Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 191
maggio 1992


Rivista Anarchica Online

Una giornata importante
di Maurizio Antonioli

E' uscito recentemente, per i tipi di Piero Lacaita Editore, il volume del nostro collaboratore Furio Biagini "Il Risveglio" (1900-1922) - Storia di un giornale anarchico dall'attentato di Bresci all'avvento del fascismo. La prefazione al volume (pagg. 187, lire 15.000) è dello storico Maurizio Antonioli. Eccola.

"Il Risveglio" di Ginevra non può vantare nell'ambito della pubblicistica anarchica di lingua italiana il primato della longevità. Pur trascurando l'attuale "Umanità nova", i suoi quarant'anni sono superati dal cinquantennio scarso dell'"Adunata dei refrattari". Ma certamente nessun'altra pubblicazione libertaria riuscì, e riesce ancor oggi, all'occhio del ricercatore, a rappresentare meglio il percorso storico dell'anarchismo lungo il quarantennio che, grosso modo, va dall'attentato di Bresci all'ingresso dell'Italia nel secondo conflitto mondiale. Un lungo arco cronologico che racchiude l'età giolittiana, la prima guerra mondiale, il biennio rosso, il fascismo, la guerra civile spagnola, e così via, e nel quale il movimento anarchico italiano si trovò ad affrontare un dibattito politico, interno ed esterno, attorno a temi come l' organizzazione specifica, il sindacalismo rivoluzionario, l'interventismo e l'internazionalismo, la rivoluzione russa, il bolscevismo, il fascismo e l'antifascismo, l'esperimento rivoluzionario in Spagna. Le pagine del "Risveglio" seguono le tappe della vicenda di un movimento antagonista, o almeno di una parte importante di esso, che proprio nel suo porsi come alternativa radicale al dato politico esistente trovo la propria ragione di essere, pur sfiorando a volte, nella sua rigida coerenza, le rarefatte atmosfere della astoricità o, per usare un'espressione di Marianne Enckell, della "antistoricità".
Come è noto "Il Risveglio" visse sempre, dal primo all'ultimo numero, in coabitazione con un'edizione francese, che come ben chiarisce Biagini non costituì una semplice versione delle pagine italiane, ma una voce diversa, destinata ad altro pubblico e ad altri interlocutori, un ponte verso la Francia come "Il Risveglio" lo era verso l'Italia. Lo si vide chiaramente nel 1907-08 quando in coincidenza e dopo il congresso di Amsterdam "Le Reveil" ospitò articoli di Dunois d'impronta fortemente sindacalista, nei quali si polemizzava con l'anarchismo "puro" di Malatesta. Con questo non si vuol dire che esistessero dissonanze di fondo tra l'edizione italiana e quella francese. Nel caso specifico la posizione di Jean Wintsch, che curava l'edizione francese, o quella di Luigi Bertoni, factotum di quella italiana, erano sulla medesima linea, una linea intermedia tra i francesi e Malatesta, aperta alle sollecitazioni sindacaliste ma tesa comunque a salvare la specificità dell'anarchismo. Questa consonanza di vedute si esplicitò ancora chiaramente tra la fine del 1913 e gli inizi del 1914. Di fronte al tentativo dei sindacalisti francesi, sorretti da James Guillame, il vecchio internazionalista amico di Bakunin e animatore della Jurassienne, di sostituire ad un "ideale" anarchico, considerato ormai fuori dalla storia, la realtà viva e dinamica del sindacalismo rivoluzionario, di vedere nella CGT francese l'erede della vecchia lnternazionale antiautoritaria, furono proprio Wintsch e Bertoni, questa volta accanto a Malatesta, ad insorgere polemicamente in difesa dell'"ideale".
Solo lo scoppio della guerra incrinava questa compattezza. Mentre Wintsch accoglieva le sollecitazioni pro-Intesa di Kropotkin e di Guillaume, Bertoni, che si accollava il compito anche delle pagine di lingua francese (anzi per un certo periodo "Il Risveglio" italiano non uscì neppure), rimaneva a difendere l'originario nucleo internazionalista dell'anarchismo. Questi brevi cenni ci permettono di capire da un lato il ruolo di Luigi Bertoni, a cui Biagini dedica pagine significative, nella vita del giornale, dall'altro il senso dell'affermazione sull'antistoricità del "Risveglio". Dire "Risveglio" voleva dire allora, ma vuol dire anche oggi per gli storici, Luigi Bertoni. Una storia del periodico ginevrino non può prescindere dalla vicenda personale dell'anarchico ticinese. Se infatti Bertoni non fu l'unico e, agli inizi, neppure il principale promotore del "Risveglio" ben presto ne diventò non solo il redattore, ma anche il compositore, l'amministratore, lo spedizioniere, ecc. E questo per quarant'anni. Tanto che a volte viene da pensare se avrebbe senso una biografia di Bertoni che non fosse, come ha fatto in parte Biagini, una biografia del giornale. La figura di Bertoni sembra quasi annullarsi, perdersi nelle colonne del "suo" Risveglio. La dimensione pubblica sembra assorbire totalmente quella privata. Una vita per la propaganda anarchica, regolata dal ritmo quindicinale (salvo pochi anni di cadenza settimanale) del periodico. Qualche pausa estiva, dedicata a giri di conferenze, un impegno totale che non sembra avere uguali nella sua metodicità esemplare. Il tutto, come detto, senza soste, senza particolari ripensamenti, senza vistose correzioni di rotta e senza apparenti crisi. Difficile trovare, anche tra gli anarchici più noti, un personaggio che gli rassomigli. Malatesta ebbe, o talvolta espresse, crisi di ripensamento tattico, visse in modo forse più drammatico di quanto siamo soliti pensare il dramma della prima guerra mondiale. Fabbri dimostrò più di una volta la sua difficoltà ad accettare la violenza anarchica, gli atti individuali. Borghi oscillò non poco, nel 1920, nei confronti della Russia bolscevica, ora attirato, ora respinto dalla soluzione comunista. Proprio per questo le loro figure hanno una consistenza umana che va al di là di ciò che scrissero. Di Bertoni, della sua vita di "asceta" rivoluzionario, ci rimangono, almeno per ora, solo gli scritti. Tanto e poco nello stesso tempo. E ci rimane soprattutto il senso della "purezza" ideologica, della tenace conservazione di una tradizione che finì, in Bertoni, per vivere di vita autonoma, al di là di coloro che l'avevano formata, fossero i Proudhon, i Bakunin, i Kropotkin. Pur sensibile alle novità e sempre pronto a percepire i mutamenti storici, Bertoni non ebbe mai la tentazione di "rinnovare" in qualche modo l'anarchismo né sotto il profilo della tattica né tanto meno sotto quello della teoria. E questo non certo per feticismo nei confronti della dottrina né tanto meno di un uomo. L'anarchismo infatti ha avuto molti padri fondatori, ma non si è identificato (e potremmo dire: per fortuna) nel pensiero di un unico filosofo e neppure in un'unica corrente. Non è mai esistito un proudhonismo, un bakuninismo, un kropotkinismo, od un malatestismo. Piuttosto la convergenza dei personaggi citati attorno ad un nucleo di idee - le idee forza dell'anarchismo - finì per creare quel nocciolo duro a cui Bertoni si attenne sempre, indipendentemente dal variare delle condizioni concrete. Certo, questa caratteristica non è tipica del solo Bertoni, ma di tutto l'anarchismo nel suo complesso. Ma in Bertoni e nel "Risveglio" ha connotati più rigidi, più marcati. Il tarlo del dubbio non sembra aver intaccato l'edificio bertoniano. E ciò spiega perché da un lato Bertoni fu così importante all'interno dell'anarchismo elvetico, ma probabilmente anche perché dopo la sua morte quest'ultimo si disgregò abbastanza facilmente in quanto non più sorretto dal suo tenace attivismo. Naturalmente "Il Risveglio" non fu il solo Bertoni, anche se soltanto dopo l'avvento del fascismo, del nazismo, ecc. il giornale diventò una autentica palestra internazionale di dibattito anarchico. E cioè nel periodo non propriamente considerato, se non con brevi notazioni, da Biagini. Nella fase precedente, nonostante le collaborazioni soprattutto italiane, "Il Risveglio" rappresentò un interlocutore importante, ma non centrale, per i movimenti dei paesi limitrofi. E' significativo comunque (forse proprio per questo motivo) che il periodico ginevrino si sia sempre mosso non solo con grande autonomia, ma spesso con notevole anticipo rispetto ai suoi omologhi italiani, tanto per rimanere all'edizione nella nostra lingua. Forse perché attento alle vicende francesi "Il Risveglio" fu uno dei primi a denunciare quella che, nel 1913, venne definita la "rectification du tir" della CGT francese, cioè il presunto ammorbidimento della sua linea rivoluzionaria ed il suo avvicinamento alla SFIO. Sempre nel 1913, mentre molti anarchici italiani preferivano tacere per non incrinare il fronte comune con i sindacalisti nell'Unione Sindacale Italiana, Bertoni attaccava Alceste De Ambris, eletto candidato-protesta in parlamento, paragonandolo, un po' ingiustamente, a Briand. Nel 1917, mentre il Comitato d'Azione lnternazionalista Anarchica, costituito a Firenze, Borghi e l'USI si pronunciavano a favore di un intervento alla "3a Zimmerwald", cioè alla prospettata conferenza di Stoccolma, "Il Risveglio" assumeva una posizione decisamente contraria. Anche nei confronti del bolscevismo Bertoni e il suo giornale furono tra i primi ad assumere un atteggiamento intransigentemente critico. E si potrebbe continuare. Preveggente in molti casi, eccessivamente rigido in altri, "Il Risveglio", o meglio Bertoni, rappresentarono la via maestra di quell'anarchismo che teneva soprattutto, come già detto in apertura, a impedire che l'ideale tradizionale fosse sottoposto a revisioni. Dottrinarismo? Forse. Ma più che altro una coerenza, anche operativa, assoluta, ai limiti appunto dell'antistoria o forse, come ama dire spesso, Nico Berti, "contro la storia". Il lavoro di Biagini, che si articola in particolare attorno a tre tematiche: l'antimilitarismo e la prima guerra mondiale; la rivoluzione russa; l'Italia tra rivoluzione e reazione, ripercorre la storia del giornale dalle origini all'avvento del fascismo, con un'attenzione selettiva che forse trascura eccessivamente le problematiche relative all'organizzazione anarchica e al suo rapporto con il movimento operaio, ma che pone certamente le basi per una più completa conoscenza del movimento anarchico nel suo complesso. Un altro tassello insomma di quella storia, forse minore (ma poi esiste una storia minore?), certo a lungo trascurata, di cui gli anarchici furono protagonisti.