle dispute interne. Il movimento ha anche
organizzato scioperi, stampato manifesti, tenuto comizi pubblici,
condotto manifestazioni e dipinto slogan sui muri nel tentativo di
far conoscere la sua battaglia.
Nell'aprile del 1988 si sono inviate
squadre a demolire i "villaggi modello" che il governo
dello stato di Orissa stava facendo costruire, in quanto il governo
aveva dichiarato che gli sfratti sarebbero iniziati solo dopo il
completamento dei "villaggi modello" stessi.
La repressione del governo
In risposta alla resistenza, il governo
ha istituito un blocco economico non ufficiale, impedendo che la zona
venisse fornita di beni quali il cherosene e lo zucchero. Inoltre,
come deterrente, ha imposto multe ai carri da buoi ed ai veicoli a
motore della zona carichi di foglie di betel, noci di cocco e
anacardi e diretti al mercato. Nella seconda metà del maggio
1988 sono stati assegnati alla zona 8.000 poliziotti armati e la
repressione contro gli attivisti locali si è fatta più
dura.
Nel corso degli ultimi 2 anni, più
di 100 attivisti sono stati arrestati. In una intervista, gli
attivisti Bhograi hanno riferito le loro esperienze di arresti,
torture e fermi protrattasi per più delle 21 ore previste
dalla legge indiana.
"Sono stato arrestato 6 volte a
causa del mio lavoro contro il National Testing Range e sono stato
picchiato (dalla polizia) diverse volte", racconta Jagabandhu
Ghose, uno degli organizzatori. Shankar, un pescatore, fa eco
all'esperienza del suo amico: "Sono stato arrestato senza
mandato e trattenuto dalla polizia per 6 giorni, e questo è
contro la legge" dice. Per quanto riguarda la tattica futura
della resistenza, Ghose sostiene che - nonostante le provocazioni
della polizia - la resistenza non-violenta continuerà. Quando
gli abbiamo chiesto quale potrebbe essere la risposta se le azioni
dello stato divenissero più violente, però, ci ha
detto: "Se il governo diviene violento, chi può tenere
sotto controllo la risposta e le azioni del movimento?". Il governo indiano sembra intenzionato
ad installare il National Testing Range. Il Testing Range è
parte di un progetto militare che si estende su tutto lo stato di
Orissa e prevede basi navali ed aeronautiche, stazioni radar,
un'industria di munizioni ed uno stabilimento di assemblaggio di
aerei da combattimento MIG.
Secondo V.S. Arunachalam, consigliere
scientifico del Ministero della Difesa, la funzione base del Test
Range è costituire un terreno per i collaudi di volo che
consentano la progettazione e la realizzazione di missili, velivoli
senza pilota e missili balistici. Verrà anche utilizzato per
fare pratica di lancio di missili a lungo raggio (fino a 5.000 Km),
eseguire prove dinamiche di attrezzature elettroniche da guerra, e
collaudare mezzi di controllo del percorso e dell'efficienza dei
missili.
Pronti a dare la vita
Il Primo Ministro Rajiv Gandhi sostiene
che il progetto si inserisce nel programma spaziale del governo. Nel
1986 egli ha detto: "La fattibilità del nostro progetto
per un satellite polare (PSLV: Polar Satellite Launch Vehicle), come
pure i nostri progetti per missili terra-aria ed altri missili
tattici, migliorerà di molto con l'acquisizione di
queste zone".
Esperti della difesa hanno fatto notare
che il PSLV può essere modificato e trasformato in un missile
balistico a medio raggio. Dal 1974, anno in cui fu fatto esplodere un
ordigno nucleare nel deserto di Pokhran, l'India ha accumulato poco
alla volta riserve di plutonio dalle scorie di uranio provenienti dai
suoi reattori nucleari.
Rifiutandosi di firmare il trattato di
non-proliferazione nucleare o di sottomettersi alla piena
salvaguardia del trattato, l'India mantiene l'opzione della bomba
nucleare ma manca di un sistema di lancio.
L'apprensione che l'India stia
realizzando tale sistema è suscitata dal fatto che la
divisione Bharat Dynamics del Dipartimento della Difesa è
coinvolta in un progetto di costruzione di missili in collaborazione
con l'Unione Sovietica. I missili (a corto e medio raggio, missili a
guida integrata quali gli SS20 e SS30 e anche, a tempo debito,
missili balistici intercontinentali) dovrebbero essere collaudati nel
National Testing Range. Al momento in cui stiamo scrivendo
queste note, la zona permane in uno stato di tesa incertezza, in
quanto non si è ancor giunti alla fase finale della lotta.
Tuttavia uno dei portavoce del
movimento, Sasadhar Pradhan, sostiene che neppure così si
porrebbe fine alla lotta. "Siamo pronti a dare la nostra vita di
fronte ai carri armati" ha detto. "Però, se
avvenisse un fatto di tale portata, la protesta non si limiterebbe
alla sola India. Il mondo intero condannerebbe il governo indiano,
dicendo che questi messaggeri di pace hanno costruito il campo per i
missili sui cadaveri degli innocenti contadini di Orissa".
(traduzione
di Marco Bonello dal periodico anarchico americano The
fifth estate –
Detroit).
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