Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

Occhio per occhio
di Marco Serio

Ha una veste moderna, pubblica belle fotografie a colori, è stampato su carta patinata e costa pure poco, l'unico problema è leggerlo: dopo poche colonne ti viene voglia di strapparlo. Cos'è? E' "Lasga Difesa" un mensile destinato ai dipendenti del ministero della difesa, che si occupa non solo di cose militari, ma anche di attualità.
Me ne è capitata una copia tra le mani e, sfogliandola, il mio interesse è stato catturato da un pezzo riguardante l'uso dell'esercito in Sicilia e in Sardegna dal titolo (che è tutto un programma) "Occhio per occhio". In esso sono elencate una serie di proposte circa i provvedimenti che dovrebbero accompagnare l'utilizzo dell'esercito nella lotta contro la criminalità organizzata. Vediamo cosa scrivono i militari: "...se, formalmente le forze armate di uno stato straniero invadessero il territorio nazionale, non avremmo remore (almeno ce lo auguriamo) a dichiararci in guerra con quello stato, a mobilitare, a sparare sul nemico per ucciderlo, per difenderci, per ricacciare i superstiti al di là dei confini. Non si vede perché, allora, essendo oggi, sostanzialmente in guerra contro un nemico che ha praticamente occupato la Sicilia e si sta infiltrando oltre le nostre retrovie, non dovremmo applicare le stesse regole e ricorrere alle stesse difese".
Ancora: "...Preso atto che esiste un codice militare di guerra, che è legge dello stato regolarmente in vigore ed esplicitamente legittimato dall'art. 27 della Costituzione, avere il coraggio di applicare l'art. 5 secondo il quale '...nei casi straordinari, in cui ragioni di urgente e assoluta necessità lo richiedano, può, con decreto del presidente della repubblica, ordinarsi l'applicazione, anche in tempo di pace, della legge penale militare di guerra in tutto il territorio dello stato o in una o più parti di esso'... solo così sarebbe compatibile, giustificata ed utile la presenza dei militari nei territori a rischio. Per inciso, essi sarebbero utilissimi anche nei nostri centri cittadini (il centro storico di Genova, ad esempio) solo che si ripristinasse l'uso delle ronde...".
L'estensore, dopo aver ricordato il testo dell'art. 17 del codice penale militare di guerra ("chiunque compia atti di guerra contro lo stato italiano, senza avere la qualità di legittimo belligerante, è punito con la pena di morte mediante fucilazione"), conclude con la solita retorica militarista: "ormai abbiamo i turchi alle porte, addirittura dentro le mura. Discutere del sesso degli angeli è idiozia masochista. La pietà è vigliaccheria, l'ignoranza è diserzione, l'indifferenza è tradimento".
Un'ultima cosa: bisogna ricordare l'unica nota stonata in questa poco rassicurante prospettiva che è la richiesta di liberalizzazione della droga: essa darebbe, da sola, un colpo fortissimo ai trafficanti rendendo inutili i provvedimenti richiesti. Ma verrà davvero dichiarato lo stato di guerra? Avremo ronde di soldati che girano per le strade? Attraverso il cavallo di Troia della lotta alla criminalità si vuole arrivare a un controllo sociale sempre più capillare?
Queste righe e queste citazioni non vogliono servire a sostenere questa tesi o a negarla, ma a riflettere su un fenomeno che dura da tempo: l'acquisizione, da parte dell'esercito, di un ruolo sempre più importante nella società. Anche se la prospettiva "sudamericana" di cui si parlava non si realizzerà è pur vero che un processo di limitazione e chiusura delle libertà civili è in atto (vedi la legge Jervolino, la legge antisciopero, la legge Martelli ecc.) e, in questo processo, l'esercito è uno strumento utile: ogni volta che esso viene impiegato (in Iraq, Albania, Jugoslavia, Sicilia, Sardegna), oltre al perseguimento degli scopi dichiarati, siano essi la guerra, il soccorso alle popolazioni balcaniche o la lotta alla criminalità, si consegue anche lo scopo di trasmettere alla società la logica autoritaria che lo regge contribuendo a creare un clima sociale che renda più accettabile la restrizione di libertà di cui si parlava.
Ogni volta che un problema viene presentato come un'"emergenza", la sua soluzione appare possibile solo ricorrendo a misure "eccezionali" che i "normali" cittadini non sono in grado di prendere, bisogna quindi affidarsi all'efficienza, alla forza (vera o immaginaria) delle forze armate. Così ognuno viene spinto a non occuparsi più di nessuna questione perché è tutto così complesso che solo lo stato ha gli strumenti e la capacita di intervenire. Se l'esercito, fino a poco tempo fa, era considerato la scuola di gerarchia per eccellenza, ma al contempo un'"entità" parassitaria, incapace di interagire con la società, le cose sono cambiate. Di questo dobbiamo tener conto se vogliamo che la nostra lotta contro l'istituzione militare sia incisiva.
La scelta dell'obiezione totale e la solidarietà verso chi la pratica non si discutono, occorre però trovare nuovi strumenti per sbarrare il passo alla militarizzazione (in senso lato) della società che, sia il ruolo internazionale, sia la situazione interna dello stato italiano (una conflittualità che molti davano per estinta), richiedono. Abbiamo davvero "i turchi alle porte, addirittura entro le mura": bisogna combatterli.