Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 201
giugno 1993 - luglio 1993


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Usmis
«Il Friuli per noi è ancora una miniera di tracce da presagire (...) Le immagini artificiali sono solamente l'ultima possibilità, allora si possono mettere in mutazione mescolandole con tutti i segni perduti della civiltà. Sicuramente si tratta di un atto senza senso, ma aperto alla metamorfosi e alla visione. Non abbiamo niente a che fare con le astrazioni, né con le avanguardie, e nemmeno con il concettuale (non abbiamo voglia di contemplare la Teoria). Contempliamo piuttosto l'inganno di tutti i linguaggi, compreso quello dell'arte. Ci interessa invece il sistema percettivo ed il suo mutamento. Adoperare materiali non per far saltare i confini dell'arte, ma per la loro energia, capace di far volare memorie storiche ed antropologiche. Non pensiamo di cambiare il mondo, e nemmeno di salvarlo, ma dal perduto si può andare al possibile. Il mercato può rimanere dove si trova, perché quando la cultura parla di consumo non ci interessa...».
Partiamo da Udine, in Friuli, per un viaggio immaginario che costituisce il filo conduttore della rubrica di questo mese. Il numero 4 della rivista Usmis (originariamente «Sfuei par une gnove culture Furlane») si presenta in maniera doppiamente atipica: già di per sé diversa - per concezione, linguaggio ed impostazione - dalle altre pubblicazioni, ora si presenta diversa anche dalle precedenti edizioni di sé stessa.
Questa uscita di Usmis è un progetto multimediale, che ha preso forma di videocassetta con allegato un breve inserto stampato (una serie di approfondimenti, di testi e di scritti riferiti alle due opere video presentate) e, allargando a dismisura confini ed intenzioni, parla di sé nel titolo come di una «Videoriviste par gnovis Furlanis e planetariis». Il primo video è intitolato «Rivoluzion planetarie», ed è il risultato del lavoro di Usmis nella rielaborazione di immagini elettroniche ottenute per mezzo del Sistema sperimentale denominato «Spiralartfusion», elaborato da Paolo di Marco.
Si tratta di un sistema «semplice» telecamera/monitor (nel senso che non vengono utilizzati computers né trattamenti software dell'immagine), collegati a circuito chiuso. L'idea è quella di manipolare la velocità di apparizione e disparizione delle immagini (così da dare l'illusione del movimento tridimensionale), unitamente all'uso «estremo» dello zoom, in un ideale viaggio all'interno dello schermo video, fino ai dettagli infinitesimali di ogni singolo pixel.
Il secondo video è «L'omp», descritto in Usmis come «un volo nella memoria antropologica e nelle geografie dell'essere», elaborazione di un testo di Jorge Luis Borges ad opera del gruppo Farie-Poiesis.
Usmis 4 è realizzata, anche in senso strettamente «tecnico», in maniera ottima. Il prezzo è di 25.000 lire, e potete richiederla (assieme agli arretrati, che costano 7.000 lire ciascuno) a Paolo Cantarutti, via S. Slataper 20, 33050 Castions di Strada (Udine).
Allo stesso indirizzo è possibile richiedere anche materiale discografico (Massimo Toniutti, Detonazione) e prendere contatti per mostre, installazioni, conferenze, performances, etc.

La banda di Tirofisso
«(...) Dopo il silenzio l'odio trabocca / Rompe l'attesa di mille rinunce / di tante sconfitte / (...) Cerchiamo nel fango la scia di fuoco che tagli il disegno / che bruci per sempre quel gioco di merda che chiamano «oggi» / La loro vittoria che chiamano «vita» / Con tutta la forza dei giorni buttati / Per rompere il cerchio di specchi truccati / Seguire la scia dentro ai loro confini di morte e lavoro / Perché nessuno vi dica vi siete fermati...» (da «Deve accadere»).
Restiamo qui in Italia, e dal nord-est del Friuli al nord-ovest del Piemonte: ospiti frequenti di questa rubrica (dal momento che sanno produrre con buona frequenza materiale di altrettanto buona qualità) riecco il «giro» che fa riferimento all'etichetta Blu Bus e al Backdoor di Torino.
È da poco che è uscito il secondo disco della Banda di Tirofisso: alla faccia di tutti quelli che giurano che il vinile è morto, questo è un altro 7" single, un pezzo su un lato, due sull'altro, e c'è coinvolto sino al collo Stefano Giaccone. «Deve accadere» è una canzone ruvida, quasi abrasiva, in stile a metà fra Kina e Husker Du. Un presagio, forse una storia che sta per realizzarsi. Fa sempre un certo effetto sentire una canzone che racconta i nostri sogni ...
Ci sono poi «In the heat» di Vic Bondi e una ballata (stupenda) intitolata «L'uomo col braccio spezzato», che - spero di non scandalizzare nessuno - potrebbe verosimilmente essere una cover di Fabrizio De André ad opera dei Franti dei tempi migliori.
Procuratevi in fretta questo disco, che immagino pubblicato in edizione limitata. L'indirizzo è quello di Backdoor (via Pinelli, 45 10144 Torino) oppure Blu Bus (via Consolata, 5 11100 Aosta).

Musiche
Segnalo velocemente (so per certo che è uscito, ma non l'ho ancora ricevuto per un probabile disguido postale...) il nuovo numero della rivista «Musiche», finalmente risorta dopo un lungo periodo di silenzio.
In mancanza di una copia sottomano, posso solo dirvi che c'è allegata una cassetta sampler, e che la veste grafica è leggermente modificata. Augurandomi invece che i contenuti siano ancora spietati, corrosivi e polemici come per i numeri precedenti, non mi resta che sperare nel postino...
Musiche è reperibile nelle librerie più fornite, oppure direttamente presso Riccardo Pioli Editore, piazza Brin 13, 19100 La Spezia.

MIMI Festival 1993
Partito dai margini del circuito «d'opposizione» internazionale, il MIMI Festival è un appuntamento estivo con le musiche innovatrici divenuto ormai stabile e quasi (senza offesa...) «istituzionale» .
Niente a che fare con le rassegne degli assessorati nostrani comunque: la direzione artistica è ancora saldamente nelle mani di Ferdinand Richard il quale, con la lunga esperienza di chi ha vissuto sempre e comunque sulla propria pelle le sue scelte di non-collaborazionismo commerciale, è una garanzia vivente di integrità organizzativa.
Se avete partecipato di persona, o almeno letto qualcosa sul MIMI su queste pagine o su quelle della rivista «Musiche», sapete bene di chi e di cosa parlo. Se non lo sapete ancora, se siete viaggiatori curiosi e avete una manciata di giorni di ferie da utilizzare, ebbene spendeteli al MIMI Festival e avrete in cambio dosi massicce di sole, di campagna e cucina francese, di energia musicale dirompente e inaspettata.
Il MIMI 1993 si terrà dall'8 all'11 luglio sulle rive dell'Etang des Aulnes, a St. Martin de Crau (Francia). Visto il successo ottenuto lo scorso anno, parallelamente agli avvenimenti musicali si terrà una rassegna di cinema sperimentale. Oltre ai concerti, sono previsti incontri ravvicinati con altri musicisti, improvvisazioni collettive, seminari, conferenze e altri eventi collaterali.
Al solito, le etichette indipendenti AYAA Disques e Rec Rec saranno presenti con tonnellate di dischi, cassette, compact disc, riviste, t-shirt e quanto altro di musicale vendibile e scambiabile.
Quest'anno, e con più forza e determinazione delle edizioni precedenti, il programma è teso alla dissoluzione dei confini geografici e dei generi musicali, il che si traduce in collaborazioni tra musicisti di paesi lontani e in esempi pratici della progressiva scomparsa di definizioni di categorie musicali come «jazz» e «rock». Non mancheranno le sorprese né le polemiche.
In velocità, il programma: i bretoni Erik Marchand e Thierry Robin assieme al percussionista pakistano Hameed Khan, il Secret Service Projekt della tedesca Viola Kramer, il duo Guigou Chenevier / Guy Sapin (li ricorderete con Barbarie Lègére in «Voix Vulgaires»...), il violoncellista americano Tom Cora assieme ai punks olandesi The Ex.
E ancora, Bruno Meillier e Mark Howell (vi rimando di nuovo a «Voix Voulgaires») alias Zero Pop, Hans Reichel e la sua Ali Dax Band, il gruppo francese dada-rock STPO, il duo Philippe Loli e Christiane Bonnay alle prese con partiture di musica contemporanea rivisitate per chitarra e fisarmonica, e per finire, dalla Mongolia, la cantante Sainkho Namtchylak.
Per ragioni «amministrative» (temo sia un sintomo delle sempre crescenti difficoltà che si trovano ad affrontare le associazioni culturali indipendenti nel nuovo quadro politico francese...) l'ingresso ai concerti è riservato ai
soci dell'A.M.I.: la tessera si può acquistare sul posto, vale un anno, costa 30 franchi, e consente anche l'acquisto a prezzo ridotto di dischi e altro materiale.
Tutte le informazioni che vi servono chiedetele alla segreteria dell'A.M.1. (Aide aux Musique Innovatrices), rue de l'Arc 5, 13001 Marseille (France).

Kulturzentrum Utopia
Il nostro viaggio continua, dalla Francia all'Austria, fino ad Innsbruck. Forse è un po' troppo tardi per segnalare la nuova edizione del Voices! Stimmenfestival, che si tiene dal 20 al 23 Maggio (ne avevamo parlato anche lo scorso anno: è un evento unico nel suo genere, una vetrina e assieme un laboratorio internazionale di sperimentazione vocale).
Non è invece tardi per segnalare l'attività continua, frenetica e multidirezionale degli organizzatori, che fanno capo al Kulturzentrum Utopia: musica a 360 gradi, eventi speciali nessuna preclusione di generi espressivi, e quindi scorribande in zone musicali e culturali diverse e lontane. Potete richiedere il programma, un opuscolo mensile in carta riciclata (in lingua tedesca, ogni tanto con traduzioni in inglese), direttamente al Kulturzentrum Utopia, Tschamlerstrasse 3, Innsbruk (Austria).

Die Knodel
Restiamo ancora un momento ad Innsbruck, per un'occasione che, giocando sui doppi sensi, si può senz'altro definire ghiotta: si tratta dei Knodel, cioè - traducendo in italiano - de «gli gnocchi».
Se il gioco di parole è piuttosto povero, c'è invece da restare piacevolmente sorpresi nell'ascolto di «Verkochte Tiroler», il debut-CD del gruppo (appena pubblicato dall'indipendente svizzera Rec Rec), che è ricco di intuizioni felici, aria fresca e numerosi momenti di puro e trasparente divertimento sonoro.
Gli «gnocchi» sono otto studenti dei conservatori di Innsbruck e Salisburgo e dell'accademia di musica di Vienna, accomunati dalla giovane età e dalla passione per la musica moderna.
Le loro proposte sono accattivanti: questa piccola orchestra di strumenti tradizionali (arpa, contrabbasso, viola, violino, clarinetto, tromba ed oboe) si muove a ritmo, riesce a volare in alto oltre gli spartiti e, soprattutto, dimostra di saper polverizzare con una bella risata la seriosità (ma non la serietà e il rigore) degli studi classici dei suoi componenti.
Contatti: Christoph Moser, Defreggerstrasse 19/5,6020 Innsbruck (Austria).

Robert Wyatt
Con un aereo immaginario, e per questo velocissimo, partiamo dall'Austria ed arriviamo subito in Inghilterra, ad incontrare una delle leggende viventi della musica contemporanea, cioè Robert Wyatt.
Sarebbe vergognoso tentare di negare l'influenza della personalità di Wyatt sui grandi spazi della cultura alternativa europea. La «diversità» a tutti i costi di esperienze come Soft Machine e Matching Mole, l'apertura ad altre culture (quando la cosiddetta world music non era ancora stata inventata) ed il volontario esilio discografico.
Poi, su tutto, il ritorno in pubblico in un periodo storico difficile come poteva esserlo l'Inghilterra degli anni Ottanta: oltre vent'anni di cammino su una strada di periferia sempre in salita, percorsi un po' a piedi, un po' su una sedia a rotelle.
Il pregio delle opere di Robert Wyatt sta nel bilanciamento di sogni ideologici ed utopie politiche (rigorosamente, testardamente ed irrinunciabilmente rosse) e sentimenti sottili, quasi disegnati a matita, disillusioni e sarcasmo (e qui il colore si fa sempre, e soltanto nero).
Le parole delle sue canzoni sono come piccole tessere di un enorme quadro, e raccontano di una vita vissuta momento per momento, con orgoglio e determinazione, aspettando quasi che il destino (in cui comunque non si crede) improvvisamente spenga la luce.
E in mezzo a questa tristezza, comunque, non manca mai il sarcasmo. Non manca la voglia continua, solleticante, di spiare la vita per indovinare la sua prossima mossa. L'umorismo (proprio nel senso di «English humour»...) come ultima arma di sopravvivenza.
In «A short break» ritroviamo un Robert Wyatt in dimensione più umana rispetto a quella della discografia ufficiale, costretto a registrazioni casalinghe e ad appunti scritti su fogli di carta. Le cinque canzoni raccolte in questo CD sono infatti ancora in forma di appunti musicali fatti in casa, forse abbozzi di un qualche cosa che magari sarà contenuto in un suo prossimo disco. La veste tecnica più dimessa non toglie comunque una virgola alla «purezza» di queste canzoni. Al CD è allegato un libretto con disegni, parole, appunti e altri frammenti.
«A short break» è a prezzo ridotto ed è stato pubblicato solo in un'edizione limitata. Per questo, si dovrebbe trovare qui da noi con qualche difficoltà: magari tentate in quei negozi che trattano materiale discografico d'importazione.
Se non ci riuscite, potete rivolgervi alla piccola casa editrice inglese Voiceprint (che ha pubblicato, oltre a questa, un'altra manciata di opere interessanti), a questo indirizzo: P.O. Box 5, Country, Durham DH9 7HR, Great Britain.