Se i Plastic People furono coinvolti loro malgrado in disavventure censorie e guai con i tribunali
cecoslovacchi
pur senza caratterizzare la propria produzione musicale in senso esplicitamente politico, Cui Jian, la più
popolare rock-star cinese degli ultimi anni, amava invece dare una certa colorazione di impegno sociale alle sue
canzoni.
Tradizione e
rinnovamento Nato nel 1961 e cresciuto a Pechino durante
gli anni della rivoluzione culturale, quando le forme d'arte venivano
generalmente considerate con sospetto, Cui Jian iniziò l'attività di cantante di musica leggera
all'inizio degli anni
Ottanta. Confuso nella miriade di interpreti di canzoni e melodie moderne in voga in quella parte del mondo,
Cui Jian divenne improvvisamente famoso in tutta la Cina per la sua partecipazione al grande rock festival
cinese, a Pechino nel 1985. La sua canzone "Yi Wu Suo you" (Non ho più niente), un testo
malinconico che racconta di un ragazzo deriso
dagli amici per un amore non corrisposto, divenne popolarissima. E' tradizione per i cinesi dare alle canzoni
d'amore un'interpretazione anche in senso politico, e "Yi wu suo you" divenne presto l'inno dei giovani cinesi
insofferenti alla mano pesante del governo. Le idee musicali di Cui Jian erano innovative e viaggiavano alla
pari con il suo orientamento politico: un certo
gusto "occidentale" negli arrangiamenti e la freschezza e lo stile impegnato dei testi contribuirono ad aumentare
la popolarità del giovane cantante. Cui Jian formò un gruppo, una vera rock band chiamata
Ado, riunendo alcuni musicisti dei Jazz café di Pechino:
un bassista ungherese di nome Balasz e un chitarrista del Madagascar di nome Eddie, un percussionista ed un
sassofonista cinesi. La miscela di musica orientale ed occidentale proposta da Ado era del tutto inedita per i
giovani cinesi. Col suono delle chitarre elettriche fuso a quello di strumenti appartenenti alla tradizione
popolare cinese
venivano proposte composizioni del gruppo e covers di brani dei Talking Heads e dei Police, giunti in Cina
tramite le stazioni radio di Hong Kong e di Taiwan. Solo in alcune delle canzoni di Cui Jian venivano fatti
degli espliciti riferimenti politici. In una di queste
intitolata "Il rock'n'roll della nuova Lunga Marcia", si canta di uno dei punti di riferimento della rivoluzione
comunista cinese: la Lunga Marcia "originale" di Mao Tse Tung del 1934-35, in rapporto alla cosiddetta "Nuova
Lunga Marcia", cioè le riforme economiche promosse nel 1978 dal governo cinese. Nel testo di
questa canzone, Cui Jian racconta di se stesso e del suo popolo in cammino. Un lungo viaggio
attraverso mille difficoltà, una "Lunga Marcia" intrapresa senza conoscere la meta, col sospetto che la
meta non
esista: "(...) Non so dove vado, non lo sanno i miei compagni, ma sto zitto e continuo ad andare
avanti..". Nel 1987 Cui Jian venne allontanato dal proprio posto di lavoro perché considerato "un
perditempo che indulge
alla musica leggera": un veterano comunista aveva protestato presso il partito contro la sua versione di
"Nanniwan", un inno rivoluzionario degli anni '30 riproposto da Cui Jian e Ado in chiave rock, una versione
ritenuta "sacrilega". Dopo questo episodio, sono stati vietati tutti i concerti di Cui Jian in Cina. Nella
primavera del 1989, gli studenti riuniti nelle assemblee nelle università cantavano abitualmente "Yi wu
suo you" per protestare contro il rifiuto al dialogo delle autorità del governo cinese. Un gruppo rock
di nome Mayday cantò questa canzone il 20 Maggio 1989 in piazza Tien An Men. A Cui Jian
è tuttora impedita qualsiasi attività artistica ed apparizione in pubblico. Nell'estate del 1990
alcune sue esibizioni sono state vietate dalle autorità cinesi "per motivi di ordine pubblico", più
verosimilmente per impedire che i concerti potessero in qualche modo essere veicolo di proteste
giovanili. Lo scorso anno, la polizia gli ha impedito persino di cantare per alcuni amici stranieri in visita
in Cina : "...L'arte e la cultura sono un lago" - ha allora dichiarato Cui Jian - "e la politica è come una
barca sopra a quest'acqua. Non mi preoccupo neanche per un solo momento della possibilità che
la barca affondi. Io sono attratto
dall'acqua. La barca deve tener l'acqua in grande considerazione...".
Libertà politica, libertà dalla
politica Nelle società comuniste, dove lo stato
tende a politicizzare tutti gli aspetti della vita, la libertà di espressione
spesso è sinonimo di "libertà dalla politica" cioè libertà di fare dell'arte fine
a se stessa.
Negli stati autoritari, la libertà d'espressione acquista significato nel momento in cui, proprio tramite,
si
auspicano cambiamenti sociali: libertà d'espressione equivale quindi a libertà di fare dell'arte
in senso
specificatamente politico.
Guatemala, anni Ottanta. Per il gruppo musicale-teatrale Dos Que Tres, espressione artistica ed impegno politico
e sociale erano un tutt'uno.
I lavoratori dello stabilimento della Coca Cola di Guatemala City erano riusciti ad organizzarsi sindacalmente
solo alla fine degli anni Settanta. Il segno di benvenuto della Coca Cola fu l'uccisione misteriosa di sette operai
e l'altrettanto misteriosa sparizione di altri quattro.
Tra il 1984 e il 1985 lo stabilimento venne occupato per 376 giorni dai lavoratori in sciopero: alla fine, la
compagnia fu costretta al riconoscimento ufficiale del sindacato, che in breve, divenne un punto di riferimento
fondamentale per lo svilupparsi di altre esperienze sindacali in altri settori economici del paese.
Dos Que Tres si formò a Guatemala City proprio in questo periodo: alcuni operai della Coca Cola
formarono
un gruppo musicale e teatrale come occasione di presa di coscienza.
Le canzoni e le parodie cabarettistiche del gruppo satireggiavano volentieri sui politici corrotti e gli alti gradi
dell'esercito guatemalteco, oltre a diffondere messaggi di solidarietà sindacale.
I problemi iniziarono nel 1989. All'uscita di uno spettacolo avvenne una sparatoria in cui ci furono dei feriti.
Un membro del gruppo, Fladio Pantaleon, fu colpito in modo particolarmente grave. Secondo il rapporto di
Americas Watch (un'organizzazione di difesa dei diritti civili con sede a Washington), a sparare furono armi
in esclusiva
dotazione all'esercito guatemalteco.
Poche settimane più tardi, Rolando Pantaleon (fratello di Fladio e membro fondatore di Dos Que Tres
) venne assalito da tre uomini mascherati, picchiato e fatto salire a forza su di un'auto. Il suo corpo venne
ritrovato quella
stessa sera e presentava evidenti segni di tortura. Ad ammazzarlo, quattro pallottole nella testa.
Nonostante le proteste, anche a livello internazionale (tra cui una petizione firmata da settanta attori e registi
di cinema e teatro americani indirizzata al presidente del Guatemala, che giace ancora senza risposta ) nessuna
indagine è stata ancora intrapresa. I restanti membri di Dos Que Tres hanno lasciato clandestinamente
il paese,
e vivono tuttora in esilio.
Il poeta del popolo
Arte e politica sono inestricabilmente connessi anche per
Mzwakhe Mbuli, dub-poet sudafricano, nato alla fine degli anni Cinquanta a Sophiatown, e costretto, assieme
alla famiglia e a migliaia di altri sudafricani neri,
all'esodo nel ghetto di Soweto nel 1976. Il suo debutto come poeta avvenne nel 1981 in occasione del
funerale di un amico. I funerali, allora, erano
l'unica occasione legale di riunione pubblica per i neri. Mzwakhe Mbuli, per la tenacia del suo impegno contro
la segregazione razziale, venne chiamato "il poeta del popolo". La sua voce si scagliava senza sosta contro
l'apartheid: le sue parole viaggiavano di bocca in bocca, scritte sui muri delle case, su cartelli e striscioni
improvvisati: "...Questa non è poesia per riflettere, descrivere, o commentare: questa poesia serve per
agire!". Bandito nel 1985, Mzwakhe Mbuli entrò in clandestinità, fuggendo di casa in casa
per tre anni. Con l'aiuto di
un amico musicista sudafricano bianco - in seguito arrestato, processato e condannato a una lunga reclusione
- registrò di nascosto l'album "Change is pain", immediatamente posto sotto censura e bandito dal Sud
Africa:
essere trovati in possesso di quel disco costituiva un crimine gravissimo, punibile con la reclusione fino a dieci
anni e una multa sino a 10.000 dollari. Mzwakhe venne arrestato nel 1988 e messo in una cella
d'isolamento. Gli vennero negate carta e penna per tutto il periodo di detenzione. Al suo rilascio riuscì
a registrare di nascosto un secondo disco "Unbroken spirit" che vendette in clandestinità oltre 25.000
copie. Nel marzo 1989 Mzwakhe Mbuli venne di nuovo arrestato, stavolta con l'accusa di essere stato
trovato in
possesso di bombe a mano. Dopo oltre un anno di detenzione subì un processo alla fine del quale venne
completamente scagionato dalle accuse e rimesso in libertà. Alcuni suoi testi sono stati utilizzati
anche da gruppi rock afrikaaners antiapartheid. Nel 1990, una
manifestazione concerto di alcuni di questi gruppi musicali venne vietata dalle autorità sudafricane. Una
colossale campagna di stampa denigratoria ("...musica volgare e satanica..", musicisti accusati di "...bere sangue
umano..." e addirittura di "...sacrifici umani...",) portò all'annullamento del concerto e si estese al
divieto di
manifestazioni musicali organizzate dagli studenti delle università sudafricane. Restano tuttora in
vigore le disposizioni censorie del governo sudafricano in materia artistica. La legge n.42 del
1974 sancisce l'obbligo di sottoporre a una commissione statale giornali, filmati, dischi e qualsiasi altro
"oggetto" di intrattenimento. Il paragrafo introduttivo di detta legge dispone che l'ottica di esame sia "...la
salvaguardia dell'impostazione
cristiana della vita degli abitanti del Sudafrica...", e che venga istituito un certo numero di commissioni (di
nomina rigidamente controllata dal ministero dell'interno) attraverso le quali venga accertata "l'integrità
morale"
delle opere d'arte. Dal 1 Aprile 1975, data dell'entrata in vigore della legge, è stata respinta la
diffusione in territorio sudafricano
del 60% circa dei materiali presi in esame, con motivazioni variabili dalla presunta oscenità o
immoralità
all'essere "ritenuto pregiudizievole per la salvaguardia dello stato, del benessere generale, della pace e
dell'ordine". Tra le lame delle forbici dei giudici sudafricani sono cadute, tra le numerose altre vittime,
"Jesus Christ
Superstar", Donna Summer, l'Illustrated Rock Almanac, John Lennon e Yoko Ono, "The wall" dei Pink Floyd,
Frank Zappa, i Roxy Music (le copertine dei loro dischi sono state ritenute "inaccettabili"), i Crass, la rivista
inglese The Face e, ovviamente, Peter Gabriel. Le informazioni diffuse in questo articolo sono tratte
dalla rivista americana Spin, dagli Amnesty lnternational
Reports , dalle riviste inglesi The Face e Re Records Quarterty, dalla rivista italiana Musiche.
(La prima parte di questo articolo è stata pubblicata sullo scorso numero)