Rivista Anarchica Online
Malgrado noi
È
ormai qualche mese - quasi un anno - che si è aperto
all'interno della Federazione Anarchica Italiana un dibattito il
quale se ancora non si è formalizzato è comunque denso
di importanti conseguenze per essa e per l'intero movimento anarchico
della penisola. Tale informalismo nel dibattito è
contemporaneamente causa ed effetto della fase di discussione.
L'oggetto del contendere è il ruolo, le forme e le prospettive
dell'anarchismo militante oggi in Italia. Non è certo la prima
volta che questo argomento viene affrontato nel nostro movimento e
nella nostra federazione. Proprio sulle colonne di questa rivista
eminenti compagni hanno enunciato la fine di un ruolo, di una forma e
di una prospettiva per l'anarchismo politico e rivoluzionario. Il
contesto del presente discorso non è pero la polemica con
queste tesi, rispettabili ma che, evidentemente, non ci hanno ancora
convinto.
Il primo impulso a scrivere queste
righe mi viene dalla necessità di dare forma pubblica al dibattito di
cui sopra e, nel contempo, di farlo al di fuori delle "sedi
deputate". La seconda motivazione, più riflessiva, è
quella di coinvolgere tutto il nostro movimento in questa discussione
che se affrontata può essere foriera di positive soluzioni.
Rimettiamo la palla al centro È
da tempo che in quanto militanti della Federazione Anarchica Italiana
cogliamo la sproporzione fra le necessità e le possibilità
del nostro agire. Se abbiamo superato le secche degli anni '80
facendo appello a tutto il nostro pragmatismo e volontarismo, non
possiamo immaginare, d'altra parte, di affrontare con gli stessi
strumenti gli anni che abbiamo di fronte, delle cui implicazioni
abbiamo avuto un piccolo assaggio nei due anni recenti.
Lo scenario nel quale ci muoviamo va
sempre più acquisendo fisionomia chiara e definita nel
superamento di quel contesto che in una battuta potremmo definire
secondo dopoguerra. Già questa analisi necessiterebbe di più
approfondite dissertazioni, del resto, buona parte delle colonne
della pubblicistica anarchica sono dedicate a questo. Assumiamo
quindi il dibattito presente nelle sue linee essenziali.
Lo spazio sociale e politico per
l'agire anarchico è enorme; il nostro movimento è
attestato, intelligentemente, su più campi d'iniziativa e la
nostra azione si mostra influente (si potrebbe anche dire non
ininfluente).
Contemporaneamente la possibilità
di concertare le iniziative e quindi di dare prospettiva e
progettualità all'agire dei singoli e dei gruppi stenta
pesantemente ad emergere. Qui, badiamo bene, vedo il problema a
prescindere dalla crisi/ presenza della Federazione Anarchica
Italiana: è comunque un dato di movimento indipendente dalle sue
componenti organizzate.
In un idealistico schematismo si
potrebbe pure cogliere nella FAI e nelle altre componenti organizzate
del movimento la sede di questa concertazione e
propositività/progettualità.
Qui casca l'asino
La crisi non è nel ruolo e nelle
prospettive ma proprio nelle forme dell'agire anarchico. Su questo
pesa senza dubbio la nostra storia recente e passata. Mi interessa
però localizzare la discussione relativamente all'attuale
"generazione" anarchica. La nostra è quindi storia
recente, degli ultimi 20 anni. Di fronte a quegli anni straordinari
che vanno sotto il nome di sessantotto il nostro movimento ha messo
in campo una serie di ipotesi di lavoro che hanno prodotto differenti
moduli organizzativi e prospettive politiche. Tutti comunque
riferentisi ad una comune matrice comunista, federalista ed
organizzatrice. Tanto che non si definivano delle organizzazioni di
per sé ma in quanto "componenti" del movimento
anarchico della penisola. Non voglio qui sottacere la presenza dei
compagni individualisti e degli anti-organizzatori ma con questi il
terreno di confronto è altro. Mi riferisco, evidentemente, a
quelle esperienze che si rifanno al filone "organizzato"
del movimento e si ispirano al pensiero di Kropotkin, Bakunin e del
nostro Malatesta.
Dicevo quindi di queste esperienze che
si sono consumate in questo ventennio e che, tutte, hanno mostrato
limiti indiscutibili tanto che alcuni ne hanno tratto le debite
conseguenze nell'autoscioglimento. In questo contesto anche la FAI
che era il prodotto di una sintesi unitaria del movimento anarchico
di lingua italiana si è andata via via configurando come
componente. Se ancora oggi, soggettivamente, ci rifacciamo a quel
postulato unitario e sintetico non possiamo pretendere di
rappresentarlo a dispetto dell'evidenza. È
forse in questo semplice passaggio il fondamento della crisi della
Federazione Anarchica Italiana.
È
quindi terminata anche l'esperienza della FAI?.
Soggettivamente ritengo senza ombra di
dubbio di si!
Collettivamente ci stiamo interrogando
sulla questione. Ma una domanda sorge spontanea: perché?
È
forse esaurita la necessità di una organizzazione specifica
anarchica? Ritengo di no!
È
forse esaurita la necessità per gli anarchici di condurre la
lotta politica rivoluzionaria? Ritengo di no!
É forse esaurita la necessita
che il pluralismo e lo sperimentalismo dell'agire anarchico trovino
una comune sede di confronto, di accordo e di iniziativa? Ritengo di
no!
Può oggi, l'attuale forma della
Federazione Anarchica Italiana rappresentare questa necessita? Ritengo di no!
Soggettivamente posso quindi trarre
tutte le conclusioni del caso ma in una dimensione collettiva ho il
dovere di dare risposte a questi quesiti.
Malgrado noi, non possiamo,
collettivamente, adottare altra soluzione che quella della
rifondazione. Un termine un po' brutto ma che esprime con molta
chiarezza l'ambiguità della situazione e la contraddizione che
ci troviamo ad assumere.
Il puro e semplice autoscioglimento
evidenzierebbe i problemi ma non farebbe un passo verso le possibili
soluzioni.
Non sono date altre forme organizzative
di specifico che possano rappresentare le necessita di cui sopra.
Il continuismo, comunque mascherato,
non farebbe altro che esasperare la sproporzione fra
necessità/desideri e possibilità/realtà.
L'unica strada percorribile è, a
mio avviso (beninteso), quella della rifondazione.
Un'altra domanda.
Può essere, questa,
un'operazione predeterminata? Evidentemente no! Se rifondazione
significasse un semplice maquillage non sarebbe nemmeno il caso di
spendere tanto inchiostro. Se rifondazione significasse cambio degli
accordi politici nel contesto esistente basterebbe un serrato
dibattito sul Bollettino Interno. Se rifondazione significasse un
semplice allargamento della militanza faista non sarebbero questi i
termini per affrontare la questione.
Immagino che a questo punto i compagni
che hanno avuto la bontà di leggere queste righe comincino ad
intuire il tono ed il senso dell'intervento.
La rifondazione della Federazione
Anarchica Italiana passa attraverso un dibattito che non può
coinvolgere solo l'attuale militanza faista ma che deve investire
gioco forza (pena la sua inconsistenza) tutto l'anarchismo
federalista e rivoluzionario. Malatestiano potrei dire, rischiando la
retorica. Segnando in questo un forte elemento di discontinuità
con il nostro recente passato, ponendo le basi per adottare positive
soluzioni.
Rilanciando anche in questo la
propositività e la progettualità anarchica che già
trova significativa presenza nei settori di iniziativa dei compagni:
dall'antimilitarismo al sindacalismo, dall'ecologia al comunitarismo,
dall'internazionalismo alla solidarietà umana e politica,
dall'alternativa alle metropoli a quella alle produzioni di morte.
A rileggerci.
Walter Siri (Bologna)
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