Rivista Anarchica Online
Soli senza reagire?
Dopo la fine della II guerra mondiale l'antisemitismo sembrava ormai un fenomeno
scomparso, ed in tutta
Europa si manifestavano sentimenti di solidarietà nei confronti degli ebrei. Non mancavano qua e
là sporadiche
manifestazioni antigiudaiche, ma, nel complesso, gli antisemiti non osavano parlare, impediti dall'orrore che
suscitava l'ampiezza del genocidio nazista. Sicuramente l'olocausto - uso questo termine anche se preferisco
quello di sterminio; olocausto implica una partecipazione attiva del soggetto che in questo caso non c'è
stata
- è stato il fattore che più aveva contribuito al declinare del tradizionale antisemitismo
perché aveva assunto
per tutti un significato universale: per la prima volta, nella storia dell'umanità, un popolo, con la sua
cultura
e le sue tradizioni, era stato distrutto in modo scientifico e sistematico. Una perdita immensa per l'Europa ed
il mondo. Nei campi di sterminio erano stati distrutti una generazione di grandi talenti morali ed intellettuali,
erano state eliminate dal futuro dell'Europa riserve decisive di intelligenza, di talento politico; enormi
potenzialità fisiche e mentali erano state annientate. Ma l'antisemitismo, che sembrava scomparso o
circoscritto
a frange marginali di fanatici politici o religiosi, è ricomparso come fenomeno diffuso dalla Russia
agli Stati
Uniti. Il crollo dei sistemi e delle ideologie, il decadere della fede religiosa in una vuota convenzione,
l'improvvisa
mancanza di valori positivi, l'attuale senso di smarrimento, la crisi economica, la paura della miseria, il timore
che la massiccia immigrazione dai paesi ex-comunisti o extra-europei costituisca una minaccia al tenore di vita
o al posto di lavoro, sono sicuramente fra le cause di una sua ripresa. L'Europa laica e illuminista è
percorsa
nuovamente da politiche violente e brutali e riappaiono le fantasie di cui era letteralmente ossessionata la
sensibilità occidentale, che credevamo definitivamente dimenticate. Lo stupore che proviamo di fronte
al
risorgere del pregiudizio antiebraico è dovuto al fatto che ci eravamo dimenticati di quanto vi fosse di
antisemita nella cultura europea. La relativizzazione del nazionalismo e la banalizzazione, quando
addirittura la negazione, dello sterminio,
operata da quella corrente storiografica che è conosciuta come la scuola revisionista, ha contribuito
parimenti
al revival neo-nazista. Il revisionismo storiografico dei Faurisson, dei Nolte, degli Irving, i quali sostengono
che le camere a gas non sono mai esistite e che l'olocausto è una invenzione degli ebrei, è
servito a negare la
storia, ad annullare il senso di colpa ed a superare la sindrome dello sterminio che tanti problemi morali aveva
creato all'Europa cristiana. E particolarmente esposti a queste teorie sono soprattutto le giovani generazioni,
cresciute lontane dagli anni del nazismo, o chi non ha letto o non si è mai documentato. Per coloro che
non
hanno assistito, anche indirettamente, all'esperienza reale di quell'orrore, lo sterminio può non sembrare
possibile, ed il pericolo che rappresenta la storiografia revisionista sarà ancora maggiore quando l'ultimo
superstite di Auschwitz sarà morto. È necessario conservare la memoria di quanto
è accaduto per impedire che questo si ripeta. Non si possono
poi tacere le responsabilità che anche una certa sinistra ha, o ha avuto, nel generare sentimenti
antiebraici. In
seguito a campagne mass-mediatiche politico-ideologiche in funzione filo-araba, si è infatti ingenerato,
in
settori non trascurabili dell'opinione pubblica, uno stato d'animo di ostilità verso Israele che per
proprietà
transitiva si è esteso a tutto l'ebraismo. Anche in questo caso i vecchi stereotipi e i logori pregiudizi
negativi
mai del tutto cancellati, resti del millenario antigiudaismo religioso, si sono fusi con quelli dell'antisemitismo
razzistico, che si pretendeva scientifico, e con l'antisionismo, che molto spesso non è altro che
antisemitismo
mascherato. In questo caso la sinistra riprendeva e faceva propria la campagna di demonizzazione lanciata
contro Israele dall'apparato propagandistico sovietico soprattutto dopo la guerra del 1967. La sinistra, in
particolare quella marxista, ha infatti condiviso la forte ostilità dell'Unione Sovietica nei confronti
degli ebrei.
Questo atteggiamento antiisraeliano è dovuto anche alle scelte che alla fine degli anni Sessanta
compivano le
nuove generazioni dell'Occidente. Per definire la propria identità, in un momento di crisi della
società del
benessere, consistenti settori giovanili sceglievano referenti terzomondisti, sposavano dottrine lottarmatiste
e adottavano nuovi miti i cui simboli furono inizialmente Che Guevara e più tardi Yasser Arafat e
George
Habash. Inoltre in questa ottica Israele e gli ebrei vengono associati con la società democratica
tradizionale
e borghese e con gli Stati Uniti. La nascita di una patria ebraica in Palestina ha provocato dunque,
contrariamente alle intenzioni dei suoi fondatori, un forte movimento antisionista e una nuova ondata di
antisemitismo, che nelle forme a noi note ha contagiato anche i paesi arabi. Antisemitismo e problema
mediorientale hanno camminato in tutti questi anni di pari passo, influenzando profondamente l'inconscio degli
italiani. Purtroppo gli effetti di tutti questi fenomeni sono sotto gli occhi di tutti. Sempre più spesso
svastiche
ed altri macabri simboli sono stati dipinti sui muri delle sinagoghe, delle scuole e dei negozi ebraici, sono stati
profanati cimiteri e sempre più spesso membri di comunità ebraiche hanno subito minacce ed
aggressioni.
Inoltre, accanto al riacutizzarsi del pregiudizio antiebraico, si sono verificati gravi episodi di intolleranza nei
confronti di immigrati provenienti da paesi extraeuropei oppure verso gli zingari, troppo spesso minacciati di
venir cacciati in massa da questo o quel paese. Le statistiche poi parlano chiaro: più del 40% degli
italiani odia gli zingari e gli extracomunitari e un 10% si
dichiara decisamente antisemita (una cifra questa che ritengo sbagliata per difetto). Come sessanta anni fa il
"diverso" è ancora una volta la causa dei nostri mali, delle nostre difficoltà, delle nostre paure.
Certo non siamo
nel 1932, vigilia dell'ascesa al potere dei nazisti, ma questi episodi sono ugualmente un segnale preoccupante
e l'antisemitismo, le spinte xenofobe, l'intolleranza verso i "diversi" vanno combattuti sul nascere e da tutti,
nessuno escluso, perché rappresentano una minaccia per l'intera collettività. La storia ce lo
ha insegnato che
il razzismo, l'intolleranza, la discriminazione di qualsivoglia minoranza, è un pericolo per la
libertà e la
democrazia. La nostra funzione, non solo di anarchici, ma soprattutto di uomini civili, è quella di
vigilare e
di ricordare affinché quanto accaduto un tempo non si debba mai più ripetere. Bisogna
combattere l'ondata
xenofoba e neo-nazista più di quanto non si è fatto sinora. La cosa più preoccupante
è che di fronte alla
violenza dei gruppi neo-nazisti - un problema che dovrebbe attenere all'ordine pubblico - gli ebrei siano ancora
una volta soli mentre la maggioranza sta a guardare senza reagire. Nous sommes tous
juifs-allemands, siamo
tutti ebrei tedeschi, gridavano gli studenti sulle barricate del maggio francese, facciamo in modo che il
significato di quelle parole sia ancora presente ed attuale.
Furio Biagini. (Pistoia)
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