Rivista Anarchica Online
Consumismo sessuale
Intendo dare un contributo alle riflessioni poste da Larosa con la lettera «Io maschio,
potenziale stupratore»,
comparsa sul n. 202. Lo stupro a mio awiso, come probabilmente tutte le pratiche di coercizione violenta,
è un
comportamento, una azione che sottende ad un atteggiamento dell'individuo nei riguardi dei propri simili di altro
sesso e non. Se lo osserviamo come fenomeno diffuso in tutte le società ed in tutte le epoche, non
compiremo
secondo me una grossa forzatura se lo definiremo come un comportamento che sottende ad una cultura diffusa.
Se dunque individualmente lo stupro potrebbe anche essere inscritto fra gli eccessi violenti di
aggressività
proprio delle psicopatologie o di qualche stato di alterazione psicofisica, noteremo peraltro come una simile
spiegazione non regge in alcun modo se applicata ad un punto di vista macroscopico, di fenomeno sociale del
problema. Qual è dunque quella cultura, alcuni direbbero sottocultura o pseudocultura, che
sottende ed in qualche modo
giustifica lo stupratore? Come si connota, come si insinua, come si riproduce nella società?
Indubbiamente il
gallismo, l'esaltazione della virilità maschile, ha una grossa influenza su questa cultura. Il gallismo, oggi
più
forte che mai, non è mai stato scalfito dal processo di civilizzazione cosiddetto, né dai terremoti
ideologici e
culturali dei decenni passati. Anzi, le libertà concesse dalle civiltà occidentali annoverano fra
le più
«rivoluzionarie» proprio quella della libertà di costumi; si tratta di una libertà di marca
prettamente borghese,
autoritaria, visto che non intacca minimamente i rapporti di potere fra i due che intendono compiere un
amplesso, il dominatore e la dominata. Il linguaggio del sesso, quello diffuso, parlato, non quello scientifico,
è caratterizzato dall'uso di termini scurrili e volgari la cui origine, non a caso, si perde nel tempo. Tali
termini
ripropongono i medesimi, antichi rapporti di potere; il tranello in cui purtroppo anche molte donne sono cadute
è stato proprio quello di far proprio questo linguaggio, un vero e proprio simulacro di libertà.
Una rivoluzione
culturale un po' troppo facile, senza battaglie, che avrebbe dovuto insospettire. Il linguaggio dei dominatori
maschi è entrato nell'immaginario femminile come il cavallo di Ulisse, ed è stato
accolto come liberatore. E con il linguaggio le pratiche sessuali, il consumismo sessuale che svilisce ogni
rapporto a ennesima conquista per il maschio ed ennesima liberazione per la donna. Non sembrano peraltro
prospettarsi tempi migliori: basti pensare all'evoluzione dei sex-symbol cinematografici. Da Rodolfo Valentino
a Schwarzenegger l'evoluzione ha riguardato unicamente le masse muscolari: qui, con il problema dello stupro,
potremmo forse già individuare qualche connessione. La soluzione, le soluzioni al problema, sono
anche culturali e quindi politiche. Se le donne decidessero ad
esempio di occupare gli spazi ed i tempi riservati ai maschi, come la notte, come i vari «bar dello sport», come
il poter viaggiare e passeggiare ovunque senza essere molestate, e non solo nelle riserve protette, se dunque
decidessero di lottare per tutto questo e per tanto altro ancora, allora assisteremmo forse al principio di un
cambiamento epocale e lo stupro sarebbe inevitabilmente riconossiuto per quel crimine orrendo che è.
Perché
non boicottare chi vende cartoline o magliette o gadget dove il corpo femminile è mercificato e
viturperato?
Oppure chi produce, diffonde e trasmette brani musicali che inneggiano alla molestia sessuale come atto di
liberazione sessuale? Purtroppo, le libertà che sono state e saranno sapientemente elargite sono
accattivanti,
facili, comode, funzionali al punto che lo stupro è rimasto nei secoli quello che è: uno
spiacevole inconveniente.
Un maschio che intendesse realmente non essere un potenziale stupratore dovrebbe inevitabilmente reclinare
il seducente invito al privilegio che la società offre, accettando di essere un imbecille, un
incomprensibile idiota.
Pelle (Rimini)
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