Rivista Anarchica Online
Non accetterò mai
di Dino Davide Taddei
Al Distretto Militare di Milano Alla Procura Militare di Padova Al Comandante
della Caserma
Ricevuta in data 27 novembre 1992 vostra comunicazione di presentarmi il giorno 11 dicembre 1992, a
Venezia
Lido per essere inquadrato nell'ente addestrativo lagunari "truppe anfibie", debbo comunicarvi la mia
indisponibilità a compiere il servizio militare o qualsiasi altro servizio sostitutivo. La mia coscienza
di uomo mi impedisce di accettare che lo stato, con mezzi coercitivi, possa decidere di un anno
della mia vita, ancor più uno stato nel quale io non mi riconosco ed al quale non ho sottoscritto nessun
contratto
sociale o delega di sorta. Non mi sento nel dovere di difendere nessuna riga tracciata sulla carta geopolitica col
sangue di milioni di vite spezzate in nome dell'imperialismo, del militarismo, di interessi particolari e soprattutto
dell'irrazionalità. In particolare l'esercito rappresenta in modo esplicito e concentrato tutto ciò
che questa società
può produrre di negativo. Partiamo dal mito storico, vero humus alla cultura militarista (non esiste
paese italiano che non abbia un
monumento alle nostre glorie patrie, fin dalle elementari veniamo bombardati da stucchevoli aneddoti che
spaziano dalla piccola vedetta lombarda, agli eroi del Piave, ai poveri alpini sul Don); si instilla nelle menti
ancora
acerbe la certezza della necessità di un esercito e che, guarda caso, il nostro in particolare, si è
sempre trovato
agnello tra lupi; omettendo il fatto che dal 1848 ad oggi le vostre forze armate sono sempre state dalla parte
dell'aggressore e, per capirci meglio, parlo di tre guerre di indipendenza (nella seconda si è fatto di tutto
per essere
aggrediti), la presa di Roma, le guerre coloniali, l'occupazione di Corfù, l'Etiopia, la Spagna e due
guerre
mondiali. Certo, oggi il ministero della guerra si chiama ministero della difesa (esiste per caso un Tornado
ad uso aggressivo
ed uno ad uso difensivo?) ma il buon Gian Battista Vico mi mette in guardia dai ricorsi storici. Così se
oggi
difficilmente (speriamo!) i cannoni aprirebbero il fuoco su chi protesta come fece il carnefice Bava Beccaris,
ciò
non toglie che l'esercito italiano venga sempre più usato a scopi di repressione interna come in modo
eclatante
è stato dimostrato con la militarizzazione di intere regioni (Sicilia, Sardegna e l'Aspromonte calabrese);
che
sinistramente i soldati italiani si riaffacciano nel palcoscenico di misfatti precedenti non ancora cicatrizzati quali
l'Albania, i Balcani e la Somalia; che il nuovo corso interventista inaugurato con il Libano e con il progressivo
potenziamento dell'apparato militare ci ha portato a vere azioni belliche quali la guerra chirurgica del Golfo
(probabilmente il bisturi ci è scappato un po' di mano... 200 mila morti.. il buon senso ci dice ancor
prima della
ragione che questo si chiama genocidio di massa più che guerra). Chiaramente oggi le classi
dominanti di cui l'esercito è da sempre diretta espressione ed estrema ratio per la difesa
dei propri privilegi, hanno buon gioco a mascherare le proprie nefandezze sotto abiti puliti che di volta in volta
si chiamano polizia internazionale, ONU, difesa della democrazia, difesa degli interessi vitali e quant'altro si
possa mettere in campo per creare il solito rassicurante mattatoio a cui seguirà la promessa che questa
è l'ultima
volta, mentre già si mettono in cantiere nuove imprese per sfamare la sete di onnipotenza, arricchire
l'industriale
di turno, dare un colpo di spugna alla cattiva coscienza. Mi si vorrà obiettare che l'esercito italiano,
essendo di leva, è una forza popolare destinata alla salvaguardia delle
istituzioni democratiche. Permettetemi di dubitare, la storia insegna che l'istituzione militare basa la sua
compattezza sull'obbedienza cieca dei suoi componenti e proprio questo annullamento di volontà ha
portato ad
uccidersi tra fratelli, il proletario in divisa a sparare su altri proletari, a commettere i crimini più efferati
adducendo come giustificazione il tragico ritornello "ho eseguito gli ordini"; come fosse un merito delegare ad
altri la capacita di decidere cosa è buono e cosa è cattivo, quasi fossimo non uomini con
capacità di discernimento
ma automi acefali. Quanto alla difesa delle istituzioni democratiche mai sono state minacciate come dalle
deviazioni di alcune frange dell'esercito stesso, il generale Di Lorenzo insegna. In sostanza se Don Milani
affermava che oggi l'obbedienza non è più una virtù, io rincaro affermando che non
lo è mai stata. Ossequiosità
all'autorità praticata sino al parossismo nelle forze armate ma che viene inculcata con metodo da tutte
le strutture
educative fin dalla nascita, per creare l'uomo perfetto che produce, consuma, crepa; in nome dei disvalori della
sopraffazione e della meritocrazia del profitto. Qualcuno potrà pensare che questa è
demagogia ma non lo è forse mandare un esercito a sfamare la Somalia
quando la povertà di 4 miliardi di uomini è dovuta proprio agli stessi paesi che adesso si
prodigano per il caso
somalo; i quali sperperano immoralmente ricchezze rubate al Terzo Mondo oltre che per un distruttivo gioco
al
consumo per riempire gli arsenali di morte? Non accetto, né accetterò mai, di servire questa
subcultura basata
sulla violenza e sulla morte. MAI una società è diventata più libera e giusta grazie alla
violenza, piuttosto
malgrado essa. La liberazione dell'uomo non passa per l'obbedienza e tanto meno per il fucile ma per un
processo
di rivoluzione culturale, ove la responsabilità diretta e la dignità umana siano gli elementi focali
di un mondo
rigenerato. Per quanto concerne il servizio civile sostitutivo, pur valutandolo una grande conquista civile, non
posso esimermi dal rifiutarlo per i seguenti motivi: 1- giudico quantomeno offensivo il fatto che lo stato
mi obblighi a lavorare nel sociale quando le sue stesse
strutture alimentano il disagio contro il quale io mi batto da anni nel carcere minorile, nelle scuole popolari, nei
centri di iniziativa popolare; 2- se si dovesse osservare solo la composizione sociale degli obiettori di
coscienza, c'è da pensare che questo
strumento legislativo sia in molti casi una comoda scappatoia di classe; mentre la massa di operai e proletari
finisce nelle caserme del Friuli, la gioventù universitaria che ha strumenti culturali infinitamente
maggiori vive
una situazione di privilegio; 3- il servizio civile sostitutivo sta assumendo sempre più l'aspetto d'una
servitù feudale ove lo Stato/Signore al
posto di assumere personale comanda i suoi sottoposti alle corvée, decidendo lui stesso cosa sai fare
meglio. In conclusione, di fronte all'obbligo di regalarvi un anno della mia esistenza, un anno del mio
cervello, la risposta
non può essere che negativa per una questione di valori ancor prima che politica. Alla vostra richiesta
di
assecondare la legalità della violenza io mi sento in dovere di contrapporre la centralità
dell'uomo, la fratellanza
non teorica ma costruita sull'interazione delle diversità, ove l'essere italiano abbia il significato di
peculiarità
socioculturale e non essere appartenente ad uno stato, in cui le immense risorse destinate a creare distruzione
vengano impiegate per costruire una vera giustizia sociale. Naturalmente questi sono solamente spunti di un
discorso più ampio che avrò il piacere di chiarire il giorno 11 quando mi presenterò
alla vostra caserma di Venezia
Lido.
Dino Davide Taddei (Milano)
Presentatosi alla caserma del Corpo Lagunari di Venezia Lido venerdì 11 dicembre, Dino
Taddei si è rifiutato
di indossare la divisa e di essere inquadrato; è stato quindi denunciato e rispedito a casa. Si è
trattato del primo
caso di obiezione totale nella caserma dei lagunari.
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