Rivista Anarchica Online
Né Mussolini né Stalin
di Paolo Casciola
L'importanza di questo agile volume (Giorgio Sacchetti, Otello
Gaggi. Vittima del fascismo e dello stalinismo,
prefazione di Ivo Biagianti, Biblioteca Franco Serantini [Pisa] - Associazione Culturale Pierluca Pontrandolfo
[Lucca], Carrara 1992, pp. 96, L. 12,000) risiede nel fatto che l'autore vi ha ricostruito, con una certa dovizia
di
particolari, la biografia di un proletario che fu vittima della reazione fascista e della controrivoluzione staliniana.
E proprio in questo sta anche, è il caso di sottolinearlo, la sua novità: per la prima volta la
vicenda personale e
politica di una delle centinaia di militanti perseguitati e liquidati fisicamente dall'"Inquisizione rossa" di Stalin
è stata oggetto di una ricerca approfondita, di ampio respiro, mirante a tracciarne un vivido ritratto
complessivo
e straordinariamente dettagliato, fornendo così al lettore - specialista e non - un utile strumento per
conoscere
meglio quella grande tragedia personale che fu parte di un'immensa tragedia collettiva. Il libro, frutto delle
ricerche dello storico aretino Giorgio Sacchetti, merita dunque di occupare un posto di tutto riguardo a fianco
delle opere, analoghe ed ormai "classiche", di Guelfo Zaccaria (200 comunisti italiani tra
le vittime dello
stalinismo, Azione Comune, Milano 1964), di Alfonso Leonetti (Vittime italiane dello stalinismo
in URSS, La
Salamandra, Milano 1978), di Romolo Caccavale (La speranza Stalin. Tragedia dell'antifascismo italiano
nell'URSS, Valerio Levi, Roma 1989), di Francesco Bigazzi e Giancarlo Lehner (Dialoghi del
terrore. I processi
ai comunisti italiani in Unione Sovietica 1930-1940, Ponte alle Grazie, Firenze 1991), oltre, ovviamente,
alle
memorie di Dante Corneli (Il redivivo tiburtino, La Pietra, Milano 1977). Quella
dell'anarchico italiano Otello Gaggi, nato a San Giovanni Valdarno (Arezzo) il 6 maggio 1896, è una
delle
tante storie di giovani operai che, dopo essersi opposti al militarismo e alla guerra nel 1915, si batterono per
fermare l'avanzata del fascismo. E fu proprio il ruolo di primo piano da egli giocato nel contesto di un episodio
di resistenza armata alle camicie nere - i fatti di Castelnuovo dei Sabbioni del 23 marzo 1921 -, a costargli una
condanna a trent'anni di reclusione e a fargli decidere di espatriare clandestinamente in URSS. Così nel
giugno
del 1921, dopo aver preso parte ad un'evasione collettiva dalle prigioni della Repubblica di San Marino, Gaggi
ed altri antifascisti vennero raccolti sulla costa romagnola da una nave sovietica diretta a Odessa, in Crimea.
L'arrivo nel paese della rivoluzione socialista vittoriosa inaugurò una nuova fase nella vita del
venticinquenne
valdarnese, fase che è purtroppo quella meno conosciuta. Nei primi anni del suo soggiorno in URSS
Gaggi visse
proprio a Odessa, dove trovò lavoro e conobbe una cittadina sovietica che nel 1923 sarebbe diventata
la madre
di sua figlia Lilina. Nel 1926 egli si trasferì con la famiglia a Novorossisk, dove rimase fino al 1928,
e
successivamente a Mosca. Qui frequentò il Club internazionale degli emigrati politici, dove poté
rendersi conto
dell'atmosfera avvelenata che vi si respirava e dello stretto controllo esercitato dai dirigenti del PCI presenti
nella
capitale sovietica sulle opinioni politiche e sulla vita privata dei propri iscritti. Arrestato il 28 dicembre
1934 insieme alla sua nuova compagna sulla scia dell'assassinio di Sergei Kirov, egli
negò di far parte di una presunta "Organizzazione controrivoluzionaria trotzkista" e si dichiarò
colpevole
unicamente di aver disapprovato la politica seguita dalle autorità staliniane. Fu in realtà per
questo "crimine" di
libertà di critica, e non per i vari, fantasiosi reati ascrittogli (tra cui quello di lavorare come spia per
conto del
governo dell'Uruguay!), che Gaggi venne condannato a tre anni di deportazione. Agli inizi del 1935 egli
passò
così dai sotterranei della prigione della Lubianka, all'epoca teatro delle turpi gesta degli inquisitori di
Genrich
Yagoda, al confino a Yarensk e, successivamente, a Semipalatinsk. Il 15 agosto 1936 Gaggi indirizzò
ai capi della
sezione italiana della Terza Internazionale residenti a Mosca una lettera - che non viene menzionata da Sacchetti
ed una cui traduzione francese apparve sulle pagine della rivista Les Humbles nel
settembre-ottobre 1936- in cui
si può leggere il seguente, accorato appello: "In Spagna, la cristallizzazione di tutte le forze antifasciste
in difesa
della Rivoluzione è un fatto compiuto. Le tute blu degli operai e dei contadini iberici frappongono una
barriera
insormontabile all'avanzata delle orde fasciste. La vittoria delle barbare squadracce di Franco equivarrebbe al
rafforzamento del fascismo in tutto il mondo, al terrore, alla guerra. Noi tutti dobbiamo, con la nostra
solidarietà
effettiva, aiutare il popolo spagnolo nella sua eroica lotta per il trionfo della Rivoluzione Sociale. Quanto a me,
dopo essermi battuto contro le orde di Mussolini nel 1921 e dopo essere stato condannato a trent'anni di galera,
vi chiedo, a voi antifascisti, di permettermi di partire volontario in Spagna per combattervi e morirvi, se
necessario, per la Rivoluzione Sociale". Inutile dire che tale permesso gli venne negato dai caporioni
stalinisti del PCI, che proprio in quel periodo furono
invece complici attivi del massacro degli antifascisti italiani - socialisti ed anarchici, ma soprattutto comunisti
- che avevano trovato rifugio in URSS. Nel marzo del 1980 uno dei più solerti tra gli agenti italiani
della polizia politica segreta di Stalin, il "figlio della
classe operaia" Antonio Roasio, osava ancora infangare il nome di Otello Gaggi insinuando che a quei tempi,
a
Mosca, "circolava la voce che il Gaggi fosse un informatore della polizia sovietica, ma anche che facesse il
doppio
gioco" (sic!). Nessuna notizia certa sul conto del libertario valdarnese è pervenuta fino a noi dopo
quella data. Nel 1937 o nel
1938 la sua assegnazione al confino sarebbe stata trasformata in condanna ai lavori forzati in una delle tante e
tristemente famose isole dell'"arcipelago Gulag". Ma si ignora tuttora dove, come e quando precisamente Gaggi
trovò la morte nella tundra siberiana, inghiottito dal gelido gorgo del grande terrore staliniano.
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