Rivista Anarchica Online
Processo a Peppe Sini
Il cavaliere del lavoro di Catania Mario Rendo, uno dei "quattro cavalieri dell'apocalisse
mafiosa", come li
definì Pippo Fava che poi la mafia uccise, mi ha citato in tribunale e mi chiede un miliardo e
cinquecento
milioni di risarcimento, per aver pubblicato un articolo sul settimanale viterbese "Sotto voce", di cui sono
redattore, articolo che non gli è piaciuto. Nella stessa citazione il cavalier Rendo annuncia di avermi
denunciato
anche per un altro mio articolo apparso sul "Manifesto", ma ignoro ancora quanti miliardi di lire o bruscolini
pensa di chiedermi per quello. Da dove nasce il dispiacere del cavalier Rendo? E perché questo
uomo potente che annotava in cartelline intestate a ministri e parlamentari di far spostare
funzionari sgraditi, o sostenere persone a lui grate, oggi ha bisogno di chiedere a noi un siffatto obolo? Il
dispiacere del cavalier Rendo nasce dall'aver noi scritto e ricordato all'opinione pubblica in quali fatti storici
ed in quali ambienti culturali il cavalier Rendo sia collocato: e questo al cavalier Rendo dispiace,
cosicché ha
pensato di doverci far tacere inventandosi la supertassa sull'informazione. Dispiace al cavalier Rendo che
abbiamo ricordato come Giuseppe Fava lo avesse definito come uno dei "quattro
cavalieri dell'apocalisse mafiosa" e che Fava è stato assassinato dalla mafia. Dispiace al cavalier
Rendo che abbiamo ricordato come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa avesse dichiarato
nella celebre intervista a "Repubblica" del 10 agosto '82 che "oggi la mafia è forte anche a Catania. Con
il
consenso della mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo" e un mese
dopo il generale Dalla Chiesa fu trucidato dalla mafia. Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato
quante e quante pagine che lo riguardano sono contenute nella
ordinanza-sentenza del maxiprocesso alla mafia stesa dal pool antimafia di Falcone e Borsellino; e come ivi sia
una documentazione impressionante di rapporti con elementi legati alla mafia, di come Rendo abbia tentato di
condizionare i pubblici poteri; e sappiamo cosa è accaduto del pool antimafia, e come siano state
troncate le vite
di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato le indagini sui
suoi affari promosse dal giudice Rosario
Livatino, e Rosario Livatino è stato anche lui assassinato dalla mafia (della sua nobile figura è
testimonianza
indimenticabile in un commosso e lucido libro scritto dal prof. Nando Dalla Chiesa). Dispiace al cavalier
Rendo che abbiamo ricordato che il giudice Carlo Palermo lo fece arrestare, e Carlo
Palermo è lo stesso magistrato che subì l'attentato mafioso di Pizzolungo da cui si salvò
a stento e in cui furono
dilaniati una donna e due bambini che l'esplosione ridusse a macchie di sangue, ed irriconoscibile poltiglia.
Possiamo aggiungere che Rendo fu subito rimesso in libertà per pronunciamento del giudice Corrado
Carnevale,
ed anche Carnevale sappiamo chi sia. Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato che il questore
Rossi propose in successivi rapporti
l'applicazione di misure di sicurezza (fino al confino) per lui e per i suoi colleghi cavalieri Costanzo e Graci:
Rossi fu trasferito dalla questura di Catania, e la Procura di Catania tenne nel cassetto i rapporti finché
non
apparvero sulla stampa nazionale, e solo allora ebbe a pronunciarsi, ritenendo di non doverne far nulla.
Possiamo aggiungere che sulla Procura di Catania, l'ambigua collocazione di alcune figure, la
discutibilità di
certe loro scelte, oggi sono noti documenti e giudizi non meno impressionanti di quelli relativi a Corrado
"ammazza-sentenze" Carnevale. Dispiace al cavalier Rendo che abbiamo ricordato i giudizi espressi anche
di recente dal generale della Guardia
di Finanza Pizzuli, il funzionario che quando era a capo del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria in Sicilia
condusse le operazioni che portarono al sequestro di ingente documentazione a carico dei cavalieri, e per il cui
allontanamento Rendo insisteva nei suoi promemoria per i politici; e anche Pizzuli fu trasferito. Dispiace
al cavalier Rendo che abbiamo ricordato le analisi e i giudizi sul suo conto che derivano dalle opere
di alcuni dei principali studiosi e testimoni di cose di mafia. Ma il suo dispiacere nulla cambia della
realtà dei fatti. Ed il suo continuo appellarsi a pronunciamenti
variamente a lui favorevoli in molteplici vicende giudiziarie non mutano la sostanza storica dei fatti da noi citati,
e per ora ci fermiamo qui, rimandando a prossimi interventi la produzione di documentazione ulteriore, sulle
citate e su altre inquietanti vicende. Dispiace infine al cavalier Rendo che per tutto quanto sopra precede
abbiamo espresso il convincimento di
dover contrastare il suo arrembaggio nel tessuto economico dell'alto Lazio, e qui dispiace a noi che il cavalier
Rendo dimostri così poco rispetto delle facoltà logiche altrui. E dimostri tanta dabbenaggine
- la chiameremo
così - da pensare di metterci a tacere facendo la voce grossa e minacciandoci con citazioni in tribunale,
a suon
di risarcimenti miliardari. Lo diceva Zola, al tempo dell'affare Dreyfus: la verità è in
marcia, e niente potrà fermarla.
Peppe Sini (Cura di Vetralla)
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