Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Usmis «Il Friuli per noi è ancora
una miniera di tracce da presagire (...) Le immagini artificiali sono solamente l'ultima
possibilità, allora si possono mettere in mutazione mescolandole con tutti i segni perduti della
civiltà.
Sicuramente si tratta di un atto senza senso, ma aperto alla metamorfosi e alla visione. Non abbiamo niente a
che fare con le astrazioni, né con le avanguardie, e nemmeno con il concettuale (non abbiamo voglia
di
contemplare la Teoria). Contempliamo piuttosto l'inganno di tutti i linguaggi, compreso quello dell'arte. Ci
interessa invece il sistema percettivo ed il suo mutamento. Adoperare materiali non per far saltare i confini
dell'arte, ma per la loro energia, capace di far volare memorie storiche ed antropologiche. Non pensiamo di
cambiare il mondo, e nemmeno di salvarlo, ma dal perduto si può andare al possibile. Il mercato
può rimanere
dove si trova, perché quando la cultura parla di consumo non ci interessa...». Partiamo da Udine,
in Friuli, per un viaggio immaginario che costituisce il filo conduttore della rubrica di questo
mese. Il numero 4 della rivista Usmis (originariamente «Sfuei par une gnove culture Furlane»)
si presenta in
maniera doppiamente atipica: già di per sé diversa - per concezione, linguaggio ed impostazione
- dalle altre
pubblicazioni, ora si presenta diversa anche dalle precedenti edizioni di sé stessa. Questa uscita
di Usmis è un progetto multimediale, che ha preso forma di videocassetta con allegato
un breve
inserto stampato (una serie di approfondimenti, di testi e di scritti riferiti alle due opere video presentate) e,
allargando a dismisura confini ed intenzioni, parla di sé nel titolo come di una «Videoriviste par gnovis
Furlanis
e planetariis». Il primo video è intitolato «Rivoluzion planetarie», ed è il risultato del lavoro
di Usmis nella
rielaborazione di immagini elettroniche ottenute per mezzo del Sistema sperimentale denominato
«Spiralartfusion», elaborato da Paolo di Marco. Si tratta di un sistema «semplice» telecamera/monitor (nel
senso che non vengono utilizzati computers né
trattamenti software dell'immagine), collegati a circuito chiuso. L'idea è quella di manipolare la
velocità di
apparizione e disparizione delle immagini (così da dare l'illusione del movimento tridimensionale),
unitamente
all'uso «estremo» dello zoom, in un ideale viaggio all'interno dello schermo video, fino ai dettagli infinitesimali
di ogni singolo pixel. Il secondo video è «L'omp», descritto in Usmis come «un volo
nella memoria antropologica e nelle geografie
dell'essere», elaborazione di un testo di Jorge Luis Borges ad opera del gruppo Farie-Poiesis.
Usmis 4 è realizzata, anche in senso strettamente «tecnico», in maniera ottima. Il
prezzo è di 25.000 lire, e
potete richiederla (assieme agli arretrati, che costano 7.000 lire ciascuno) a Paolo Cantarutti, via S. Slataper 20,
33050 Castions di Strada (Udine). Allo stesso indirizzo è possibile richiedere anche materiale
discografico (Massimo Toniutti, Detonazione) e
prendere contatti per mostre, installazioni, conferenze, performances, etc.
La banda di Tirofisso «(...) Dopo il silenzio
l'odio trabocca / Rompe l'attesa di mille rinunce / di tante sconfitte / (...) Cerchiamo nel
fango la scia di fuoco che tagli il disegno / che bruci per sempre quel gioco di merda che chiamano «oggi» /
La
loro vittoria che chiamano «vita» / Con tutta la forza dei giorni buttati / Per rompere il cerchio di specchi
truccati / Seguire la scia dentro ai loro confini di morte e lavoro / Perché nessuno vi dica vi siete
fermati...» (da
«Deve accadere»). Restiamo qui in Italia, e dal nord-est del Friuli al nord-ovest del Piemonte: ospiti
frequenti di questa rubrica (dal
momento che sanno produrre con buona frequenza materiale di altrettanto buona qualità) riecco il
«giro» che
fa riferimento all'etichetta Blu Bus e al Backdoor di Torino. È da poco che è uscito il
secondo disco della Banda di Tirofisso: alla faccia di tutti quelli che giurano che il
vinile è morto, questo è un altro 7" single, un pezzo su un lato, due sull'altro, e c'è
coinvolto sino al collo Stefano
Giaccone. «Deve accadere» è una canzone ruvida, quasi abrasiva, in stile a metà fra Kina e
Husker Du. Un
presagio, forse una storia che sta per realizzarsi. Fa sempre un certo effetto sentire una canzone che racconta
i nostri sogni ... Ci sono poi «In the heat» di Vic Bondi e una ballata (stupenda) intitolata «L'uomo col
braccio spezzato», che -
spero di non scandalizzare nessuno - potrebbe verosimilmente essere una cover di Fabrizio De André
ad opera
dei Franti dei tempi migliori. Procuratevi in fretta questo disco, che immagino pubblicato in edizione
limitata. L'indirizzo è quello di
Backdoor (via Pinelli, 45 10144 Torino) oppure Blu Bus (via Consolata, 5 11100 Aosta).
Musiche Segnalo velocemente (so per certo
che è uscito, ma non l'ho ancora ricevuto per un probabile disguido postale...)
il nuovo numero della rivista «Musiche», finalmente risorta dopo un lungo periodo di silenzio. In
mancanza di una copia sottomano, posso solo dirvi che c'è allegata una cassetta sampler, e che la veste
grafica
è leggermente modificata. Augurandomi invece che i contenuti siano ancora spietati, corrosivi e
polemici come
per i numeri precedenti, non mi resta che sperare nel postino... Musiche è reperibile nelle librerie
più fornite, oppure direttamente presso Riccardo Pioli Editore, piazza Brin
13, 19100 La Spezia.
MIMI Festival 1993 Partito dai margini del
circuito «d'opposizione» internazionale, il MIMI Festival è un appuntamento estivo con
le musiche innovatrici divenuto ormai stabile e quasi (senza offesa...) «istituzionale» . Niente a che fare
con le rassegne degli assessorati nostrani comunque: la direzione artistica è ancora saldamente
nelle mani di Ferdinand Richard il quale, con la lunga esperienza di chi ha vissuto sempre e comunque sulla
propria pelle le sue scelte di non-collaborazionismo commerciale, è una garanzia vivente di
integrità
organizzativa. Se avete partecipato di persona, o almeno letto qualcosa sul MIMI su queste pagine o su
quelle della rivista
«Musiche», sapete bene di chi e di cosa parlo. Se non lo sapete ancora, se siete viaggiatori curiosi e avete una
manciata di giorni di ferie da utilizzare, ebbene spendeteli al MIMI Festival e avrete in cambio dosi massicce
di sole, di campagna e cucina francese, di energia musicale dirompente e inaspettata. Il MIMI 1993 si
terrà dall'8 all'11 luglio sulle rive dell'Etang des Aulnes, a St. Martin de Crau (Francia). Visto
il successo ottenuto lo scorso anno, parallelamente agli avvenimenti musicali si terrà una rassegna di
cinema
sperimentale. Oltre ai concerti, sono previsti incontri ravvicinati con altri musicisti, improvvisazioni collettive,
seminari, conferenze e altri eventi collaterali. Al solito, le etichette indipendenti AYAA Disques e Rec Rec
saranno presenti con tonnellate di dischi, cassette,
compact disc, riviste, t-shirt e quanto altro di musicale vendibile e scambiabile. Quest'anno, e con
più forza e determinazione delle edizioni precedenti, il programma è teso alla dissoluzione
dei confini geografici e dei generi musicali, il che si traduce in collaborazioni tra musicisti di paesi lontani e in
esempi pratici della progressiva scomparsa di definizioni di categorie musicali come «jazz» e «rock». Non
mancheranno le sorprese né le polemiche. In velocità, il programma: i bretoni Erik
Marchand e Thierry Robin assieme al percussionista pakistano Hameed
Khan, il Secret Service Projekt della tedesca Viola Kramer, il duo Guigou Chenevier / Guy Sapin (li ricorderete
con Barbarie Lègére in «Voix Vulgaires»...), il violoncellista americano Tom Cora assieme ai
punks olandesi
The Ex. E ancora, Bruno Meillier e Mark Howell (vi rimando di nuovo a «Voix Voulgaires») alias Zero
Pop, Hans
Reichel e la sua Ali Dax Band, il gruppo francese dada-rock STPO, il duo Philippe Loli e Christiane Bonnay
alle prese con partiture di musica contemporanea rivisitate per chitarra e fisarmonica, e per finire, dalla
Mongolia, la cantante Sainkho Namtchylak. Per ragioni «amministrative» (temo sia un sintomo delle
sempre crescenti difficoltà che si trovano ad affrontare
le associazioni culturali indipendenti nel nuovo quadro politico francese...) l'ingresso ai concerti è
riservato ai soci dell'A.M.I.: la tessera si può acquistare sul posto, vale un anno, costa 30 franchi,
e consente anche l'acquisto
a prezzo ridotto di dischi e altro materiale. Tutte le informazioni che vi servono chiedetele alla segreteria
dell'A.M.1. (Aide aux Musique Innovatrices),
rue de l'Arc 5, 13001 Marseille (France).
Kulturzentrum Utopia Il nostro viaggio
continua, dalla Francia all'Austria, fino ad Innsbruck. Forse è un po' troppo tardi per segnalare
la nuova edizione del Voices! Stimmenfestival, che si tiene dal 20 al 23 Maggio (ne avevamo parlato anche lo
scorso anno: è un evento unico nel suo genere, una vetrina e assieme un laboratorio internazionale di
sperimentazione vocale). Non è invece tardi per segnalare l'attività continua, frenetica e
multidirezionale degli organizzatori, che fanno
capo al Kulturzentrum Utopia: musica a 360 gradi, eventi speciali nessuna preclusione di generi espressivi, e
quindi scorribande in zone musicali e culturali diverse e lontane. Potete richiedere il programma, un opuscolo
mensile in carta riciclata (in lingua tedesca, ogni tanto con traduzioni in inglese), direttamente al Kulturzentrum
Utopia, Tschamlerstrasse 3, Innsbruk (Austria). Die Knodel
Restiamo ancora un momento ad Innsbruck, per un'occasione che, giocando sui
doppi sensi, si può senz'altro
definire ghiotta: si tratta dei Knodel, cioè - traducendo in italiano - de «gli gnocchi». Se il gioco
di parole è piuttosto povero, c'è invece da restare piacevolmente sorpresi nell'ascolto di
«Verkochte
Tiroler», il debut-CD del gruppo (appena pubblicato dall'indipendente svizzera Rec Rec), che è ricco
di
intuizioni felici, aria fresca e numerosi momenti di puro e trasparente divertimento sonoro. Gli «gnocchi»
sono otto studenti dei conservatori di Innsbruck e Salisburgo e dell'accademia di musica di
Vienna, accomunati dalla giovane età e dalla passione per la musica moderna. Le loro proposte
sono accattivanti: questa piccola orchestra di strumenti tradizionali (arpa, contrabbasso, viola,
violino, clarinetto, tromba ed oboe) si muove a ritmo, riesce a volare in alto oltre gli spartiti e, soprattutto,
dimostra di saper polverizzare con una bella risata la seriosità (ma non la serietà e il rigore)
degli studi classici
dei suoi componenti. Contatti: Christoph Moser, Defreggerstrasse 19/5,6020 Innsbruck (Austria).
Robert Wyatt Con un aereo immaginario,
e per questo velocissimo, partiamo dall'Austria ed arriviamo subito in Inghilterra,
ad incontrare una delle leggende viventi della musica contemporanea, cioè Robert Wyatt. Sarebbe
vergognoso tentare di negare l'influenza della personalità di Wyatt sui grandi spazi della cultura
alternativa europea. La «diversità» a tutti i costi di esperienze come Soft Machine e Matching Mole,
l'apertura
ad altre culture (quando la cosiddetta world music non era ancora stata inventata) ed il volontario esilio
discografico. Poi, su tutto, il ritorno in pubblico in un periodo storico difficile come poteva esserlo
l'Inghilterra degli anni
Ottanta: oltre vent'anni di cammino su una strada di periferia sempre in salita, percorsi un po' a piedi, un po' su
una sedia a rotelle. Il pregio delle opere di Robert Wyatt sta nel bilanciamento di sogni ideologici ed utopie
politiche
(rigorosamente, testardamente ed irrinunciabilmente rosse) e sentimenti sottili, quasi disegnati a matita,
disillusioni e sarcasmo (e qui il colore si fa sempre, e soltanto nero). Le parole delle sue canzoni sono come
piccole tessere di un enorme quadro, e raccontano di una vita vissuta
momento per momento, con orgoglio e determinazione, aspettando quasi che il destino (in cui comunque non
si crede) improvvisamente spenga la luce. E in mezzo a questa tristezza, comunque, non manca mai il
sarcasmo. Non manca la voglia continua,
solleticante, di spiare la vita per indovinare la sua prossima mossa. L'umorismo (proprio nel senso di «English
humour»...) come ultima arma di sopravvivenza. In «A short break» ritroviamo un Robert Wyatt in
dimensione più umana rispetto a quella della discografia
ufficiale, costretto a registrazioni casalinghe e ad appunti scritti su fogli di carta. Le cinque canzoni raccolte in
questo CD sono infatti ancora in forma di appunti musicali fatti in casa, forse abbozzi di un qualche cosa che
magari sarà contenuto in un suo prossimo disco. La veste tecnica più dimessa non toglie
comunque una virgola
alla «purezza» di queste canzoni. Al CD è allegato un libretto con disegni, parole, appunti e altri
frammenti. «A short break» è a prezzo ridotto ed è stato pubblicato solo in un'edizione
limitata. Per questo, si dovrebbe
trovare qui da noi con qualche difficoltà: magari tentate in quei negozi che trattano materiale
discografico
d'importazione. Se non ci riuscite, potete rivolgervi alla piccola casa editrice inglese Voiceprint (che ha
pubblicato, oltre a
questa, un'altra manciata di opere interessanti), a questo indirizzo: P.O. Box 5, Country, Durham DH9 7HR,
Great Britain.
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