Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 190
aprile 1992


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Il numero dello scorso novembre della rivista americana SPIN (un mensile che, oltre a quelle musicali, affronta regolarmente problematiche sociali e giovanili di un certo spessore, e con un approccio piuttosto "radicale"...), è stato realizzato con la collaborazione attiva di Amnesty lnternational.
Non è la prima volta che la redazione della rivista viene affidata a "esterni" e a "specialisti" di vari settori: alcuni esempi possono essere lo speciale dedicato alla nuova cultura nera diretto da Spike Lee (Ottobre '90) e quello sulla situazione universitaria redatto con gli studenti dell'Università del Missouri,
Columbia (Marzo '91). Non che SPIN sia una testata particolarmente rivoluzionaria, intendiamoci: ripeto, è una pubblicazione "regolare", a suo modo molto impegnata e combattiva. Il target è il pubblico giovanile americano, fette sociali di studenti, "artisti" e "creativi" interessati a discutere di tutto (AIDS, rap, obiezione di coscienza, heavy-metal, radio indipendenti, rock'n'roll, etc.).
Il lato positivo della faccenda è che SPIN, che arriva piuttosto regolarmente anche qui in Italia nelle edicole delle stazioni, porta con sé notizie, informazioni e frammenti che raramente trovano spazio (in forma tradotta) nelle corrispondenti riviste musicali e giovanili tricolori: in questo modo sembra che esistano (sto esagerando) solo i musicisti che si ammirano nei videoclip su Videomusic e MTV e che le battaglie siano solo quelle per arrivare, se non proprio nei Top 20, almeno a Superclassifica Show.

L'indipendenza dei r.e.m. e dei litfiba

Mentre noi magari ci preoccupiamo della "lotta" per l'indipendenza di gruppi musicali come R.E.M., Sonic Youth, Soundgarden, Litfiba, o gli ultimissimi arrivati Nirvana (quelli di Seattle, non quelli omonimi di Los Angeles, che hanno intentato loro causa per "violazione di copyright"), informazioni
sotterranee che neanche ci sfiorano per radio raccontano di gente incarcerata o con la vita distrutta per aver cantato canzoni sgradite al governo del proprio paese.
Sembrano quasi delle brutte fiabe, fatte apposta per fare un po' di paura ai bambini e metterli a letto in compagnia di qualche mostro o spirito inquietante nascosto sotto al letto, eppure nella strada per la libera espressione creativa ed artistica - e restringiamo il campo al solo ambito musicale - non è così
difficile inciampare in qualche disavventura, anche senza andare troppo lontano da casa.
Alcune di queste storie ho potuto quasi "toccarle con mano" nel prendere contatti per "F/Ear this!" e soprattutto per "Voix Vulgaires". Giovani musicisti impegnati, più che a trovare una strada per sopravvivere musicalmente, per assicurarsi un tipo di sopravvivenza culturale ed ideologica in senso più ampio e completo.
I nomi e le storie sono tante, e praticamente nessuna ha - adesso - possibilità concrete di lasciare un qualche segno, magari uno striscìo, una traccia: dal gruppo musicale dell'Appennino Emiliano che non riesce a suonare per via del nome "sgradito" (dicono che le uniche occasioni per "uscire allo scoperto" nella loro zona siano le Feste dell'Unità...), o musicisti come i Black Bird, cinesi di Hong Kong, che hanno cancellato all'ultimo momento il loro tour in Europa, a cui lavoravano da oltre un anno, perché
improvvisamente era "importante restare a casa" al momento dei tragici fatti di Tien An Men.
Ancora, da non dimenticare - per elencare giusto un paio tra i "casi storici" - i lunghi processi che hanno
portato, in Inghilterra ed in California rispettivamente, alla forzata sospensione delle attività di voci libere e indipendenti come quelle dei Crass e dei Dead Kennedys. Al confronto, i processi per "oscenità" intentati negli stessi paesi contro i gruppi rap 2-Live Crew e N.W.A. (entrambi con le spalle ben coperte da case discografiche potenti...) sono rientrati, al di là del puro e semplice fatto di cronaca e di costume, nelle strategie degli uffici di pubbliche relazioni e pubblicità dell'industria musicale.

Il popolo di plastica

"... La musica è un messaggero, poiché il cambiamento si può scolpire più velocemente nel rumore di quanto non riesca a trasformare la società. Ascoltare la musica è ascoltare tutto il rumore, e rendersi conto che la sua appropriazione e controllo sono un riflesso del potere, che è essenzialmente politico...").

Jacques Attali, "Noise"

Settembre 1 976, Cecoslovacchia: processo contro il popolo di plastica. Plastic People era il nome di un gruppo rock underground di Praga, con un seguito di giovani fans, musicisti, poeti, artisti e scrittori. Il sassofonista del gruppo venne accusato di "disturbare la pace" in un processo che lo accomunava, sul palco degli imputati, ad un cantante folk e ad un membro di un gruppo punk locale denominato DG3Ø7. Vaclav Havel, presente a quel processo, allora era solo uno scrittore pressoché sconosciuto, oltre che ammirato ed amico dei Plastic People, coi quali condivideva la passione per i Velvet Underground e per Andy Warhol.
I Plastic People, per loro stessa ammissione, non erano un gruppo musicale politico. Non interessavano
loro mutamenti politici o sociali: "... Se i comunisti ci avessero lasciati in pace, non saremmo stati infelici...". Milan Hlavsa, bassista e membro fondatore del gruppo, dice che: "... I Plastic People erano dei dissidenti contro la propria volontà...".
Sulla nota di presentazione scritta sulla copertina del debut-album dei Plastic People, a proposito di quel processo Havel scrive della scoperta di una verità politica essenziale: "... Che cosa sarebbe dovuto essere l'accusatore? Senza dubbio, un portavoce giusto, un custode degli interessi della società in grado di dimostrare efficacemente l'offensività del lavoro creativo degli imputati, la sua volgarità, immoralità ed impatto antisociale...".
Il processo, invece, rivelò gli accusatori quali "...simbolo di un potere gonfiato e austero che perseguitava tutto ciò che non riusciva ad includere nella propria sterile concezione della vita, tutto ciò che è insolito, spontaneo , azzardato. Tutto ciò che e diverso da se stesso. (...) La voce ufficiale del mondo della manipolazione spirituale e dell'opportunismo diffuso, della sterilità emozionale, della banalità fondamentale e della santimonia morale. (...) In breve, la rappresentazione del mondo dei padroni...".
Secondo Havel, padroni sono i detentori del potere "...che danno voce a stereotipi religiosi, liberali, patriottici o socialisti...". Padroni "...che hanno sempre tentato di trasformare gli artisti in servi, e contro i quali gli artisti sempre hanno opposto la ribellione o, se non altro, la derisione...".
I Plastic People furono giudicati colpevoli, e i vari componenti del gruppo condannati da nove mesi a tre anni di carcere. Nonostante questo, riuscirono a continuare clandestinamente l'attività musicale, e riuscirono a registrare due dischi in uno studio improvvisato nella casa dello stesso Havel.
Novembre 1989: tredici anni dopo il processo, Havel - più volte imprigionato - è presidente nella nuova repubblica di Cecoslovacchia, e firma la presentazione di "City of hysteria", il debut-album di Pulnoc (ex Plastic People of the Universe), il primo gruppo rock dell'Europa dell'Est messo sotto contratto da una grossa etichetta discografica occidentale.
Gennaio 1992: Washington, USA. Il segretario di stato americano James Backer ha chiesto al presidente
cecoslovacco Vaclav Havel di rinunciare a nominare il musicista rock americano Frank Zappa ambasciatore speciale di Praga per il commercio, la cultura e il turismo. Motivo della richiesta di Backer
sarebbe un vecchio litigio tra sua moglie e il noto musicista: la signora Susan Backer aveva infatti lanciato una campagna per moralizzare il rock, e in tutta risposta Frank Zappa l'aveva definita in pubblico "un'annoiata casalinga di Washington" (dal quotidiano La Repubblica).


Il "lieto" fine?

Il rock sperimentale e bizzarro dei Plastic People può essere considerato la colonna sonora del cambiamento in Cecoslovacchia. In Cile, il cambiamento politico era scritto nelle canzoni folk - così appassionate e poetiche - di Victor Jara, un cantautore vittima nel 1973, assieme ad altre migliaia di oppositori politici rinchiusi in uno stadio di calcio, del regime militare. Diciassette anni più tardi, proprio negli ultimi istanti di vita di quello stesso regime, e in quello stesso stadio, si è tenuta una manifestazione-concerto organizzata da Amnesty International.
Nello Zimbabwe, negli anni Settanta Thomas Mapfumo fu l'ideatore di un nuovo stile musicale, denominato
"chimurenga": una fusione sintetica ed elettrica di musica popolare Zairese, reggae giamaicano e musica
tradizionale Zulu che presto assunse forti connotati politici d'indipendenza e opposizione al regime della minoranza bianca al potere.
La musica venne presto bandita, e Mapfumo incarcerato, ma nel 1980 avvenne la rivoluzione.
Il "lieto" fine nelle lotte per la libertà d'espressione artistica, ovunque nel mondo, può però trarre in inganno. La libertà d'espressione è qualcosa che si deve conquistare continuamente. Dopo il crollo del comunismo nell'Europa dell'Est e nell'Unione Sovietica, non vengono più utilizzati gli stereotipi socialisti per giustificare gli attacchi alla libertà d'espressione.
Citando Havel, i padroni si servono di stereotipi liberali, religiosi e patriottici per trasformare in silenzio il rumore che temono: i termini e le argomentazioni utilizzate nel processo contro i Plastic People (Praga, Cecoslovacchia - 1976) sono esattamente quelli utilizzati nel processo contro il gruppo rap 2-Live Crew (Miami, Florida - 1990).
Del resto, questa è una vecchia storia. Andando indietro, indietro nel tempo, ci si può soffermare sulle persecuzioni medievali contro i cosiddetti "accordi del demonio", o a Platone e alla messa al bando di certe armonie e strumenti.
Il linguaggio del padrone non è cambiato nei secoli: il vocabolario dei censori è fatto di parole come "immorale", "antisociale", "osceno", "sovversivo", "satanico"...
(1 - continua)